Sono possibili diverse soluzioni interpretative per la determinazione dei compensi agli amministratori delle società a totale partecipazione della Provincia, essendo venuto meno – con la previsione della gratuità della carica del Presidente della nuova Provincia introdotta dalla riforma Delrio – il parametro dell’indennità di funzione cui commisurare il compenso.
Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, parere n. 123 del 13 aprile 2015 – Presidente Valentino, relatore Zaffina
Il quesito
L’oggetto del quesito formulato alla Corte dei conti riguarda i limiti al compenso lordo annuale dei presidenti e dei componenti degli organi di amministrazione delle società partecipate dalla provincia.
La questione risulta di particolare interesse a fronte delle difficoltà interpretative della disciplina, sorte in seguito alla nuova configurazione dell’ente provincia e al nuovo status “a titolo gratuito” del relativo Presidente.
Ricorda infatti, l’Ente istante che, secondo l’art. 1, comma 725, della legge n. 296/2006 “nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente al 70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia ai sensi dell’art. 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267” mentre, a mente dell’art. 1 della legge n. 56/2014: a) l’incarico di Presidente della Provincia è a titolo gratuito, b) a carico della Provincia restano gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori, relativi ai permessi retribuiti, agli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi, di cui agli articoli 80, 84, 85 e 86 del testo unico e c) sono eleggibili a Presidente della provincia i sindaci della provincia.
Nel dettaglio, ricordato che dottrina e giurisprudenza sono concordi nel presumere un diritto al compenso dell’amministratore delle SPA, essendo la provincia di Salerno socio unico di due società per azioni, il Presidente domanda di conoscere quale sia il parametro cui rapportare, ai sensi dell’art. 1, comma 725, della legge n. 296/2006, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, da attribuire al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione delle società a totale partecipazione provinciale.
Il parere
La Sezione esprime l’avviso che, in assenza di una specifica norma di contenimento della spesa pubblica o di coordinamento di finanza pubblica, essendo venuto meno il parametro cui potrebbe essere commisurato il compenso massimo degli amministratori delle società partecipate dalle province, l’Ente, per orientare la propria scelta sul citato parametro non potrà avvalersi della funzione consultiva intestata alla Corte dei conti, non rientrando la questione nella nozione della contabilità pubblica.
La Corte, tuttavia, ricostruisce il complesso quadro normativo in materia, ricordando:
a) la gratuità delle cariche di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente, se assunte da amministratori locali (ex art. 1, co. 718, L. n. 296/2006);
b) l’obbligo di riversamento dei compensi all’amministrazione di appartenenza in caso di nomina dei rispettivi dipendenti (ex art. 16, DL n. 90/2014);
c) la forte spinta per la riduzione del numero dei componenti dei Cda e delle loro retribuzioni ora da parametrare all’80% del costo sostenuto complessivamente nel 2013 anche nel caso di nomina di un amministratore unico (così Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 88 del 4 marzo 2015).
La Sezione campana, sottolinea quindi che, a seguito della riforma del 2014, l’assetto delle funzioni fondamentali e di quelle ulteriormente attribuibili alle Province, per come delineato dalla legge n. 56/2014 e da eventuali leggi regionali, può influire potenzialmente anche sugli assetti proprietari delle società partecipate.
Tale aspetto va per forza considerato “in quanto la definizione degli assetti proprietari è da risolvere preliminarmente rispetto a qualunque altra questione relativa alle società partecipate dalle Province”.
Inoltre, per quanto riguarda le scelte “lato sensu” gestionali di questi enti, la Corte richiama, anche se non direttamente applicabili alla fattispecie in esame, le norme che impongono il forte contenimento delle loro spese correnti, ovvero i pesanti limiti imposti alle stesse dall’art. 1, commi 420 e seguenti, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Alla luce di quanto sopra, la Corte dà quindi atto che il sistema per come ora delineato ha indirettamente influito sulla norma di cui al citato art. 1, comma 725, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, che riguarda, in modo specifico, le società a totale partecipazione della Provincia, ponendo il problema interpretativo per l’appunto sollevato dalla provincia di Salerno.
In un tale contesto, la Corte si limita quindi a ipotizzare, in via meramente esemplificativa, le seguenti supposizioni interpretative, rispetto alle quali tuttavia precisa di non poter esprimere alcuna preferenza:
a) il compenso attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione dovrebbe essere gratuito, ove si ritenesse ancora valido il parametro di riferimento nell’indennità attualmente spettante all’organo di rappresentanza della Provincia e si interpretasse la norma nel senso palesemente letterale, oltre che inserendola nel più generale quadro del ridimensionamento delle funzioni e del forte contenimento dei costi delle Province;
b) diversamente, avvalendosi del criterio teleologico, si potrebbe ipotizzare, che la “ratio” della norma non era, al momento della sua entrata in vigore, quello di prevedere l’assoluta gratuità dell’incarico di presidente e di componenti del consiglio di amministrazione delle società a totale partecipazione di comuni e province.
Per cui, essendo venuto meno il parametro (indennità spettante al Presidente della Provincia, ai sensi dell’art. 82 del TUEL), al quale la norma in esame si riferiva, si dovrebbe affrontare ora una fattispecie non regolamentata da alcuna specifica disposizione: in questa eventualità, dunque, facendo ricorso alle disposizioni che regolano casi o materie analoghe, potrebbe essere preso a riferimento per il calcolo dell’emolumento in discussione il compenso del sindaco nel frattempo divenuto presidente della provincia.
c) nel mutato quadro normativo, si potrebbe, da ultimo, ritenere che siano percorribili esclusivamente soluzioni gestionali delle province che privilegino il contenimento dei costi ascrivibili alle società partecipate e agli enti soci (art. 1, comma 728 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006; art. 4 del decreto – legge 6 luglio 2012, n. 95).
Le conclusioni
La Corte rammenta, in ultima analisi che, fermi restando i limiti ai compensi e al numero dei componenti dei consigli di amministrazioni, rimane nella responsabilità delle province l’individuazione di un compenso che tenga comunque in adeguato conto la più generale “ratio” della normativa relativa all’assetto organizzativo e di funzioni, fortemente improntata al contenimento dei costi, stante anche la riduzione delle correlate risorse attribuite ai predetti enti locali.
In altri termini, la concreta scelta gestionale delle Province andrà ora attentamente valutata alla luce del nuovo assetto delle funzioni e alla forte limitazione dei trasferimenti, onde evitare che le già limitate risorse finanziarie vengano assorbite dagli organismi partecipati, anziché essere indirizzate verso le funzioni che permangono in capo ai nuovi enti di area vasta.
Ciò è richiesto, prima ancora che da specifiche norme, dal principio di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97, Cost.) che presiede alla gestione delle risorse pubbliche, anche qualora la medesima gestione avvenga mediante organismi partecipati.
Ne consegue quindi che, il compenso individuale e/o collettivo del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione della società partecipate dalle province, per come individuato sulla base del mutato quadro normativo, non potrà, in nessun modo, essere di ammontare superiore a quello individuato alla luce della previgente disciplina, onde assicurare il perseguimento della più generale finalità della normativa in materia volta alla riduzione di tutti i costi riconducibili agli organismi partecipati.
Stefania Fabris