IN POCHE PAROLE…

Ai fini del riconoscimento del trattamento retributivo proprio della qualifica dirigenziale, è necessario che un ufficio sia qualificato di tale livello nella pianta organica dell’ente.  

Tar Campania, Napoli, sez, III, sentenza 26 gennaio 2023, n. 571Pres. Est. Dell’Olio


Nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, ai fini del riconoscimento del trattamento giuridico (e retributivo) proprio della qualifica dirigenziale, non è sufficiente l’espletamento di incarichi direttivi o di responsabilità riferibili ad una funzione dirigenziale, essendo necessario che sussista il corrispondente posto qualificato come dirigenziale negli atti di macro organizzazione adottati dall’amministrazione pubblica.

E’ riservato alle amministrazioni il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, di individuare quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, nonché di determinare la dotazione organica.

L’art. 109 T.U.E.L, comma 2, letto in combinato disposto con il successivo art. 110, consente all’ente locale di non istituire rispetto ad una determinata funzione, seppure implicante l’esercizio dei poteri/doveri di cui all’art. 107 T.U.E.L., la posizione dirigenziale e di assegnare la stessa al personale con qualifica non dirigenziale nel rispetto dei criteri dettati dal regolamento e dalla contrattazione collettiva.


A margine

Il caso –  Un candidato ad un concorso pubblico per otto posti di dirigente tecnico viene escluso dal concorso ritenendo l’amministrazione insussistente, in relazione alla sua posizione, il vantato requisito di ammissione, contemplato dal bando in ordine all’ “aver ricoperto incarichi dirigenziali in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a 3 anni”.

Tale valutazione si fonda sull’assunto che il ricorrente, nello svolgimento del proprio rapporto di impiego instaurato presso un Comune ai sensi dell’art. 110, comma 1, del TUEL (d.lgs. n. 267/2000), sarebbe stato inquadrato nella qualifica di funzionario (categoria D, posizione economica D3) e non in quella di dirigente, e che, mancando nel predetto Comune posizioni di livello dirigenziale,  avrebbe goduto di un trattamento economico non riconducibile a quello proprio della dirigenza delle “Funzioni Locali”.

L’interessato ricorre al Tar affermando che, nel certificato di servizio prodotto, si attesta che allo stesso “sono state conferite per l’intero periodo sopra riportato (dal 01/07/2013 al 14/02/2021, ndr.), tutte le funzioni dirigenziali di cui all’art. 107 commi 2 e 3 ai sensi dell’art. 109 comma 2, d.lgs. n. 267/2000”.

La sentenza

Il Tar respinge il ricorso, essendo sprovvista l’amministrazione di posti di funzione di livello dirigenziale. Questo nonostante fosse pacifico che il ricorrente avesse svolto presso il Comune gli incarichi apicali di responsabile di settore con l’attribuzione dell’inquadramento di funzionario di categoria D (posizione economica D3) con riconoscimento del relativo trattamento economico accompagnato da una retribuzione di posizione organizzativa.

Tali incarichi sono stati conferiti al ricorrente ai sensi del combinato disposto degli artt. 110, comma 1, e 109, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, prevedendo tale ultima norma che nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni dirigenziali (di cui al precedente art. 107, commi 2 e 3) “possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione”.

E’ pero assolutamente da sconfessare la tesi del ricorrente che l’incarico di funzioni dirigenziali da lui disimpegnato ai sensi del citato art. 109, comma 2, possa essere configurato come un incarico dirigenziale tout court, essendo necessario, perché possa parlarsi propriamente di “incarico dirigenziale”, che alle funzioni dirigenziali si accompagni la predisposizione, nell’organigramma dell’ente pubblico, della posizione funzionale di livello dirigenziale, la quale, invece, nel Comune richiamato mancava; infatti, proprio per i comuni privi di detta posizione, il ricordato art. 109, comma 2, consente, in via eccezionale, che le funzioni dirigenziali possano essere esplicate dal personale di livello funzionale responsabile degli uffici o dei servizi, con ciò connettendo tali funzioni a posizioni funzionali non di livello dirigenziale.

Sul punto la Corte di cassazione ha affermato che: “un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macro organizzazione adottati dall’amministrazione pubblica, perché in tutte le versioni succedutesi nel tempo, il D.Lgs. n. 29 del 1993, prima, e successivamente il D.Lgs. n. 165 del 2001, hanno riservato alle amministrazioni il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, di individuare quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, di determinare la dotazione organica.”

Pertanto, sia con riferimento all’organizzazione statale che in relazione agli enti pubblici non economici, anche territoriali, ove manchi l’istituzione dell’ufficio dirigenziale, il giudice non può sostituirsi all’amministrazione e valutare la sostanza delle attribuzioni, per qualificare di natura dirigenziale l’attività svolta dal soggetto preposto alla direzione dell’ufficio che viene in rilievo (cfr. Cass. n. 33401/2019; Cass. 23874/2018; Cass. 350/2018; Cass. n. 10320/ 2017).

Inoltre, con specifico riferimento agli enti territoriali minori, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il D.Lgs. n. 165 del 2001, in relazione ai poteri organizzativi propri dei comuni e delle province, rinvia al d.lgs. n. 267/2000, non solo attraverso l’espresso richiamo contenuto nell’art. 70, comma 3, ma anche nel prevedere, all’art. 27, che le regioni a statuto ordinario e le altre pubbliche amministrazioni “nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell’art. 4, e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità“.

Ai Comuni, la modifica costituzionale dell’art. 114 Cost., e la L. n. 131 del 2003, che alla stessa ha dato attuazione, hanno riconosciuto autonomia statutaria e regolamentare e pertanto gli stessi, seppure tenuti in relazione ai poteri organizzativi al rispetto dei principi fondamentali sui quali si fonda la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, (primo fra tutti quello della necessaria distinzione fra attività di indirizzo politico ed attività di gestione), ai sensi del d.lgs. n. 267/2000, art. 89, “disciplinano, con propri regolamenti, in conformità allo statuto, l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi….” ed esercitano la potestà regolamentare in tema di “b) organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi;….c) principi fondamentali di organizzazione degli uffici;… e) ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva ” (art. 89 d.lgs. n. 267/2000., comma 2), con i soli limiti che derivano, una volta assicurato il rispetto dei principi generali già richiamati e delle disposizioni dettate dal d.lgs. n. 267/2000, “dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti” (art. 89 d.lgs. n. 267/2000, comma 5).

Il d.lgs. n. 267/2000: (i) consente espressamente  il conferimento delle funzioni dirigenziali di cui all’art. 107, ai responsabili degli uffici e dei servizi, indipendentemente dal loro inquadramento funzionale (art. 109, comma 2); (ii) ribadisce la distinzione fra enti locali, che nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi hanno previsto la dirigenza, e quelli che hanno adottato atti di macro organizzazione che quella qualifica non richiedono (art. 110,  comma 2); (iii) e sulla base di detta distinzione disciplina in maniera diversificata le due ipotesi, quanto alle condizioni richieste per l’affidamento degli incarichi a professionalità esterne.

L’art. 109 T.U.E.L., comma 2, letto in combinato disposto con il successivo art. 110, consente, quindi, al Comune di non istituire rispetto ad una determinata funzione, seppure implicante l’esercizio dei poteri/doveri di cui all’art. 107 T.U.E.L., la posizione dirigenziale e di assegnare la stessa al personale con qualifica non dirigenziale nel rispetto dei criteri dettati dal regolamento e dalla contrattazione collettiva.

Il CCNL 22 gennaio 2004, art. 15 Il contratto del 2004 ha previsto che “negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, i responsabili delle strutture apicali secondo l’ordinamento organizzativo dell’ente, sono titolari delle posizioni organizzative disciplinate dal CCNL 31 marzo 1999, art. 8 e seguenti“.

La posizione organizzativa, ai sensi del richiamato art. 8 del CCNL 1999, implica lo svolgimento di funzioni di direzione di unità organizzative di particolare complessità, caratterizzate da elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa remunerato dalle parti collettive con il trattamento accessorio di cui all’art. 10, che si modella su quello previsto per il personale dirigenziale, e prevede l’attribuzione, in aggiunta al trattamento fondamentale previsto per la qualifica di inquadramento, della retribuzione di posizione, graduata in relazione alla natura dell’incarico attribuito, e della retribuzione di risultato, quantificata in misura percentuale rispetto a quella di posizione e corrisposta all’esito della valutazione positiva annuale.

Conclusioni

La pretesa del ricorrente di attribuzione, ex art. 52  D.Lgs. n. 165 del 2001, del trattamento economico previsto per il personale dirigenziale è, pertanto, destituita di fondamento, sia perché le funzioni direttive svolte non possono essere ritenute estranee al profilo di inquadramento, in ragione della disciplina legale e contrattuale sopra riassunta nei suoi tratti essenziali, sia in quanto le maggiori responsabilità che il responsabile del servizio assume a seguito del conferimento dell’incarico ex art. 109 T.U.E.L., comma 2, sono state apprezzate dalla contrattazione collettiva richiamata nel punto  (così Cass. Civ., Sez. Lav., 13 aprile 2022 n. 12106).

 


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