Il contratto di leasing in costruendo (o locazione finanziaria) ex artt. 180 e 187 D. Lgs. 50/2016 non rileva ai fini dell’indebitamento solamente nel caso in cui vi sia una concreta assunzione di rischi da parte dell’operatore economico, non solo in termini di rischi legati alla realizzazione dell’opera ma anche alla successiva “disponibilità” dell’immobile, il cui utilizzo da parte della P.A. non deve quindi essere certo o garantito, o alla possibile domanda da parte dell’utenza, laddove nella struttura venga poi svolta attività redditizia verso l’esterno.
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia – delibera 30 maggio 2018, n. 89 – Pres. Agostino Chiappiniello; Rel. Camerlina Addesso.
Il quesito – Il Sindaco di un Comune domanda alla Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione Puglia un parere in merito alle modalità di contabilizzazione di un contratto di leasing in costruendo che l’Ente intende concludere per l’ampliamento di una scuola polivalente.
In estrema sintesi il contratto, avente durata ventennale, prevederebbe il pagamento di canoni mensili posticipati da parte dell’Amministrazione, opzione di riscatto finale e rischio di realizzazione dell’opera a totale carico dell’operatore privato.
A fronte di tali condizioni, viene chiesto un parere in merito “alla corretta contabilizzazione del leasing in costruendo dell’opera, precisando che le registrazioni delle scritture contabili per il pagamento del canone avverranno al “Titolo Primo Spesa Corrente” ai sensi degli art. 3 e 180 del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.”
Il parere – La Sezione ritiene, con la delibera n. 89/2018, che la richiesta di parere così formulata sia ammissibile sul piano oggettivo, in quanto afferente alle modalità di contabilizzazione del contratto di leasing in costruendo, tipologia contrattuale rientrante tra le ipotesi di partenariato pubblico privato contemplate dagli artt. 3 lett. e) e 180 d. lgs 50/2016.
Occorre pertanto comprendere se siffatta operazione configuri un indebitamento ai sensi dell’art 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003, che qualifica come tali anche le operazioni di “leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015”, e del paragrafo 3.25 del Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118 del 2011).
Quest’ultimo prevede che: a) il leasing finanziario e i contratti assimilati (leasing immobiliare, leasing in costruendo, sale and lease-back, ecc.) sono contratti di finanziamento; b) ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003, le operazioni di leasing finanziario costituiscono indebitamento; c) per il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, come previsto dal SEC 95, dallo IAS 17 e dalla giurisprudenza consolidata, il leasing finanziario ed i contratti assimilati costituiscono debito che finanzia l’investimento; d) il leasing finanziario e le operazioni assimilate, sono registrate con le medesime scritture utilizzate per gli investimenti finanziati da debito, secondo il c.d. metodo finanziario al fine di rilevare sostanzialmente che l’ente si sta indebitando per acquisire un bene.
La tipologia contrattuale in esame è espressamente disciplinata dal codice dei contratti pubblici sulla base del combinato disposto degli artt. 3 lett. e), 180 e 187 d.lgs 50/2017. Per effetto di siffatto reticolato normativo “ la locazione finanziaria per opere di pubblica utilità (leasing in costruendo) cessa di essere un contratto atipico per divenire uno schema negoziale in forza del quale un soggetto abilitato concede in godimento alla pubblica amministrazione un bene immobile (opera pubblica in costruendo) dietro pagamento, da parte di quest’ultima, di un canone periodico per un determinato numero di anni, al termine dei quali la stessa amministrazione ha il diritto di acquisirne la proprietà, pagando un riscatto di importo predeterminato” (Sezione controllo Lombardia delibera n. 227/2017/PAR).
In merito alla qualificazione dell’operazione come indebitamento ed alle conseguenti modalità di contabilizzazione la Sezione ricorda come sia intervenuta la delibera n.15/SEZAUT/2017/QMIG della Sezione delle Autonomie che, coordinando il disposto dell’art 3, comma 17, l. 350/2003 ed il principio contabile sopra richiamato con la disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici ( art 180 d.lgs 50/2016, l’art 3 lett e del medesimo codice ed i criteri Eurostat ivi richiamati), ha sancito: “le procedure di realizzazione in partenariato di opere e servizi pubblici sono state sistematizzate nel nuovo codice dei contratti pubblici, per cui l’art. 3, comma 17, l. n. 350/2003 e l’esplicitazione che ne fa il punto 3.25 del principio contabile applicato vanno letti anche in combinato disposto con le disposizioni contenute negli art. 3, co. 1 lett. e) e 180 del predetto codice che hanno codificato, rispettivamente, la causa ed il regolamento negoziale generale delle operazioni di partenariato. In particolare rileva l’art. 180 che, nel declinare il regolamento negoziale tipico del partenariato in conformità all’art. 3 comma 1 lett. e), statuisce che il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico, nel rispetto dell’equilibrio economico del contratto, comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi. I contratti nei quali l’allocazione dei rischi rimane in capo all’operatore economico privato, in coerenza con i principi dettati da Eurostat, non devono essere registrati come debiti.”
Pertanto, alla luce dei principi sopra enunciati l’elemento “discriminante per la qualificazione di contratto di PPP non rilevante ai fini dell’indebitamento è l’espressa pattuizione dell’assunzione dei rischi da parte dell’operatore economico. “.
In altre parole, sottolinea la Sezione pugliese, è essenziale che rimanga a carico dell’operatore privato non solo il rischio di costruzione ma anche e soprattutto il rischio di disponibilità o, in caso di attività redditizia verso l’esterno, il rischio di domanda, come definiti dall’art 3 lett b) e lett ccc) d.lgs 50/2016.
La concreta allocazione dei rischi sopra enunciati, peraltro, non può che dipendere dallo specifico contenuto del regolamento negoziale che costituisce lo strumento attraverso il quale viene manovrata la leva del rischio, spostandola a carico del contraente pubblico o di quello privato e determinando, di conseguenza, la qualificazione o meno dell’intera operazione come indebitamento.
E’ pertanto necessario che “l’amministrazione, previa valutazione della convenienza ed economicità dell’operazione, dimostri rigorosamente che i rischi siano allocati in capo al contraente privato, coerentemente con le indicazioni comunitarie. Ciò dovrà risultare sia negli atti preparatori del contratto, sia in modo chiaro e puntuale nel contratto redatto ai sensi dell’art. 180 del codice. Non è sufficiente, insomma, che un contratto venga nominalmente qualificato come contratto di partenariato pubblico privato, né che vi siano clausole di mero stile ma prive di chiaro contenuto esplicativo dei rischi e della loro allocazione tra le parti per escluderne l’annoverazione tra le fonti di indebitamento, con quello che ne consegue in termini di modalità di contabilizzazione, di computo ai fini del calcolo del tetto del debito massimo ammissibile, di responsabilità per quanti contribuiscano a porre in essere atti negoziali elusivi del limite di indebitamento” (cfr. Sezione delle Autonomie delibera n. 15, cit.).
Conclusione –Ecco che, allora, la Sezione adita – pur premettendo di non potersi spingere fino ad un’analisi della concreta operazione economica posta in essere – sottolinea, tuttavia, come, alla luce dei principi sopra richiamati, non sia sufficiente, ai fini dell’esclusione dell’operazione dall’indebitamento, la semplice assunzione da parte dell’operatore privato del rischio di costruzione, essendo necessario che rimangano a carico del predetto anche l’altro rischio che connota l’operazione, il rischio di disponibilità o il rischio di domanda che, a ben vedere, nel caso di specie, concernente una locazione finanziaria di un istituto scolastico, potrebbero non sussistere in quanto il Comune difficilmente potrà fare a meno dell’immobile, né vi sarà evidentemente un rischio legato alla cd. domanda dell’utenza.
Marco Comaschi, avvocato in Alessandria