IN POCHE PAROLE…

Riconoscimento mansioni superiori solo se prevalenti e abituali, anche sotto l’aspetto qualitativo, e nel rispetto dei principi che differenziano l’impiego pubblico contrattualizzato rispetto al lavoro alle dipendenze dei datori di lavoro privati.

Corte di Cassazione, sentenza della sezione lavoro n. 25772/2024 Pres. di Paolantonio A., Rel. Bellè R. 


Per potere riconoscere le mansioni superiori occorre che esse siano svolte in modo prevalente ed abituale; inoltre perché esse possano maturare a livello dirigenziale è necessario che nell’ente sia prevista ed istituita la dirigenza nella dotazione organica. Sono queste le più recenti indicazioni dettate dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione sulle mansioni superiori.

I presupposti

Per potere considerare le mansioni svolte come superiori occorre che si possa parlare di prevalenza e di abitualità delle stesse. E’ quanto ci dice la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 25772/2024.

Leggiamo che “il giudizio trifasico, da esprimere in relazione all’intero arco temporale di preteso svolgimento delle mansioni superiori, deve essere effettuato avuto riguardo alla contrattazione collettiva, nazionale ed integrativa, ratione temporis vigente, e deve essere condotto nel rispetto dei principi tutti che differenziano l’impiego pubblico contrattualizzato rispetto al lavoro alle dipendenze dei datori di lavoro privati; in particolare, è stato precisato che: a) il giudizio trifasico, che si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda (cfr. fra le tante Cass. n. 25644/2023 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione), nell’impiego pubblico contrattualizzato deve tener conto del principio dell’equivalenza formale delle mansioni, che può essere definita dai contratti collettivi anche attraverso la previsione di aree omogenee nelle quali rientrino attività tutte parimenti esigibili”.

Il punto centrale della pronuncia è il seguente: “al fine di verificare se vi sia stato o meno, in concreto, lo svolgimento di mansioni superiori, l’operazione di sussunzione nell’inquadramento di riferimento o superiore, dovrà essere effettuata dal giudice, previo accertamento in fatto di quali siano state le mansioni in concreto svolte, in termini di abitualità e prevalenza, con un giudizio non solo quantitativo, ma anche qualitativo e temporale e che tenga altresì conto della pienezza o meno dei poteri e delle correlate responsabilità”.

Lo svolgimento di attività dirigenziali

Non possono essere riconosciute le mansioni superiori dirigenziali in un ente in cui non è prevista nella dotazione organica la dirigenza. Può essere così sintetizzato il principio dettato dalla la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 20135/2024.

Vi è “un principio di diritto enunciato da questa Corte, la quale, in plurime pronunce, ha affermato che, ai sensi degli artt. 109, comma 2, e 110 del d.lgs. n. 267 del 2000, nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, le relative funzioni possono essere conferite a dipendenti con qualifica non dirigenziale, a cui vanno riconosciute, secondo i criteri dettati dalla contrattazione collettiva per il personale non dirigenziale del comparto Regioni ed Autonomie locali, in aggiunta al trattamento fondamentale previsto per la qualifica di inquadramento, una retribuzione di posizione, graduata in relazione alla natura dell’incarico attribuito, e una retribuzione di risultato, quantificata in misura percentuale rispetto a quella di posizione, e corrisposta all’esito della valutazione positiva annuale, senza che trovi applicazione l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 (cui conseguirebbe il riconoscimento del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio previsto per il personale con qualifica dirigenziale dai CCNL per il personale dirigenziale dell’area II), sia perché le funzioni direttive svolte non possono essere ritenute estranee al profilo di inquadramento, sia perché le maggiori responsabilità assunte vengono retribuite in virtù delle previsioni della contrattazione collettiva; il principio enunciato dalle citate pronunce è stato affermato in continuità, con quello, più generale e risalente nel tempo, secondo cui un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macro-organizzazione adottati dall’amministrazione pubblica, perché in tutte le versioni succedutesi nel tempo, il d.lgs. n. 29/1993, prima, e successivamente il d.lgs. n. 165/2001 hanno riservato alle amministrazioni il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, di individuare quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, di determinare la dotazione organica; si è, pertanto, affermato, sia con riferimento all’organizzazione statale che in relazione agli enti pubblici non economici, anche territoriali, che ove manchi l’istituzione dell’ufficio dirigenziale il giudice non può sostituirsi all’amministrazione e valutare la sostanza delle attribuzioni, per qualificare di natura dirigenziale l’attività svolta dal soggetto preposto alla direzione dell’ufficio che viene in rilievo”.

Il dettato normativo

Ricordiamo conclusivamente che, nel pubblico impiego, la disciplina legislativa è contenuta nell’articolo 52 del d.lgs n. 165/2001, con particolare riferimento al comma 2. Tale disposizione stabilisce che esse possano essere conferite solamente in modo motivato: “obiettive esigenze di servizio”, che possano essere riconosciute solamente per la “qualifica immediatamente superiore” e che è necessario che ricorra una delle seguenti due condizioni: “vacanza di posto in organico” o “sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, ad eccezione delle ferie”. Nel primo caso possono durare fino a 6 mesi, che sono prolungabili fino ad un massimo di altri 6 mesi se “siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti”, procedure da avviare entro i 90 giorni successivi al conferimento di tale incarico. Occorre che esse siano svolte “in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale”. La violazione di queste disposizioni determina la nullità della “assegnazione”, ma il dipendente ha diritto a percepire “la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore”. Viene, conclusivamente, disposto che il dirigente che “ha agito con dolo o colpa grave .. risponde personalmente del maggior onere conseguente”. La disposizione prevede infine che la contrattazione collettiva possa intervenire sulle causali del conferimento di mansioni superiori, sulla necessaria prevalenza del loro svolgimento e sugli effetti della loro attribuzione ed esercizio al di fuori dei vincoli dettati dal legislatore. La norma nega infine che dallo “svolgimento di mansioni superiori” possa scaturire “il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore”.

Per il personale delle funzioni locali le disposizioni continuano ad essere contenute nell’articolo 8 del CCNL 14.9.2000, c.d. code contrattuali.

dott. Arturo Bianco


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