La Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha posto un punto fermo sulla controversa questione della possibilità di erogare i compensi incentivanti correlati agli atti di pianificazione di cui all’art. 92, commi 5 e 6 del Codice dei contratti (d.lgs. 163/2006) in deroga al principio dell’omnicomprensività, bocciando senza riserve l’apertura interpretativa della Sezione regionale per il Veneto e riconducendo nell’alveo dei compiti istituzionali, rientranti nei normali doveri d’ufficio, tutte quelle attività di pianificazione, come per esempio la redazione di un piano urbanistico generale o attuativo ovvero di una variante, così frequenti nell’ambito delle funzioni degli enti locali, che non risultino strettamente finalizzate alla realizzazione di un’opera pubblica.
La Sezione ha precisato, infatti, che l’atto di pianificazione comunque denominato di cui all’art. 92 va riferito alla materia dei lavori pubblici e di conseguenza limitato esclusivamente all’attività progettuale e tecnico amministrativa collegata alla realizzazione di opere e lavori pubblici.
Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 7 del 15 aprile 2014 – Presidente Squitieri, Relatore Cosa
Il quesito
A seguito del parere richiesto dal Comune di Genova a proposito della corretta interpretazione dell’art. 92, comma 6, del d.lgs. n. 163/2006, la Sezione del controllo della Liguria, ha rimesso la questione al Presidente della Corte dei conti, al fine di sollecitare una pronuncia della Sezione centrale delle Autonomie, attesa la discordanza di opinioni espresse al riguardo da alcune Sezioni regionali di controllo.
In particolare, la Sezione Ligure ha chiesto che la pronuncia del consesso centrale, anticipando peraltro il suo avviso, nel senso che la disposizione richiamata debba essere interpretata in modo restrittivo, vale a dire dando alla locuzione “atto di pianificazione comunque denominato” di cui al citato comma 6, un significato che non può prescindere dalla collocazione sistematica della norma nel Codice dei contratti e, più specificamente, nella Sezione I del Capo IV, dedicata alla progettazione interna ed esterna relativa ai lavori pubblici.
Sicché, gli atti di pianificazione cui si riferisce l’art. 92, devono necessariamente essere collegati alla realizzazione di lavori pubblici, con la conseguenza che i corrispettivi previsti a favore dei dipendenti che materialmente redigono tali atti possono essere erogati in deroga al principio dell’omnicomprensività, soltanto se gli atti stessi risultino strettamente collegati al compimento di opere pubbliche.
Come è noto, allorché sorga una questione di massima in ordine alla interpretazione di una norma che formi oggetto di parere da parte delle Sezioni regionali di controllo, l’ordinamento (art.6, comma 4 del d.l. 174/2012, conv. in l. 213/2012) prevede che il Presidente della Corte dei conti, su istanza della Sezione regionale competente, possa investire la Sezione centrale delle Autonomie, al fine di dirimere la questione stessa, in particolare laddove si registrino difformità di opinioni. In tal caso la decisione assunta dalla Sezione delle Autonomie deve essere fatta propria dalla Sezione regionale remittente.
Invero, sulla questione concernente la corresponsione dell’incentivo nella misura del trenta per cento della tariffa professionale, da ripartirsi secondo modalità e criteri previsti in apposito regolamento, tra i dipendenti dell’amministrazione aggiudicatrice che abbiano redatto un atto di pianificazione “comunque denominato”, hanno avuto modo di pronunciarsi diverse sezioni di controllo regionali (Campania, n. 141 del 2013; Liguria, n. 80 del 2013; Piemonte, n. 290 del 2012; Lombardia, n.452 del 2012; Puglia, n. 1 del 2012; Liguria, n. 109 del 2012 e Toscana, n. 213 del 2011) tutte con un indirizzo restrittivo, in linea anche con un parere dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (parere 22/2012), ritenendo indispensabile per la corresponsione dell’incentivo il compimento di opere pubbliche.
Da ultimo, la Sezione regionale di controllo per il Veneto, con deliberazioni n. 380 e 381 del 2013, andando di contrario avviso al predetto consolidato orientamento, ha affermato che “l’attribuzione di tale incentivo prescinde dal collegamento con la progettazione di un’opera pubblica”. Ad avviso della Sezione Veneto, a tale conclusione conduce una interpretazione letterale della norma in quanto il comma 6… [dell’art. 92 del Codice] ha una valenza più ampia, esprimendo la qualificazione operata dalla vigente normativa dell’attività di pianificazione urbanistica e la similitudine con la progettazione di lavori pubblici che esplicita il necessario collegamento con l’affidamento della progettazione urbanistica: essa rientra, al pari della progettazione delle opere pubbliche, nel Codice dei contratti, tanto che è ricompresa nella categoria degli appalti pubblici di servizi elencati nell’allegato IIA del Codice dei contratti pubblici.
Quindi, continua quella Sezione, è proprio la stessa formulazione letterale che, utilizzando lalocuzione atto di pianificazione “comunque denominato”, lungi dall’autorizzare interpretazioni restrittive, consente di ascrivere all’ambito oggettivo della norma ogni atto di pianificazione, prescindendo dal suo collegamento alla progettazione di un’opera pubblica: anzi, al contrario, il legislatore non ha inteso fare un distinguo tra le tipologie di redazione degli elaborati tecnici, generali o particolari, intendendo utilizzare una dizione sufficientemente generale ed aperta quale “atto di pianificazione comunque denominato”, senza entrare nel merito di ulteriori distinzioni.
Di qui il contrasto interpretativo che ha indotto il collegio ligure a investire gli organi centrali della Corte onde sollecitarne una pronuncia di massima.
L’orientamento della sezione Autonomie
La Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 7, depositata in Segreteria il 15 aprile 2014, ha risolto la questione pronunciandosi in senso restrittivo, conformemente al consolidato orientamento maggioritario e, in particolare, condividendo appieno la tesi argomentativa della Sezione della Liguria.
Ciò, in primo luogo, sulla scorta dell’interpretazione sistematica delle disposizioni di cui trattasi, avuto riguardo alla loro collocazione all’interno del Capo IV “Servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria” – Sez. I “Progettazione interna ed esterna e livelli di progettazione” – del Codice dei contratti ed al fatto che le stesse siano immediatamente precedute dall’art. 90 rubricato “Progettazione interna ed esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici”. L’art. 92, concernente corrispettivi e incentivi per la progettazione, restando nell’alveo della disciplina della progettazione dei lavori pubblici, completa quanto disposto negli articoli precedenti.
Anche la ricostruzione storica della disciplina degli incentivi alla progettazione concorre a dare un significato restrittivo all’interpretazione in questione. E’, infatti, agevolmente riconoscibile nell’art. 92 la previgente formulazione di cui all’art. 18 della legge n. 109/1994 in tema di incentivi e spese per la progettazione.
L’analisi della Sezione delle Autonomie, parte dai due principi cardine dell’omnicomprensività della retribuzione, sancito dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. 165/2001, nonché di definizione contrattuale delle componenti economiche, fissata dal successivo art. 45, comma 1, secondo i quali nulla è dovuto al dipendente che abbia svolto una prestazione rientrante nei suoi doveri d’ufficio, oltre il trattamento economico fondamentale e accessorio;
il ragionamento prosegue individuando nell’art. 92, commi 5 e 6, due distinte ipotesi di incentivazione e due distinte deroghe ai suddetti principi. La prima deroga riguarda la redazione del progetto, del piano di sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, da ripartire per ogni singola opera o lavoro tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione, mentre la seconda deroga riguarda la redazione di un atto di pianificazione comunque denominato, da ripartire tra i dipendenti dell’amministrazione che lo abbiano, in concreto, redatto; entrambe le deroghe riferite alla progettazione di opere pubbliche.
Trattandosi di deroghe, la norma non può che essere di stretta e rigorosa interpretazione. L’autorevole consesso, pertanto, conclude affermando che ai fini della riconoscibilità del diritto al compenso incentivante, è determinante, non tanto il nomen juris attribuito all’atto di pianificazione, quanto il suo contenuto specifico che deve risultare strettamente connesso alla realizzazione di un’opera pubblica, ovvero quel quid pluris di progettualità interna, rispetto ad un mero atto di pianificazione generale, che costituisce il presupposto per l’erogazione dell’incentivo.
L’assenza di tale presupposto rende inammissibile la deroga ai principi prima ricordati in materia di pubblico impiego, vale a dire l’omnicomprensività e la definizione contrattuale delle componenti del trattamento economico, alla luce dei quali, nulla è dovuto oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio stabiliti dai contratti collettivi, al dipendente che abbia svolto una prestazione rientrante nei suoi doveri d’ufficio.
Ad avvalorare la tesi, vengono richiamati i limiti – già precisati dalla stessa Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 16 del 2009 – concernenti le modalità di copertura degli oneri derivanti dall’attribuzione degli incentivi alla progettazione, qualificati spese di investimento e finanziabili, alla luce di quanto disposto dall’art. 93, comma 7, del Codice dei Contratti, nell’ambito dei fondi stanziati per la realizzazione dei singoli lavori negli stati di previsione della spesa e nei bilanci delle stazioni appaltanti.
Conclusioni
La Corte dei conti ha, quindi, posto un punto fermo sulla controversa questione della possibilità di erogare i compensi incentivanti in deroga al principio dell’omnicomprensività, bocciando senza riserve l’apertura interpretativa della Sezione regionale per il Veneto e riconducendo nell’alveo dei compiti istituzionali, rientranti nei normali doveri d’ufficio, tutte quelle attività di pianificazione, come per esempio la redazione di un piano urbanistico generale o attuativo, ovvero di una variante, così frequenti nell’ambito delle funzioni degli enti locali, che non risultino strettamente finalizzate alla realizzazione di un’opera pubblica.
La Sezione delle Autonomie ha precisato, infatti, che l’atto di pianificazione comunque denominato di cui all’art. 92 va riferito alla materia dei lavori pubblici e di conseguenza limitato esclusivamente all’attività progettuale e tecnico amministrativa collegata alla realizzazione di opere e lavori pubblici.
Antonio Scudieri
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