Il divieto di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, a carico delle province, non vale qualora le stesse risultino neutre per il bilancio dell’ente essendo finanziate da soggetti terzi. Il divieto di attribuire incarichi di studio e consulenza, invece, preclude del tutto l’affidamento d’incarichi.
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione 64/2015/PAR, 10 aprile 2015, Presidente A. De Salvo, Relatore R. Patumi
Il quesito
Il parere riguarda l’interpretazione dei divieti previsti a carico delle province delle regioni a statuto ordinario dall’art. 1, c. 420, della l. n. 190-2014, ai sensi del quale, a decorrere dal 1º gennaio 2015, alle stesse è precluso: […]
“b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza; […]
g) di attribuire incarichi di studio e consulenza”.
In particolare si domanda se i divieti in parola sussistano anche nei casi in cui le risorse finanziarie non gravino sul bilancio dell’ente ma provengano da fonti comunitarie e da terzi.
Nel caso tali spese fossero considerate ammissibili, il giudice contabile è chiamato a chiarire se sia possibile che la provincia, in costanza del divieto di cui alla lettera b), sostenga spese (a carico del proprio bilancio) a titolo di IVA, non rendicontabile alla comunità europea.
In caso di risposta negativa, il presidente della provincia di Ferrara precisa che l’ente non potrà più essere soggetto capofila di progetti europei.
Il parere
Secondo la Corte dei conti dell’Emilia Romagna la prescrizione di cui alla lettera b), c. 420, dell’art. 1 della l. n. 190-2014 consente comunque alle province il legittimo svolgimento di attività di relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza qualora le stesse beneficino di un finanziamento proveniente da soggetti terzi, sia pubblici che privati. Ciò in linea con i precedenti della stessa Corte dei conti (sezioni riunite, deliberazione n. 7 del 7 febbraio 2011; sezione di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione n. 233 del 17 dicembre 2014) secondo i quali, a fronte di disposizioni vincolistiche, sono ammesse operazioni neutre per la finanza degli enti pubblici interessati.
In questo quadro, tuttavia, le spese di IVA che la provincia dovrebbe sostenere a proprio carico, quale quota parte delle spese di cui sopra, escludono che la stessa possa intraprendere suddette attività.
Per quanto riguarda poi gli incarichi di studio e consulenza, la Corte precisa che il legislatore statale non pone alle province un mero divieto di sostenere le relative spese, ma, più radicalmente, preclude l’attribuzione di detti incarichi.
Il tutto, in linea con l’assetto in materia di rapporti di lavoro alle dipendenze delle province (delle regioni ordinarie) alle quali è fatto divieto di costituire rapporti di lavoro sia a tempo determinato che indeterminato nonché di utilizzare l’istituto del comando. Pertanto l’interpretazione deve essere rigorosa anche in riferimento al divieto di attribuire incarichi di studio e consulenza.
La valutazione del parere
Con la deliberazione in esame la Corte dei conti dell’Emilia Romagna dà il via libera alle spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza sostenute dalle province a valere “in toto” su fondi europei o provenienti da soggetti terzi in quanto neutrali per il bilancio dell’ente.
Tuttavia, laddove l’IVA connessa a tali operazioni risulti non rimborsabile, le stesse non potranno essere intraprese.
Tale precisazione comporta importanti conseguenze con riferimento ai progetti legati a finanziamenti comunitari cui partecipano e/o parteciperanno le province.
In particolare l’ente provincia, prima di aderire ad un progetto UE, dovrà attentamente valutare, caso per caso, le regole sulla rimborsabilità dell’IVA previste dal Programma di finanziamento su cui si svilupperà il singolo bando.
Ad esempio, nell’attuale programmazione dei fondi UE 2007/2013, i programmi operativi regionali – parte FESR e quelli di Cooperazione Territoriale Europea prevedono il rimborso dell’IVA quando questa costituisca un costo realmente sostenuto e non recuperabile dal beneficiario, anche pubblico, partecipante al progetto.
Diversamente, altri bandi a finanziamento diretto emanati dalla Commissione (si veda ad es. bando Daphne della DG Justice) prevedono che l’IVA, anche se non recuperabile, non sia rimborsabile quando generata da attività poste in essere da enti pubblici (stato, regioni, enti locali..) che agiscono come autorità pubbliche.
La questione relativa al divieto di affidare incarichi di studio e consulenza appare invece più complessa in quanto non considera che oggi, le pubbliche amministrazioni italiane, province incluse, ricorrono di sovente a questi strumenti proprio per sopperire all’assenza dell’expertise necessaria a gestire un progetto UE.
Va comunque ricordato che i divieti in parola saranno applicabili fino alla fine del processo di riordino dell’ente provincia mentre non si applicano alle istituende città metropolitane italiane (Roma capitale, Venezia, Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria).
Simonetta Fabris