Il principio del pubblico concorso ricomprende non solo le ipotesi di assunzione di soggetti in precedenza estranei all’amministrazione, ma…  anche casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo.

La norma regionale che definisce lo standard di professionalità dei collaudatori condiziona l’accuratezza del collaudo e, dunque, il controllo di corrispondenza dell’opera realizzata a quanto dedotto in contratto.

Corte Costituzionale, 13 giugno 2013, n. 137, Pres. Gallo, est. Mazzella

Sentenza n. 137-2013

Il caso

La Presidenza del Consiglio dei Ministri solleva questione di legittimità costituzionale contro alcune disposizioni della legge finanziaria per il 2012 della Regione Piemonte.

In particolare le norme censurate riguardano gli articoli 46, commi 2, 3 e 4, in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato e 47, commi da 1 a 9, in tema di conferimento di incarichi di collaudo di opere e lavori pubblici a dipendenti regionali.

 

La sentenza

L’art. 46, c. 2 e 3, della legge finanziaria n. 5/2012 della Regione Piemonte prevede, in materia di reclutamento di personale a tempo indeterminato, l’espletamento di concorsi destinati a personale già in servizio presso la Giunta regionale.

Tale norma si applica anche al personale assunto a tempo determinato mediante avvisi di selezione pubblica, per esami o per titoli ed esami, banditi dalla stessa Regione e in servizio alla data del 1° giugno 2012.

Il c. 4 dell’art 46 demanda a successiva deliberazione di Giunta regionale, la definizione della percentuale di riserva di posti a favore del personale assunto a tempo determinato, in una misura non inferiore al 40% dei posti a concorso.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ritiene che le disposizioni citate siano in contrasto con i principi di uguaglianza, imparzialità e buon andamento di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione e con la regola del concorso pubblico, che ammette eventuali deroghe solo in presenza di straordinarie ragioni di interesse pubblico.

La previsione circa una riserva minima del 40% dei posti a favore dei dipendenti assunti a tempo determinato introdurrebbe poi una forma di assunzione riservata, in deroga al principio del pubblico concorso, senza prevedere né una specifica ragione giustificatrice, né alcun limite massimo.

In proposito si ricorda la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, che prevede che, anche nel caso in cui le deroghe siano giustificate, la riserva di posti a favore del personale interno non deve essere superiore al 50% dei posti messi a concorso.

Ad avviso della Presidenza del Consiglio così facendo si realizzerebbe una stabilizzazione del personale precario già in servizio, all’unica condizione che lo stesso sia stato a sua volta selezionato mediante avviso di selezione pubblica per esami o per titoli ed esami.

Da ultimo, l’art. 47 della legge finanziaria piemontese prevede, in tema di collaudo di opere e lavori pubbliche, la possibilità che la Regione affidi a propri dipendenti i relativi incarichi, nel rispetto dei principi di rotazione e trasparenza

Ciò attraverso un elenco appositamente predisposto, cui i dipendenti possono far domanda di accedere, tenendo conto delle caratteristiche dell’opera, della professionalità, della capacità ed esperienza maturata dagli stessi nell’ambito dell’amministrazione, nonché dei carichi di lavoro.

In assenza delle professionalità all’interno dell’ente è stabilito che la Regione possa ricorrere ad affidamenti a soggetti esterni, eventualmente anche non iscritti ad albi di collaudatori, indicandone le ragioni, mediante procedure ad evidenza pubblica o ad un’ apposita commissione composta di un massimo di tre membri.

La norma demanda ad un regolamento regionale la disciplina degli aspetti organizzativi, economici e gestionali inerenti alla tenuta degli albi, definendo le categorie di opere e lavori per i quali è possibile chiedere l’iscrizione all’albo, i criteri e le modalità per le iscrizioni, i compensi e le modalità per l’affidamento dell’incarico nonché alcune incompatibilità.

Secondo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche se la materia della disciplina dei lavori pubblici non è espressamente compresa tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, è necessario attribuirla alla potestà legislativa esclusiva dello Stato o alla potestà legislativa concorrente caso per caso.

In particolare, nella vicenda in esame, essa rientrerebbe nella potestà legislativa statale per gli aspetti della disciplina dei contratti pubblici, individuati dall’art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006 tra cui rientrano «la stipulazione e l’esecuzione dei contratti, ivi compresi la direzione dell’esecuzione,la direzione dei lavori, la contabilità e il collaudo ad eccezione dei profili di organizzazione e di contabilità amministrative».

Tali profili sono riconducibili alle nozioni di «tutela della concorrenza» e di «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione.

Per questo motivo va garantita una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale e non può essere ammessa un’autonoma disciplina regionale.

La Corte Costituzionali ritiene fondate entrambe le questioni.

Sulla prima, la Corte evidenzia che le disposizioni regionali che inquadrano stabilmente i lavoratori precari all’interno dell’amministrazione, senza predeterminare la quota massima di riserva dei posti a loro destinati, sono in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 97 Cost., come già affermato nelle sentenze n. 99 e n. 51 del 2012.

Con tali principi contrastano anche le disposizioni che lasciano aperta all’amministrazione regionale la possibilità di indire concorsi interamente riservati.

Viene quindi ribadito che il principio del pubblico concorso ricomprende non solo le ipotesi di assunzione di soggetti in precedenza estranei all’amministrazione, ma anche casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo.

Nel caso in esame la deroga al principio del pubblico concorso, attraverso la legittimazione di un inquadramento senza limiti massimi nella riserva dei posti da bandire, non trova alcuna giustificazione e quindi, la norma deve essere dichiarata illegittima.

Sulla seconda questione, la Corte Costituzionale rileva che la norma censurata, non si limita a disciplinare aspetti meramente organizzativi dell’attività di collaudo, ma regolamenta la scelta dei collaudatori, la determinazione del loro compenso, la disciplina delle condizioni alle quali poter ricorrere a collaudatori esterni e a collaudatori non iscritti nell’apposito albo, definendone lo standard di professionalità e condizionando così l’accuratezza del collaudo.

In questo modo si viola la competenza legislativa esclusiva statale prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione in materia di ordinamento civile.

In definitiva anche la norma di cui all’art. 47, commi da 1 a 9, va dichiarata illegittima.

 

Valutazione della sentenza

 

Nella vicenda in esame la Corte Costituzionale non considera rilevante la giustificazione addotta dalla Regione Piemonte secondo cui i lavoratori precari da assumere avrebbero già, precedentemente, superato un pubblico concorso.

In proposito la Consulta ricorda la propria sentenza n. 235 del 2010 secondo cui «la circostanza che il personale da stabilizzare senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico concorso, per effetto della diversità di qualificazione richiesta delle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato, non offre adeguata garanzia né della sussistenza della professionalità necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti pubblici regionali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive».

Ancora, come già espresso nella sentenza n. 52 del 2011, la Corte Costituzionale afferma che le deroghe al principio del concorso pubblico «sono legittime solo in quanto siano funzionali al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» cosa che, nel caso esaminato, non avviene.

In riferimento alle disposizioni circa l’albo dei collaudatori regionali poi, la Corte Costituzionale non condivide la posizione della Regione Piemonte la quale afferma che la norma impugnata non violerebbe le norme del codice degli appalti, non derogando ai requisiti e alle modalità di selezione previsti dalla normativa statale.

La Consulta conferma invece la legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, del “codice degli appalti”, chiarendo che le norme attinenti alla fase dell’esecuzione del contratto privatistico, tra cui la disciplina dell’affidamento degli incarichi di collaudo, rientrano nella materia dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva del legislatore statale, ad eccezione delle sole disposizioni di tipo meramente organizzativo o contabile (sentenza n. 401 del 2007).

Simonetta Fabris *

* funzionario regionale – referente del Programma di cooperazione transfrontaliera Ipa Adriatico 2007-2013

 


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