Corte dei conti, Sezione delle autonomie, deliberazione n. 1 del 7 gennaio 2021Presidente Carlino, relatore Muti

IN POCHE PAROLE …

L’Unione di comuni, in persona del proprio Presidente, è legittimata a ricorrere all’attività consultiva della Corte dei conti, limitatamente a questioni inerenti alle funzioni proprie esercitate dall’Unione stessa

A margine

Il quesito

La Sezione delle autonomie è chiamata a chiarire l’ammissibilità soggettiva delle richieste di parere rivolte alle Sezioni regionali di controllo, dalle Unioni di comuni, tenuto conto che tali entità, seppur soggette alle norme di coordinamento della finanza pubblica e di razionalizzazione della spesa, non sono espressamente incluse nell’elencazione prevista dall’art. 7, co. 8, della legge n. 131/2003.

Secondo questa disposizione, infatti, «Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane. Richieste di parere nella medesima materia possono essere rivolte direttamente alla Sezione delle autonomie della Corte dei conti: per le Regioni, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome; per i Comuni, le Province e le Città metropolitane, dalle rispettive componenti rappresentative nell’ambito della Conferenza unificata»

La deliberazione

Come noto, i limiti della funzione consultiva attribuita alla Corte dei conti attengono, quanto al profilo soggettivo, sia all’ente che ha la capacità di proporre l’istanza (“legittimazione soggettiva esterna”), sia al soggetto che può effettuare formalmente la richiesta per conto dell’Ente (“legittimazione soggettiva interna”).

A fronte dell’orientamento formatosi e consolidandosi nelle pronunce delle Sezioni regionali di controllo, nonché delle modifiche normative intervenute in tema di piccoli comuni, fusioni e unioni, e di esercizio associato di funzioni o servizi, la Sezione delle autonomie ritiene di dover proporre una rimeditazione della clausola generale di tassatività ribadita nella propria precedente deliberazione n. 13/2007/SEZAUT.

Nell’alveo di tale tassatività, molte Sezioni regionali hanno, infatti, già esteso alle Unioni di comuni la facoltà di accedere all’attività consultiva.

In particolare, è stata ammessa la possibilità, per le Unioni, di richiedere l’avviso del giudice contabile previa sottoscrizione della richiesta di parere da parte di tutti i sindaci dei comuni facenti parte dell’Unione.

La richiesta deve, però, essere finalizzata alla risoluzione di quesiti interpretativi direttamente riconducibili agli enti istanti: in altri termini, l’orientamento domandato, seppur destinato ad avere effetti nella sfera operativo-amministrativa di un soggetto diverso dal richiedente, deve comunque essere giustificato dall’esercizio di attribuzioni intestate all’ente formalmente legittimato.

Resta infatti preclusa la proposizione di questioni interpretative la cui soluzione non possa sortire effetti nell’ambito delle proprie attribuzioni.

Ricordato ciò, la Sezione delle Autonomie rimarca che, in base alla vigente normativa, i comuni, possono e, in alcuni casi, devono, esercitare le proprie funzioni mediante un’Unione, ovvero attraverso un ente locale autonomo, espressione degli stessi comuni, al tempo stesso strumento di razionalizzazione di risorse pubbliche e soggetto destinatario diretto di norme di coordinamento della finanza pubblica.

La gestione associata di funzioni e servizi comunali è finalizzata a superare le difficoltà legate alla frammentazione dei piccoli comuni e a conseguire condivisibili obiettivi di razionalizzazione della spesa e di maggiore efficienza dei servizi (Cfr. deliberazione n. 15/2020/SEZAUT).

Le funzioni di cui si tratta sono pertanto funzioni proprie dell’ente “comune” che devono necessariamente essere svolte o dall’ente uti singulus o, in virtù del patto associativo (normativamente imposto o liberamente contratto), dall’Unione di cui fa parte.

Le Unioni di comuni sono quindi proiezioni dei singoli enti partecipanti finalizzate all’esercizio congiunto di funzioni di competenza dei comuni, cui si applicano i principi previsti per l’ordinamento di tali enti.

In questi termini, pertanto, solo le Unioni, e non altri tipi di forme associative (consorzi, ATO, etc.), possono essere assimilate al comune, anche per quanto riguarda la possibilità di accedere alla Corte dei conti in funzione consultiva.

La Sezione delle autonomie esprime, in via definitiva, il seguente principio di diritto: “L’Unione di comuni, in persona del Presidente, è legittimata a ricorrere all’attività consultiva della Corte, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, limitatamente a questioni inerenti alle funzioni proprie esercitate dall’Unione stessa”.


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