In poche parole 

«Al direttore generale di un ente del SSN  si applica la disciplina generale in materia di incompatibilità e cumulo di incarichi prevista per tutti i dipendenti pubblici dal testo unico per il pubblico impiego n.165 del 2001, in quanto quel che conta non è  la natura del   rapporto ma piuttosto lo svolgimento delle funzioni in qualità di “agente” dell’amministrazione pubblica».

Cassazione, SS.UU. sentenza 11 novembre 2020,  n. 25369, Pres e Rel. Lucia Tria


A margine

Il caso – Un istituto bancario si oppone all’ordinanza ingiunzione con la quale l’Agenza delle Entrate ha intimato il pagamento di una sanzione pecuniaria per essersi avvalsa dell’opera del direttore generale di un USL senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di competenza e senza la successiva comunicazione alla stessa amministrazione del compenso corrisposto, in violazione dell’articolo 53, commi 9 e 11, del D.lgs. 165 del 2001.

Il Tribunale e la Corte di Appello respingono l’opposizione.

Nel corso del giudizio dinnanzi alla Corte di Cassazione è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 98 del 2015 che ha dichiaro l’illegittimità costituzionale dell’applicazione della sanzione prevista dal comma 15 del su richiamato art. 53 anche all’omissione della comunicazione del compenso prevista dal comma 9 dello stesso articolo.

La questione, per la parte non interessata dalla declaratoria di incostituzionalità intervenuta in corso di giudizio, verte sull’applicazione o meno dell’obbligo di  preventiva autorizzazione per il conferimento di incarichi extra-istituzionali previsto per i dipendenti pubblici anche al direttore generale di un ente del SSN.

Il principio di dirittoCon la decisione annotata, le SS.UU, da un lato, hanno cassato la sentenza d’appello per la parte relativa alla disposizione annullata dal Giudice delle leggi con rinvio alla Corte d’Appello per la rideterminazione dell’importo della sanzione, dall’altro hanno affermato il seguente principio di diritto:

Ai direttori generali (e anche ai direttori sanitari e ai direttori amministrativi) degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale si applica la normativa in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (oltre che quella sulla inconferibilità degli incarichi stessi) – con le relative sanzioni – dettata dall’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 (nonché, ratione temporis, dalla disciplina specifica per i titolari di incarichi dirigenziali di cui al d.lgs. n. 39 del 2013). Tale normativa ha carattere imperativo e inderogabile, essendo irrilevante il fatto che il rapporto del direttore generale di un ente del SSN – peraltro, dalla legge qualificato “esclusivo” – sia di natura autonoma e sia regolato da un contratto di diritto privato, perché, agli indicati fini, quel che conta è lo svolgimento di funzioni in qualità di “agente dell’Amministrazione pubblica”, da cui deriva il rispetto del primario dovere di esclusività del rapporto con la P.A.”.  

La Suprema Corte ha ricordato, innanzitutto, che la disciplina generale in materia di incompatibilità e cumulo di impieghi nel lavoro pubblico contrattualizzato dettata dall’art. 53 del D.Lgs n. 165, ha la finalità di assicurare che la pubblica amministrazione sia organizzata in modo di tutelare l’etica e la legalità del contesto lavorativo nel pubblico impiego, al fine di dare concreta attuazione ai principi costituzionali posti dagli articoli 97 e 98 della Carta costituzionale.

La suddetta normativa è diretta a garantire l’obbligo di esclusività, che ha primario rilievo nel rapporto di impiego pubblico in quanto trova il proprio fondamento costituzionale nell’art. 98 Cost. Tale disposizione, nel prevedere che “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, ha voluto rafforzare il principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost, sottraendo tutti coloro che svolgono un’attività lavorativa “alle dipendenze” – in senso lato – delle pubbliche amministrazioni dai condizionamenti che potrebbero derivare dall’esercizio di altre attività”.

La Corte ricorda che la disciplina sull’incompatibilità dei pubblici dipendenti è stata, rafforzata per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico dal decreto legislativo n. 39 del 2016, emanato in attuazione della delega conferita al Governo con la legge anticorruzione n. 190 del 2012, ed accompagnato dall’emanazione, con d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici e dei Codici di comportamento delle singole Amministrazioni, in attuazione dell’art. 54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

In sintesi, la suindicata normativa è applicabile a tutte le situazioni di svolgimento di funzioni in qualità di “agente dell’Amministrazione pubblica” (Cass. SU 10 gennaio 2019, n. 486), grazie all’esistenza di un rapporto di servizio con la PA, che comporta specifici doveri in capo all’interessato correlati allo svolgimento dei compiti attribuiti all’Amministrazione e derivanti dal citato obbligo di esclusività sancito dall’art. 98 Cost. e dalla relativa disciplina attuativa.

 

 


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