I soci di un’Azienda speciale sono tenuti ad effettuare l’accantonamento di cui all’art. 1, co. 551, L. n. 147/2013; l’eventuale riconoscimento di debito fuori bilancio resta subordinato alla previsione dell’obbligo di copertura dei disavanzi nell’ambito dello statuto aziendale
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 88 del 30 giugno 2020 – Presidente Riolo, relatore Vella
I quesiti – La Corte dei conti è chiamata a pronunciarsi sugli obblighi gravanti sui soci di un’Azienda speciale in situazione di perdite reiterate, chiarendo se gli stessi:
- siano o meno tenuti all’accantonamento previsto dall’art. 1, commi 551 e ss, della L. n. 147/2013;
- possano procedere al ripiano delle perdite, ai sensi dell’art. 194, co. 1, lett. b) del d.lgs. n. 267/2000, nel caso in cui né statuto e né l’atto costitutivo dell’Azienda prevedano alcun specifico impegno al riguardo.
Il parere – Rammentato il disposto dell’art. 1, commi 551 e ss, della L. n. 147/2013, secondo cui “Nel caso in cui i soggetti di cui al comma 550 presentino un risultato di esercizio o saldo finanziario negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione”, il giudice fa presente che gli accantonamenti, a cui il d.lgs. n. 118/2011 fa riferimento, costituiscono uno strumento contabile preordinato a garantire gli equilibri finanziari attraverso la preventiva sterilizzazione di adeguate risorse, necessarie a compensare eventuali sopravvenienze passive o insussistenze dell’attivo.
L’accantonamento risulta fondamentale per ponderare i rischi e le incertezze connesse agli andamenti gestionali ed operativi degli enti partecipati, con lo scopo di assicurare ragionevoli stanziamenti per la continuità nel rispetto del principio di “prudenza” e dell’armonizzazione degli strumenti contabili.
In presenza di perdite di un’azienda speciale, i soci pubblici sono pertanto tenuti ad accantonare risorse nei propri bilanci trattandosi di adempimento cogente, non demandato alla discrezionalità dell’amministrazione.
Rispetto, invece, alla possibilità di ripianare tali perdite, pur in assenza di una previsione statutaria al riguardo, il collegio osserva che l’elencazione delle fattispecie di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, contenuta nell’art. 194 del Tuel, è da ritenersi tassativa, in considerazione della natura eccezionale di detta previsione normativa, finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non correlati a spese previamente autorizzate dall’organo rappresentativo della comunità di riferimento (1).
Ed è lo stesso Tuel stabilire che la copertura dei disavanzi delle aziende speciali possa avvenire, secondo la procedura del riconoscimento del debito fuori bilancio, “nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzioni o atti costitutivi” e per i soli disavanzi derivanti da fatti di “gestione”.
Esiste pertanto “un limite alla possibilità di realizzare un «accollo interno» (…) del debito gestionale e organizzativo «disavanzo di gestione», deresponsabilizzando il management rispetto ai danni (o al rischio di danno) arrecato alla integrità/continuità aziendale: infatti, non tutti i “disavanzi” di gestione dell’azienda speciale sono ripianabili ab aeterno dall’ente dominus, con un riconoscimento di debito da parte di quest’ultimo, ma solo quelli la cui riparabilità è prevista da “da statuto, convenzione o atti costitutivi” ed in ogni caso purché: i) sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114; ii) il disavanzo derivi da fatti di gestione” (Cfr. SCR Campania n. 162/2018/PAR).
Nel caso di specie, l’ente socio dovrà, quindi, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, verificare, preliminarmente, se lo “Statuto, convenzioni o atti costitutivi” prevedano un obbligo in tal senso, e se il disavanzo sia imputabile a fatti di “gestione”.
In mancanza di tali presupposti, l’obbligo di ripiano dei disavanzi accertati dovrà comunque essere assolto secondo l’ordinario ciclo di bilancio, stante la prioritaria esigenza di garantire l’integrità e la continuità aziendale, nonché il rispetto degli equilibri di bilancio.
Questo perché, nel caso di “un’azienda pubblica”, occorre sempre assicurare la tutela dei beni costituzionalmente garantiti della “legalità finanziaria” e “dell’equilibrio di bilancio” (artt. 100, 81, 119 e 120 Cost.), nel necessario rispetto di regole a presidio di “garanzie costituzionali di buon andamento e di integrità delle finanze pubbliche che esprimono tutela finale dei diritti dei contribuenti e dei cittadini tutti” (art. 97 Cost.)
Stefania Fabris
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(1) L’art. 194, co. 1, del Tuel, prevede che “Con deliberazione consiliare di cui all’articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”.