IN POCHE PAROLE …
Non è possibile utilizzare i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni al Codice della Strada per implementare i controlli volti al contrasto delle occupazioni abusive
A margine
Il caso – Un Comune domanda di conoscere l’avviso della Corte in ordine all’utilizzo dei proventi derivanti da sanzioni per violazioni del Codice della Strada di cui ai sensi all’art. 208, commi 4 e 5-bis, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
In particolare, chiede se sia possibile finanziare con i proventi delle sanzioni eventuali progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e stradale, nello specifico progetti di implementazione del controllo finalizzati al contrasto delle occupazioni abusive.
La deliberazione
La Sezione toscana fornisce riscontro negativo sottolineando che, dalla lettura dell’art. 208, commi 4 e 5 bis, emerge come il bene primario che si intende tutelare con l’utilizzo dei proventi sia rappresentato dal miglioramento della sicurezza e della circolazione stradale nelle molteplici forme individuate dallo stesso articolo.
In particolare, la norma individua in modo espresso, tra gli scopi da perseguire mediante l’utilizzo dei proventi, delle “finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale”.
Di contro, il D.M. del Ministro degli Interni del 5 agosto 2008, richiamato dal Comune a supporto di una soluzione favorevole, definisce il concetto di “sicurezza urbana”, con riferimento all’art. 54 del TUEL, il quale individua le funzioni dei sindaci, quali ufficiali del Governo.
Come noto, questa disposizione, al comma 4, dispone che “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, [anche] contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”; mentre il comma 4-bis evidenzia come i “provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 …….. concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti”.
A parere della Sezione, si tratta di finalità che non hanno alcuna diretta connessione con la sicurezza e la circolazione stradale (se non indirettamente, come nel caso di guida sotto l’effetto di alcool o di stupefacenti).
Dunque, l’art. 54 del TUEL nulla aggiunge al quadro delineato dal Decreto ministeriale, che definisce la sicurezza urbana come “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
Conclusioni
La Corte esclude che il contrasto alle occupazioni abusive possa rientrare nell’ambito del concetto di sicurezza delineato dall’art. 208, comma 5 bis, del Codice della strada. In tale ambito è possibile far rientrare solo quegli interventi che l’Ente ritiene, con adeguata motivazione, possano migliorare la sicurezza e la circolazione stradale.
Stefania Fabris