Il Consiglio di Stato elenca i casi in cui i componenti delle commissioni giudicatrici dei concorsi debbono astenersi per ragioni di incompatibilità o per la sussistenza di una situazione di interesse.

Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 3443 del 9 luglio 2015Presidente Torsello – Estensore Amicuzzi

Il caso

Un concorrente non vincitore di un concorso pubblico ricorre in appello per domandare la riforma della sentenza con cui il Tar ha rinenuto insussistente una situazione di lite pendente e di inimicizia grave con un componente della commissione giudicatrice.

La sentenza

Il Consiglio di Stato respinge l’appello argomentando che “Nei pubblici concorsi i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l’obbligo di astenersi solo ed esclusivamente se ricorre una delle condizioni tassativamente previste dall’art. 51 del c.p.c., senza che le cause di incompatibilità previste dalla predetta norma … possano essere oggetto di estensione analogica (Consiglio di Stato, sez. V, 24 luglio 2014, n. 3956).

L’incompatibilità tra esaminatore e concorrente implica … o l’esistenza di una comunanza di interessi economici o di vita tra i due soggetti di intensità tale da far ingenerare il sospetto che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con l’esaminatore (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 marzo 2015, n. 1057) ed idonea a far insorgere un sospetto consistente di violazione dei principi di imparzialità, di trasparenza e di parità di trattamento (comunque inquadrabile nell’art. 51, comma 2, del c.p.c.), ovvero la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi per l’esistenza di una causa pendente tra le parti, o la sussistenza di grave inimicizia tra di esse.

Peraltro la grave inimicizia, per essere rilevante ai fini che interessano, deve essere reciproca, trovare fondamento esclusivamente in pregressi rapporti personali, derivanti da vicende estranee allo svolgimento delle funzioni per cui è controversia, ed estrinsecarsi in dati di fatto concreti, precisi e documentati.

Quanto alla pendenza di una causa tra le parti, si evince con chiarezza dagli artt. 51 comma 1, n. 3, e 52, del c.p.c. che essi individuano come causa sufficiente, per giustificare l’astensione o la richiesta di ricusazione del giudice, il fatto oggettivo della pendenza di una lite fra il giudice stesso e una delle parti, senza necessità di verifica di elementi ulteriori (Consiglio di Stato, sez. VI, 9 agosto 2011, n. 4745).

Per individuare i casi in cui è possibile ravvisare la pendenza di una lite tra le parti può, ad avviso del collegio, farsi ricorso a quanto disposto dall’art. 63, comma 1, n. 4, del d.lgs. n. 267 del 2000, che, ai fini della determinazione della causa d’incompatibilità per lite pendente, ricollega detta pendenza, da un punto di vista processuale, alla circostanza che il soggetto eletto sia “parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia”, ossia titolare di una situazione soggettiva processuale, in un procedimento civile o amministrativo, caratterizzata da poteri e facoltà finalizzati a dare impulso al processo e comunque a consentirne, fino alla formazione del giudicato, lo svolgimento, la prosecuzione o la riassunzione”.   

Stefania Fabris


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