IN POCHE PAROLE …

Per la giurisprudenza amministrativa si possono valutare nelle progressioni verticali solo i titoli di studio che hanno una diretta attinenza con il profilo; in quelle ordinarie non è un requisito l’anzianità triennale ma la sua mancanza determina l’impossibilità di considerare il punteggio delle valutazioni; si possono svolgere prove scritte e/o colloqui; se il regolamento dell’ente lo consente ed in presenza di motivazioni adeguate si può valutare in modo differenziato l’anzianità maturata presso la stessa amministrazione, ma se tale possibilità non è prevista questa scelta è illegittima.


La valutazione dei titoli

Nelle procedure di progressione verticale speciale o in deroga i bandi possono prevedere la sola valutazione dei titoli che hanno una diretta attinenza con il contenuto della prestazione che si andrà a svolgere. Le stesse regole si applicano anche alle procedure di progressione verticale ordinaria. E’ quanto leggiamo nella sentenza del Tar Emilia-Romagna, sezione di Parma, n. 27/2025.

In primo luogo,  si deve ritenere legittima la introduzione di “un criterio valutativo e di attribuzione del punteggio rivolto a valorizzare le attività che hanno attinenza con le mansioni che si andranno a svolgere nei Settori e/o Servizi presso i quali è stata presentata la domanda”. Viene evidenziata la “contraddizione che si verificherebbe rispetto alla natura ed alla finalità della progressione se si consentisse di valutare titoli di studio non attinenti alla qualifica ambita, con l’effetto di ammettere alla posizione contrattuale superiore coloro che vantano un titolo di studio privo di nesso con i nuovi compiti, sopravanzando candidati che hanno titoli funzionali, invece, allo svolgimento delle mansioni proprie della posizione professionale oggetto della procedura di avanzamento”.

L’anzianità triennale

L’anzianità triennale non è condizione per la partecipazione alle progressioni verticali ordinarie, ma, in mancanza di questo requisito, non si può valutare in alcun modo l’anzianità richiesta; non è quindi possibile la valutazione annuale della stessa. Sono queste le indicazioni contenute nella sentenza del Tar della Toscana n. 125/2025.

Leggiamo nella sentenza che “proprio la circostanza che la norma ponga sullo stesso piano elementi di natura diversa sembra deporre nel senso che si tratti di parametri valutativi della professionalità dei dipendenti e non anche, o non necessariamente, di requisiti richiesti a pena di esclusione”. E che “l’espressione adoperata dal legislatore valorizza il triennio lavorativo nella sua interezza ..  l’aver parametrato a un triennio di servizio, l’ultimo, il periodo soggetto a valutazione costituisce un equilibrato compromesso fra la valorizzazione dell’esperienza, intesa come mera anzianità di servizio, cui la limitazione all’ultimo triennio impedisce di attribuire un peso preponderante, e il merito rappresentato dai giudizi positivi conseguiti dal dipendente durante lo stesso periodo“.

La prova scritta

E’ legittimo prevedere una prova scritta nelle progressioni verticali e dei suoi contenuti occorre dare informazione preventiva ai candidati. E’ quanto stabilisce la sentenza del Tar della Liguria n. 933/2024.

Leggiamo nella pronuncia che “deve ritenersi che l’ente possa introdurre nelle procedure di progressione verticale un colloquio attitudinale, oppure una prova orale o scritta. Diversamente opinando, del resto, verrebbe sostanzialmente elisa la differenza rispetto alla progressione orizzontale, anch’essa basata sull’apprezzamento di titoli ed esperienze lavorative e per la quale, trattandosi di un avanzamento di posizione economica in seno alla stessa categoria di appartenenza, risulta coerente l’esclusione a priori di qualunque prova d’esame”.

Viene  detto, inoltre, che “l’obbligo di specificare le competenze oggetto di verifica e, quindi, le materie d’esame, sancito dall’art. 3, comma 2, lett. c) del d.p.r. n. 487 cit., deve ritenersi valevole anche per le progressioni verticali, costituendo un portato dei principi di buon andamento e trasparenza scolpiti nell’art. 97 Cost”.

L’esperienza presso lo stesso ente

Le amministrazioni possono decidere di valutare nelle progressioni verticali esclusivamente l’esperienza maturata presso lo stesso ente, se non vi sono previsioni regolamentari dell’ente che vanno in direzione diversa. Lo stabilisce la sentenza del Tar della Campania n. 1247/2025.

La disciplina del riformato art. 52, comma 1-bis, decreto legislativo n. 165/2001 è ispirata al criterio della valorizzazione del merito dei dipendenti, che non si esaurisce nell’esperienza professionale in sé.. La volontà del legislatore è quella di ancorare il percorso di crescita per gli interni all’amministrazione a una serie di parametri che possano rappresentare il possesso di un adeguato livello professionale in assenza del meccanismo concorsuale .. Spetta a ogni ente, a fronte di parametri oggettivi validi per ogni amministrazione individuati dal Legislatore del 2021, effettuare, all’interno della propria autonomia regolamentare, una più puntuale definizione di tali parametri, adattandoli alle proprie esigenze .. Si tratta di una scelta espressione di discrezionalità amministrativa, di regola insindacabile se non per manifesta irragionevolezza, vista natura stessa del procedimento (progressione interna), funzionale a valorizzare esperienza e professionalità di soggetti già dipendenti dell’Amministrazione .. Non può ritenersi erroneo limitare l’attribuzione del punteggio ai soli dipendenti che l’ente abbia potuto valutare, nel loro operato alle proprie dipendenze, considerando irrilevante l’esperienza svolta in altri enti”.

L’esperienza presso lo stesso ente ed il colloquio

La scelta delle amministrazioni di valutare nelle progressioni verticali esclusivamente l’esperienza maturata presso lo stesso ente è illegittima, in mancanza di una sua previsione nel regolamento dell’ente. Si deve ritenere legittima

la possibilità di prevedere un colloquio. Sono questi i principi affermati dalla sentenza del Tar del Lazio n. 4036/2025.

Ci viene in primo luogo detto che si deve considerare legittimo che le amministrazioni decidano di valorizzare la esperienza maturata, a condizione che si rimanga nelle soglie di punteggio fissate dal CCNL per ogni singolo fattore: “la distinzione operata nell’avviso non appare scevra da irragionevolezza manifesta, sotto un duplice, concorrente profilo: a) da un lato, parifica l’esperienza prestata nel medesimo settore professionale, ma presso altra p.a., a quello prestato in diverso settore professionale; b) da un altro, l’esperienza di chi abbia svolto funzioni nello stesso settore professionale viene immotivatamente discriminata rispetto a chi abbia svolto quelle funzioni presso il comune“.

Sulla possibilità di prevedere un colloquio leggiamo che, “posta la natura latu sensu concorsuale della progressione verticale si ritiene che la previsione del colloquio non sia irragionevole, rientrando appieno nell’alveo della discrezionalità amministrativa della p.a. la previsione di un meccanismo che assegna una quota (peraltro non maggioritaria) del punteggio all’accertamento delle competenze maturate dal candidato“.

dott. Arturo Bianco


Stampa articolo