Una recente pronuncia di condanna della Corte dei conti
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Liguria, sentenza n. 92 del 23 giugno 2017 – presidente Pischedda, relatore Maltese
A margine
La Procura contabile conviene in giudizio il Presidente e il Segretario generale di un’Autorità Portuale, per avere il primo, su proposta del secondo, nominato in qualità di dirigente dell’Ente, un soggetto privo del diploma di laurea
Secondo la prospettazione la nomina del dirigente, a tempo determinato, sarebbe stata disposta in carenza dei requisiti di legge, considerato che il diploma di laurea rappresenterebbe un requisito necessario per accedere alla qualifica di dirigente nelle pubbliche amministrazioni, tra le quali vanno annoverate anche le Autorità Portuali, in quanto enti pubblici non economici.
Dal canto loro, i convenuti deducono la legittimità della procedura, attesa l’inapplicabilità, per espressa previsione dell’art. 6, comma 4, della legge n. 84/1994, delle norme pubblicistiche di cui al D.Lgs. n. 165/2001 che richiedono il possesso di tale requisito per l’assunzione di incarichi dirigenziali.
Essi sostengono inoltre la non assoggettabilità dell’Autorità Portuale alla regolamentazione pubblicistica relativa sulla selezione del personale, in quanto:
- il rapporto di lavoro dei relativi dipendenti, sulla base della legge n. 84/1994 e del D.P.C.M. 22.1.2013, avrebbe natura privatistica;
- non esisterebbero norme del codice civile o del regolamento per il personale dirigente della medesima Autorità che richiedano il possesso del diploma di laurea per l’accesso ad incarichi dirigenziali;
- la legge n. 84/1994, nella versione all’epoca in vigore, conterrebbe un’espressa esclusione delle Autorità portuali dall’applicazione della normativa di cui al D.Lgs. n. 29/1993 e al D.Lgs. n. 165/2001;
- l’art. 2 del testo unico in materia di società pubbliche di cui al D.Lgs. n. 175/2016, operando una distinzione tra amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 e Autorità portuali, confermerebbe l’esclusione di queste ultime dal novero delle pubbliche amministrazioni individuate all’art. 1.
Il collegio giudicante, tuttavia, sottolinea che le Autorità portuali sono enti pubblici non economici, e come tali devono ritenersi compresi nel novero delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Infatti, da un punto di vista formale, la natura giuridica delle Autorità portuali è stata, legislativamente affermata, expressis verbis, dall’art. 1, comma 993, della legge n. 296/2006.
Analogamente, da un punto di vista sostanziale, e come riconosciuto anche dal Giudice amministrativo, risulta acclarato che le Autorità Portuali non perseguono istituzionalmente alcun fine di lucro, né operano su mercati contendibili, ma svolgono compiti più agevolmente ascrivibili a funzioni di regolazione e controllo sull’attività di erogazione di servizi (Cfr Consiglio di Stato, sentenza n. 5248/2012 citata), orientamento, questo, condiviso anche dalla Corte di Cassazione.
Del resto, lo stesso art. 6, comma 5, della legge 84/1994 che, nella formulazione successiva alla novella del D.Lgs. n. 169/2016, dichiara applicabili alle Autorità Portuali i principi di cui al titolo I del D.Lgs. 165/2001, non rappresenta affatto una disposizione innovativa ma la conseguenza logica della natura di ente pubblico non economico delle Autorità portuali, che vanno pertanto incluse tra le PP.AA.
Ne deriva che questi Enti sono da ritenersi assoggettati ai principi che regolano il rapporto di pubblico impiego di cui al decreto n. 165/2001 e che, pertanto, non possono assumere personale con modalità privatistiche essendo infatti soggetti all’obbligo derivante dall’art. 97 Cost. di selezionare i propri dipendenti mediante concorso ed, in particolare, di tenere conto dei requisiti richiesti per l’accesso alle diverse qualifiche.
In conclusione, a parere del giudice contabile, univoche determinazioni legislative e giurisprudenziali, conducevano, già all’epoca dei fatti, a ritenere che le Autorità portuali, nel conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti interni o esterni, non potessero prescindere da una valutazione del “curriculum” del soggetto preso in considerazione e, in particolare, dal possesso del requisito della laurea.
L’assunzione viene quindi ritenuta illegittima e i convenuti condannati.
Stefania Fabris