IN POCHE PAROLE …
I comuni possono costituire fondazioni in partecipazione solo per soddisfare esigenze generali, aventi finalità non lucrative, e nel rispetto di regole e vincoli.
Corte dei conti, sez. reg. di controllo per il Veneto, deliberazione n. 130 del 19 ottobre 2020 – Pres. Pilato, Re. Dalla Pria
Il quesito – La richiesta di parere verte sulla possibilità, per un Comune, di costituire una fondazione in partecipazione, operante in campo sanitario, per finalità non strettamente rientranti tra le competenze istituzionali dell’Ente, e sulle garanzie di natura economico-patrimoniale da assumere nel caso di specie.
Il parere – I Comuni possono, a certe condizioni, attingere a moduli privatistici per perseguire le proprie finalità istituzionali (Cfr., Cons. Stato, sez. V, sent. 31 luglio 2019, n. 5444).
Il modulo della fondazione è regolato dagli artt. 14 e ss. c.c., rimanendo ordinariamente distinto dai moduli prettamente societari.
Le fondazioni hanno natura privata e sono espressione organizzativa delle libertà sociali, costituendo corpi intermedi tra Stato e mercato, che trovano nel principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, co. 4, Cost. un preciso presidio rispetto all’intervento pubblico (Corte cost. 28 settembre 2003, n. 300 e n. 301).
Le fonti legittimanti la loro costituzione, da parte delle pubbliche amministrazioni, si rinvengono nell’art. 1, co. 561 e 562, della L. n. 147/2013 (con cui sono stati abrogati l’art. 14, co. 32, del dl n. 78/2010 e l’art. 9, co. 6, del dl n. 95/2012) e nell’art. 1, co. 4, lett. b, del d.lgs. n. 175/2016.
La fondazione di partecipazione risponde, in particolare, all’esigenza di disporre di uno strumento più ampio rispetto alla fondazione ordinaria, caratterizzato dalla commistione dell’elemento patrimoniale con quello associativo, in ragione della partecipazione di più soggetti, pubblici o privati, alla costituzione dell’organismo (Corte conti, sez. contr. Veneto, 345/2014/PAR).
Essa, dunque, rappresenta uno strumento per regolamentare il partenariato pubblico-privato e si fonda su un negozio giuridico a struttura aperta, del quale va valutata la struttura e le regole di funzionamento contenute nello Statuto nonché l‘impatto economico-finanziario nei confronti dell’Ente locale.
Il provvedimento di costituzione dovrà, nello specifico, prevedere che l’ingresso del privato sia subordinato alle seguenti condizioni:
1) la fondazione deve essere dotata di personalità giuridica;
2) deve essere istituita per soddisfare esigenze generali, aventi finalità non lucrative;
3) deve essere finanziata in modo maggioritario da organismi di diritto pubblico e/o l’organo di amministrazione o vigilanza dev’essere designato in maggioranza da un ente pubblico (cfr. delib. n. 81/2013 Sez. controllo Liguria, n. 151/2013 Sez. controllo Lazio, n. 5/2014 Sez. controllo Toscana, n. 52/2017 Sez. controllo Basilicata).
La Fondazione deve essere dotata di un patrimonio sufficiente ed adeguato (1) per perseguire l’interesse (pubblico o privato) per il quale viene istituita, garantendo la copertura dei costi generati con i ricavi conseguiti (cfr. Sezione controllo Lombardia n. 67/2010/PAR, n. 365/2011/PAR, e n. 70/2017/PAR).
Il rapporto finanziario tra ente locale e fondazione si deve esaurire nell’atto costitutivo del nuovo soggetto, salvo eventuali contributi, predeterminati da una specifica convenzione di servizio sulla base di un accertato e motivato interesse pubblico che il Comune abbia il compito di soddisfare e fermo restando il rispetto della disciplina in materia di erogazioni di risorse pubbliche a favore dei privati.
Non potranno pertanto essere previste delle contribuzioni “a regime” per colmare le perdite a cui la fondazione vada incontro e garantirne l’equilibrio economico-finanziario, a pena di snaturarne le caratteristiche essenziali (Cfr. Sezione controllo Piemonte, n. 24/2012/SRCPIE/PAR e Sezione controllo Abruzzo, n. 5/2017/PAR).
La Fondazione, infine, dovrà osservare le procedure di evidenza pubblica proprie delle Pubbliche Amministrazioni (Corte dei conti, sez. controllo FVG/22/2019/PAR), mentre l’Ente locale dovrà: a) verificare che, dal finanziamento, non risulti un depauperamento del patrimonio comunale in relazione all’utilità ottenuta rispetto ai propri fini istituzionali e, b) adottare tutte le cautele necessarie al corretto utilizzo dei fondi pubblici, al fine di permetterne il controllo efficace e l’applicazione puntuale dell’art. 4, co. 6, del dl n. 95/2012.
In ogni caso, resta imprescindibile, ai fini dell’ammissibilità della fondazione, che la costituzione della stessa sia coerente con l’esercizio di funzioni fondamentali o amministrative assegnate all’ente locale non potendo il Comune destinare risorse a funzioni estranee od ultronee rispetto alle proprie, eludendo specifici vincoli funzionali di destinazione della spesa pubblica.
Ove, il campo di intervento del nuovo organismo fosse ascrivibile a quello dei servizi sociali (e non a quello sanitario, atteso il riparto di competenze sancito dalla Costituzione), lo strumento ordinario utilizzabile è quello dell’“istituzione”, organismo che, a mente dell’art. 114 Tuel, non ha personalità giuridica e non gode di autonomia patrimoniale perfetta, restando l’ente locale responsabile delle obbligazioni da questa assunte.
Di contro, nel caso in cui l’Ente optasse per la costituzione di una Fondazione di partecipazione o di un’Azienda speciale per la gestione di servizi sociali, il relativo provvedimento dovrà esplicitare dettagliatamente le ragioni giuridiche e fattuali a supporto di tale opzione.
Sul piano delle garanzie, come detto, l’ente locale non può mai accollarsi l’onere di ripianare le perdite gestionali della fondazione la quale dovrà farvi fronte da sé, attraverso il proprio patrimonio: l’art. 21, co. 3-bis, d.lgs. 175/2016 opera, infatti, soltanto a fronte di partecipazioni in ambito strettamente societario, rimanendone escluse le fondazioni alla luce dell’art. 1, co. 4, lett. b), dello stesso Tusp.
Stefania Fabris
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(1) La “sufficienza” patrimoniale rispetto al soddisfacimento dello scopo prescelto, declinata nei termini di “adeguatezza” quale condizione per il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi dell’art. 1, comma 3, D.P.R. 361/2000, costituisce presupposto dell’esistenza stessa della fondazione, atteso che, ai sensi degli artt. 27 e 28 c.c., il suo venir meno determina l’insorgere dell’alternativa tra la dichiarazione di estinzione e l’obbligatoria trasformazione della fondazione da parte dell’autorità governativa.