Qualunque intervento economico dell’amministrazione comunale, per potersi qualificare in termini di legittimità, deve necessariamente sottendere alla realizzazione di un significativo interesse proprio della comunità stanziata sul territorio, posto che il Comune è l’ente locale che rappresenta e cura gli interessi della propria comunità.
Un Comune può cofinanziare l’opera di un altro ente locale proporzionalmente all’utilità conseguita dalla sua collettività.
Corte di conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, parere 23 maggio 2019, n. 135. Pres. Diana Calaciura Traina; Magistrato relatore Marco Scognamiglio.
Il quesito – Nel voler dare attuazione alle previsioni contenute nel Piano di assetto del territorio intercomunale (PATI), che prevedono la realizzazione di una viabilità d’interesse sovracomunale, un Comune chiede alla Corte dei conti un parere in merito alla possibilità di erogare ad un altro Comune, in base ad una convenzione che disciplini i reciproci rapporti, un contributo a fondo perduto finalizzato alla realizzazione di un’opera pubblica, rilevante per il conseguimento, da parte del Comune richiedente, di un interesse pubblico per la comunità.
Il parere – Il quesito formulato può essere inquadrato, da un punto di vista generale, nella tematica della possibile destinazione di fondi comunali ad interventi relativi a beni di proprietà di un soggetto giuridico diverso. Peraltro il caso di specie presenta, come precisato dalla Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione Veneto con il parere 135/2019, peculiarità di assoluta rilevanza. Si è dinnanzi infatti ad un intervento su rete stradale all’interno degli enti di una “comunità metropolitana”.
Ebbene, premesso che il Comune, secondo l’art. 13 del TUEL, esercita tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, in particolare nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, sotto il profilo inerente alla gestione della rete stradale, ai sensi dell’art. 14 del Codice della strada lo stesso Ente è chiamato, quale ente proprietario delle strade, a provvedere alla loro manutenzione, gestione e pulizia, comprese le loro pertinenze e arredo, nonché attrezzature, impianti e servizi al fine di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione.
Regola che, del resto, era già contenuta nell’art. 39 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 (Legge sulle opere pubbliche) – allegato F, che pone infatti a carico dei comuni gli oneri di “costruzione, sistemazione e mantenimento” delle strade comunali così come specularmente l’art. 37 pone a carico delle province i medesimi oneri relativi alle strade provinciali.
Nell’ambito di tale quadro normativo vengono poi ad articolarsi i rapporti giuridici entro cui il Comune intende realizzare lo spostamento patrimoniale di cui trattasi, i quali traggono le mosse da un accordo stipulato nel 2003 tra una Provincia ed alcuni Comuni al fine di coordinare azioni ed interventi ed ottimizzare le risorse.
In tale contesto, è stato approvato un Piano di assetto del territorio intercomunale redatto alla luce delle disposizioni normative contenute nella nuova legge urbanistica regionale n. 11 del 23 aprile 2004.
Il Comune istante vuole così stipulare, nell’ambito definito dal PATI, una convenzione con il Comune capoluogo di Provincia.
Appare qui implicito il richiamo alle convenzioni di cui all’art. 30 del TUEL, che costituiscono un’ipotesi speciale di accordi tra Pubbliche amministrazioni, istituto di carattere generale contemplato dall’art. 15 legge 7 agosto 1990, n. 241. Esse realizzano una forma di partenariato cosiddetta di tipo debole che, diversamente dal partenariato di tipo forte, non si concretizza nella costituzione di un soggetto fornito di una veste giuridicamente autonoma rispetto a quella dei soggetti contraenti.
Le convenzioni ex art. 30 TUEL sono pertanto riconducibili a contratti di diritto pubblico, che istituiscono una forma di cooperazione tra gli enti locali per l’esercizio di funzioni amministrative comuni. Nel caso in questione lo strumento, già di per sé pienamente legittimo per regolare i rapporti reciproci tra enti locali in ordine ad azioni di interesse comune, si inserisce peraltro in una cornice precostituita, rappresentata dal PATI, che dovrebbe garantire possibilità di ponderazione di costi e benefici nell’interno di un quadro di interventi coordinato e concordato nell’ambito dello stesso territorio.
Peraltro, afferendo all’esercizio di funzioni amministrative fondamentali degli Enti locali, le convenzioni ex art. 30 TUEL non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di contratti pubblici, in quanto non lesive del principio di concorrenza (Corte Giustizia U.E., Grande Sezione, 19 dicembre 2012, in C-159/11).
In relazione a tale profilo, la Corte rimarca l’opportunità di valorizzare lo strumento convenzionale, per definire con precisione le reciproche obbligazioni, al fine di evitare il rischio che l’ente si ritrovi esposto a situazioni non programmate.
Inquadrata così la fattispecie, la Sezione passa quindi a stabilire se sia possibile lo spostamento patrimoniale da un ente all’altro per finalità d’interesse della collettività dei cui interessi l’ente contributore è rappresentativo, ma per interventi da realizzarsi entro l’ambito di competenza dell’ente sovvenzionato.
La giurisprudenza contabile, nell’esercizio della propria funzione consultiva, ha avuto modo di elaborare da tempo il principio generale per il quale, se l’azione è intrapresa al fine di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal Comune, l’erogazione di un finanziamento non può equivalere ad un depauperamento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico o di interesse pubblico, effettuato dal soggetto che riceve il contributo (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazioni n. 262/2012/PAR, 262/2014/PAR e 279/2015/PAR, Sezione regionale di controllo per il Piemonte deliberazione n. 29/2016/PAR).
Dunque, sotto tale profilo “il baricentro dell’attenzione circa il corretto impiego delle risorse pubbliche si è ormai attestato in correlazione con l’effettiva realizzazione di un interesse pubblico (riferibile all’ente interessato) a prescindere dal formale soggetto destinatario in via diretta dell’attribuzione patrimoniale” (29/2016/SRCPIE/PAR cit.).
In ordine alla qualificazione soggettiva del percettore del contributo comunale, o comunque del beneficiario dell’intervento del Comune, la giurisprudenza consultiva della Corte dei conti ha precisato che la natura pubblica o privata del soggetto che riceve l’attribuzione patrimoniale è indifferente, se il criterio di orientamento è quello della necessità che l’attribuzione avvenga allo scopo di perseguire i fini dell’ente pubblico; chiarendo peraltro che ogniqualvolta l’Amministrazione ricorra a soggetti privati per raggiungere i propri fini (e, conseguentemente, riconosca loro benefici di natura patrimoniale) le cautele debbono essere maggiori, rispetto ai casi in cui vengano in rilievo enti pubblici, anche al fine di garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione che debbono caratterizzare l’attività amministrativa (279/SRCLOM/2015 cit.).
Infine, va considerato che qualunque genere di intervento economico dell’amministrazione comunale, per potersi qualificare in termini di legittimità della sottostante azione, deve necessariamente sottendere alla realizzazione di un significativo interesse proprio della comunità stanziata sul territorio, posto che il Comune è l’ente locale che rappresenta e cura gli interessi della propria comunità (29/2016/SRCPIE/PAR cit.).
Nel caso specifico, infatti, il contributo dovrebbe andare a beneficio non esclusivo della collettività di riferimento dell’ente erogatore, ma anche di quella insediata presso un differente territorio. In sostanza, una parte delle risorse a disposizione dell’ente andrebbe a beneficio di una collettività i cui interessi non sono rappresentati dall’ente. Ciò – sottolinea la Sezione – può considerarsi legittimo se e nella misura in cui l’impegno finanziario del Comune contributore sia proporzionato al beneficio che ne trae la propria collettività di riferimento.
Per come rappresentata dal Comune istante la vicenda realizza da un punto di vista economico una negoziazione di esternalità positive, poiché l’ente che dovrebbe investire da solo sulla propria viabilità genererebbe così facendo un vantaggio per l’ente limitrofo e dunque convenientemente quest’ultimo, tramite lo strumento convenzionale, provvede allora ad accollarsi il relativo onere, cosa che consente la realizzazione dell’intervento ritenuto altrimenti non sufficientemente vantaggioso dal Comune proprietario del tratto.
Spetterà, pertanto, al Comune valutare che l’esposizione finanziaria aggiuntiva sia proporzionata all’effettivo beneficio della collettività del cui interesse esso è esponenziale, affinché l’operazione non si concretizzi in un depauperamento del patrimonio dell’ente, che sarà da ritenersi tale solo in quanto non bilanciato dal relativo beneficio atteso.