In linea di principio non può escludersi che una parte della mappatura dei rischi possa essere oggetto di affidamento a terzi ma solo ove la struttura oggetto di analisi sia molto complessa, particolarmente grande, ad esempio in termini di estensione territoriale, o soggetta a processi di notevole complessità.

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Lazio, sentenza 4 maggio 2018, n. 269, Presidente Maggi, Estensore d’Ambrosio

Il fatto

La procura della Corte dei conti cita il segretario generale di una IPAB per aver assegnato un contratto di consulenza ad una società esterna per l’esecuzione dell’analisi dei rischi per l’attuazione della legge 190/2012 presso l’ente, per un importo complessivo di 48.400,00 euro.

Ciò in quanto l’art. 1, comma 8 della legge 190/2012 espressamente esclude che tali attività possano essere svolte da soggetti terzi rispetto all’amministrazione mentre lo statuto dell’ente prevede la competenza del CdA per il conferimento di tali incarichi. La società prescelta non sarebbe stata inoltre adeguata, occupandosi principalmente di facchinaggio.

Pertanto la procura chiede la condanna a titolo di dolo del segretario, o in via subordinata di colpa grave, al risarcimento di euro 48.400,00.

La difesa afferma che l’assegnazione dell’incarico va configurata come appalto di servizi, pienamente rientrante nelle competenze del segretario, preposto alla gestione dell’ente. Quanto all’oggetto dell’incarico, si rileva che la prestazione richiesta non era la redazione del piano anticorruzione, ma un’attività propedeutica finalizzata alla redazione degli atti di attuazione della legge 190. Infatti, il piano triennale di prevenzione della corruzione è stato regolarmente predisposto dal segretario e approvato dal CdA.

Infine, circa le competenze dell’affidatario, si afferma che lo stesso è dotato di strutture e risorse specializzate.

La sentenza

La Corte dei conti condivide la prospettazione della procura. Emerge, infatti, dagli atti che il segretario ha operato con negligenza sulle più elementari norme di legge sull’anticorruzione, con questo causando un danno all’ente.

Nel caso in esame appare poi certamente determinante l’aspetto di consulenza rispetto a quello dell’appalto consistendo la prestazione nella redazione di una perizia di valutazione dei rischi, assimilabile ad una consulenza o a un contratto d’opera piuttosto che ad un appalto.

In base allo Statuto poi, la competenza dell’attribuzione dell’incarico era del CdA. Pertanto, il segretario avrebbe dovuto rimettere la decisione al CdA o, nel caso avesse ritenuto di affidare un appalto di servizi, trasmettere la determina al CdA per riversarne i contenuti nel contratto.

Invece il segretario ha agito in totale autonomia disapplicando uno statuto ritenuto illegittimo poiché non definiva in modo compiuto la separazione tra atti di indirizzo e atti di amministrazione.

La Corte ritiene invece che, in assenza di una modifica statutaria, non fosse possibile procedere con la mera disapplicazione dello statuto, il quale resta legge interna vigente sino al suo superamento, salvo che la legge non sia esplicita con riferimento alla eventuale decadenza di previsioni illegittime.

Conclusioni

La scelta di far effettuare l’analisi del rischio da soggetto terzo appare in contraddizione con la norma dell’art.1, comma 8 della legge 190/2012 che prevede il divieto di redigere il piano anticorruzione da parte di soggetti esterni.

In tal senso non convince l’affermazione della difesa che la mappatura del rischio sarebbe un elemento prodromico alla redazione del piano. Infatti, l’analisi dei rischi è un aspetto fondamentale del piano stesso e ne costituisce una delle componenti più significative, secondo quanto previsto dall’ANAC nei propri modelli.

D’altra parte, non può escludersi, in linea di principio, che una parte della mappatura dei rischi possa essere oggetto di affidamento a terzi, ma ciò potrà avvenire quando la struttura di cui devono essere valutati i rischi sia molto complessa, particolarmente grande, ad esempio in termini di estensione territoriale, o soggetta a processi di notevole complessità.

Nel caso in esame non solo non sono configurabili queste caratteristiche, ma non vi è nessuna motivazione di tale scelta.

Del resto, non si rinviene negli atti neppure l’indicazione dell’assenza di personale interno adeguato per lo svolgimento dell’attività in esame, la quale, non essendo occasionale ma continuativa, avrebbe richiesto, quanto meno, l’affiancamento a fini formativi con il soggetto esterno preposto alla prima redazione della perizia.

Circa la quantificazione del danno, la difesa afferma che l’incarico ha avuto un’utilità per l’ente in funzione della redazione del piano anticorruzione. La Corte ritiene invece che l’unico ad aver beneficiato dei risultati dell’analisi del rischio sia stato proprio il segretario che se ne è avvalso per la redazione del piano anticorruzione e che, altrimenti, avrebbe dovuto organizzare diversamente l’analisi del rischio.

L’ente ha così subito una spesa non dovuta nonché l’ulteriore potenziale danno della mancata formazione del personale interno per la redazione delle future analisi dei rischi.

Il segretario deve perciò rispondere del danno arrecato con il risarcimento di euro 48.400,00 a favore dell’IPAB.

 


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