Spetta al Comune, nell’ambito delle sue scelte discrezionali e nel rispetto dei vincoli economico-finanziari vigenti, determinare l’entità dei costi del servizio mensa da coprire mediante il contributo dei fruitori e, in considerazione del fatto che tale contributo può essere “anche a carattere non generalizzato” e dell’inerenza dello stesso con l’effettività del diritto allo studio, statuire come distribuire tale contributo fra i fruitori, potendo erogarlo ad alcuni in forma gratuita e ad altri secondo tariffe differenziate.

Corte dei conti, sezione di controllo per la Lombardia, deliberazione 21 novembre 2019, n. 427, Presidente Riolo, Relatore Cucuzza

A margine

Un Sindaco, dopo avere illustrato dettagliatamente le modalità di gestione del servizio di refezione scolastica da parte del proprio Comune, nonché i costi per lo stesso sostenuti, chiede alla Corte dei conti un parere in merito alla possibilità per l’ente di offrire gratuitamente ai propri cittadini il servizio di refezione scolastica con oneri integralmente a carico del bilancio comunale.

Il parere

La Corte dei conti ricorda che il servizio di mensa scolastica è pacificamente ritenuto un servizio a domanda individuale, cioè un servizio pubblico che viene erogato dall’ente non perché la sua erogazione è un obbligo istituzionale, ma in quanto, avendone la possibilità economico-finanziaria, l’ente decida di assumerne la gestione fornendolo non alla collettività indifferenziata, ma ai soggetti che ne facciano richiesta.

Quanto alla disciplina di tali servizi, l’art. 3 del D.L. 786/1981 e s.m.i., prevede espressamente che “per i servizi pubblici a domanda individuale, le province, i comuni, i loro consorzi e le comunità montane sono tenuti a richiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato”.

La previsione di una contribuzione a carico dei fruitori dei servizi a domanda individuale è confermata dall’art. 6 del D.L. 55/1983 che impone all’ente che li eroga il compito di individuarne i costi, sia diretti che indiretti, e di determinare le percentuali di tali costi che devono essere coperte mediante la previsione di tariffe o contributi a carico dei beneficiari.

Alla luce di tale ricostruzione, pertanto, il servizio di gestione della mensa scolastica, costituendo un servizio a domanda individuale, deve essere finanziato, almeno in parte, dalle contribuzioni dei fruitori, non potendo essere posto integralmente a carico del bilancio pubblico (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 7-2010-PAR; Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Molise, deliberazione n. 80-2011-PAR).

Ed invero, al di fuori delle prestazioni dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale, i servizi pubblici a domanda individuale sono soggetti a contribuzione da parte dei soggetti fruitori.

Ulteriore conferma della volontà legislativa di escludere la gratuita elargizione per le prestazioni afferenti ai servizi pubblici a domanda individuale è rinvenibile nell’obbligo per gli Enti che si trovano in condizione di deficitarietà strutturale (art. 242 TUEL) di elevare la soglia minima di copertura dei servizi a domanda individuale (art. 243 TUEL)” (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Sicilia, deliberazione n. 115-2015-PAR).

Il principio è stato ribadito da ultimo dalla Sezione regionale Piemonte, la quale ha, tuttavia, evidenziato che la determinazione concreta di tale contributo è “frutto di una scelta di ampia discrezionalità, riservata per legge all’amministrazione comunale, la quale deve esercitarla nel rispetto dei principi di equilibrio economico-finanziario di gestione del servizio e di pareggio di bilancio” (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, delibera n. 30-2018-PAR).

La Sezione non ritiene che sussistano ragioni per discostarsi dall’interpretazione maggioritaria illustrata.

Peraltro, non contrasta con tale consolidato orientamento il recente d.lgs. 63/2017 che stabilisce, all’art. 3, che i servizi previsti dall’articolo 2, tra cui la mensa scolastica, siano erogati o in forma gratuita ovvero con contribuzione delle famiglie a copertura dei costi e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Le norme richiamate, pertanto, consentono agli enti locali di distribuire la quota di copertura dei costi del servizio mensa a carico dei fruitori, secondo scelte rimesse alla loro discrezionalità. Il Comune, oltre a godere di ampia discrezionalità nella scelta della quota da porre a carico dei fruitori, da determinarsi con deliberazione da allegarsi al bilancio di previsione ex art. 172 TUEL, gode di altrettanta discrezionalità nella determinazione del contributo di ciascun fruitore, potendo escludere l’onere del contributo a carico di alcuni fruitori e potendo graduare l’onere della contribuzione a carico degli altri. In quest’ultimo caso il secondo comma dell’art. 3 d.lgs. 63/2017 rimette agli enti locali il compito di individuare i criteri di accesso ai servizi e le eventuali fasce tariffarie in considerazione del valore dell’ISEE, ferma restando la gratuità totale qualora già prevista a legislazione vigente.

Tale interpretazione è stata, recentemente, confermata dalla Sezione delle autonomie, la quale, pur pronunciandosi in relazione alle modalità di copertura finanziaria dei costi del servizio di trasporto scolastico, che presenta caratteristiche in parte differenti, ha, tuttavia, affermato in via generale che “in ragione del combinato disposto degli artt. 2, co. 1, lett. a), e dell’art. 3 successivo, detti servizi dovrebbero, quindi, essere erogati in forma gratuita oppure con contribuzione delle famiglie, previa individuazione dei criteri di differenziazione per le tariffe. Ciò in quanto servizi essenziali a garanzia del diritto allo studio, contemplato e garantito dalla Carta Costituzionale” (deliberazione n. 25-2019-QMIG).

Pertanto, spetta all’ente, nell’ambito delle sue scelte discrezionali e nel rispetto dei vincoli economico-finanziari vigenti, determinare l’entità dei costi del servizio da coprire mediante il contributo dei fruitori e, in considerazione del fatto che tale contributo può essere “anche a carattere non generalizzato” (art. 3 del D.L. 786/1981) e dell’inerenza del servizio mensa con l’effettività del diritto allo studio (artt. 2 e 3 d.lgs. 63/2017), statuire come distribuire tale contributo fra i fruitori, potendo erogarlo ad alcuni in forma gratuita e ad altri secondo tariffe differenziate.

di Simonetta Fabris


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