IN POCHE PAROLE…
Tetto massimo del 25% del fondo per i recuperi a seguito di contrattazione collettiva decentrata integrativa difforme e diritto di recupero delle somme indebitamente percepite.
Corte dei Conti della Campania, deliberazione 17 settembre 2024, n. 180/2024/PAR, Pres. Grasselli, Est. Scatola.
Le amministrazioni devono rispettare il tetto massimo del 25% del fondo per i recuperi a seguito di contrattazione collettiva decentrata integrativa difforme. Questo vincolo deve essere applicato sia da parte delle amministrazioni che hanno autonomamente verificato la consistenza delle risorse destinate alla contrattazione decentrata integrativa sia da parte di quelle in cui tale rilievo è stato mosso da parte di soggetti esterni che svolgono compiti di controllo, quali ad esempio le relazioni ispettive della Ragioneria Generale dello Stato, i servizi ispettivi del Dipartimento della Funzione Pubblica, la Corte dei Conti. Lo ha chiarito la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Campania n. 180/2024.
L’importanza della indicazione è data in primo luogo dalla equiparazione di tutte le ipotesi di verifica ai fini dell’applicazione della disposizione, con la inclusione nel vincolo anche degli esiti di quelle effettuate in modo autonomo da parte delle singole amministrazioni. Occorre inoltre evidenziare che questa modalità di recupero si deve applicare agli errori che sono stati commessi nella costituzione del fondo: le erogazioni illegittime devono essere recuperate direttamente a carico dei beneficiari. Non si può mancare di sottolineare che queste indicazioni sono fornite in modo molto netto e chiaro e che viene fatto, al riguardo, riferimento ai principi dettati dalla giurisprudenza della Corte dei Conti.
Le previsioni normative
Per prima cosa ci viene ricordato che la disposizione di riferimento è l’articolo 40, comma 3 quinquies, sesto periodo, del d.lgs. n. 165/2001, che nel testo attualmente in vigore stabilisce che: “in caso di superamento di vincoli finanziari (posti alla contrattazione integrativa) accertato da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’economia e delle finanze”, l’obbligo di “recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli”. Il settimo periodo del medesimo comma, “al fine di non pregiudicare l’ordinata prosecuzione dell’attività amministrativa delle amministrazioni interessate”, stabilisce che “la quota del recupero non può eccedere il 25 per cento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa ed il numero di annualità di cui al periodo precedente, previa certificazione degli organi di controllo di cui all’articolo 40-bis, comma 1, è corrispondentemente incrementato”.
Si deve in secondo luogo fare riferimento alle previsioni dettate dall’articolo 4 del d.l. n. 16/2014. Leggiamo che “l’assenza di accertamento da parte di un organo esterno non preclude l’accesso al meccanismo di recupero previsto dall’art. 40, co. 3-quinquies, con limitazione dell’ammontare della quota di recupero annua al 25 per cento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa e contestuale incremento delle annualità interessate.
I vari tipi di controllo
Al riguardo, si osserva come l’accertamento effettuato da parte di un organo esterno, deputato al controllo sull’osservanza dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione integrativa, conferisca un maggior grado di certezza e attendibilità alla entità del superamento e in ragione di ciò si spiega la previsione di tale accertamento. Tuttavia, il Collegio ritiene che l’assenza di tale accertamento non osti ad una autonoma iniziativa dell’ente interessato, che, in assenza di una pronuncia degli organi esterni individuati dall’art. 40, rilevi il superamento dei vincoli in esame di propria iniziativa e in autonomia (anche previa segnalazione dell’organo di revisione economico-finanziaria, ai sensi dell’art. 40-bis, co. 1, del d.lgs. n. 165/2001). La circostanza che il superamento dei vincoli derivi da un’autonoma iniziativa dell’Amministrazione – e non sia, invece, oggetto di accertamento esterno da parte dei soggetti enucleati dall’art. 40, co. 3-quinquies, sesto periodo del d.lgs. n. 165/2001 – non preclude, ad avviso del Collegio, l’accesso al meccanismo di recupero previsto da tale disposizione, ivi inclusa la limitazione al 25 per cento dell’entità del recupero stesso. Ciò in quanto, questa Sezione ritiene che sarebbe incongruo, oltre che foriero di disparità di trattamento, precludere l’accesso a tale meccanismo in base a circostanze che sfuggono al controllo dell’Ente e che non dipendono dalla sua volontà”. Di conseguenza, “la disposizione di cui all’art. 40, comma 3 quinquies, del d.lgs. n. 165/2001 – ivi incluso il settimo periodo, secondo cui “al fine di non pregiudicare l’ordinaria prosecuzione dell’attività amministrativa delle amministrazioni interessate, la quota del recupero non può eccedere il 25 per cento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa (…)”, si applica anche agli enti che hanno autonomamente verificato il superamento dei vincoli finanziari imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, fermo restando che qualora gli organi esterni contemplati dalla suddetta norma (Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, Dipartimento della Funzione Pubblica o Ministero dell’Economia e delle Finanze) procedano, successivamente, ad accertare il superamento dei suddetti vincoli finanziari in termini diversi da quelli stabiliti in via autonoma dall’ente, quest’ultimo sia tenuto ad adeguarsi a tale accertamento, ricalibrando l’operazione di recupero in ragione del pronunciamento dell’organo esterno”.
Il recupero delle somme illegittimamente erogate
Viene infine annotato dai giudici contabili, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Cassazione, che “il peculiare sistema di recupero delineato dall’art. 4, co. 1, del d.l. n. 16/2014 – discorso analogo vale per l’art. 40, comma 3 quinquies, del d.lgs. n. 165/2001, che replica il medesimo meccanismo con un ambito soggettivo di applicazione più ampio – non elide la necessità di agire, mediante il rimedio generale dell’articolo 2033 del codice civile, nei confronti dei dipendenti che hanno indebitamente percepito somme erogate a titolo di trattamento accessorio, potendo, in caso di mancata attivazione, incorrere nelle maglie della responsabilità erariale”.
Siamo, come si vede, in presenza di una indicazione assai netta ed univoca, che impone alle amministrazioni di dare corso ai recuperi direttamente a carico dei dipendenti che hanno beneficiato di erogazioni illegittime, con riferimento sia alle previsioni dettate dai contratti collettivi nazionali di lavoro, che da disposizioni di legge.
dott. Arturo Bianco