Il controllo di regolarità contabile si estende anche alla legittimità della spesa ovvero alla sua conformità a leggi e regolamenti.

Corte dei conti, sez. giurisdizionale per la Regione Puglia, sentenza n. 617 del 6 settembre 2018; Pres. M. Orefice, Est. V. Reali.

A margine

I giudici contabili delineano in modo chiaro e preciso il contenuto del controllo di regolarità contabile, chiarendo che non consiste nella mera attestazione dell’esatta imputazione della spesa al pertinente capitolo di bilancio e nel riscontro della capienza del relativo stanziamento, ma si estende alla legittimità della procedura di spesa.

In particolare, i giudici contabili rilevano che il responsabile del servizio finanziario, in sede di verifica di regolarità contabile, è tenuto a valutare la correttezza sostanziale della spesa proposta (Corte conti sez. II 104/1994), in quanto il parere di regolarità contabile investe anche e soprattutto la legittimità della spesa (sez. giur.le per la Puglia 207/2006, sez. giur.le per la Toscana 114/2010).
Alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche deve inferirsi che quella del responsabile del servizio finanziario sulle determinazioni di spesa non può mai ridursi ad un’attività pseudo “notarile”, con cui il detto responsabile si limita a prendere atto della volontà aliunde formatasi e verso la quale è sprovvisto di qualsiasi potere di intervento (Sezione Giur.le Puglia, sentenza n. 86/2015, Corte dei conti, Sez. Giur. Puglia, 20 ottobre 2016, n.384).

La figura del responsabile del servizio economico finanziario è disciplinata dall’art. 153 comma 3 del TUEL, il quale distingue la possibilità di una figura unica o articolata, sulla base di apposita regolamentazione contabile; ciò significa che è possibile ove il regolamento lo preveda, -consentendolo la legge- che tale figura sia scissa tra soggetti diversi, poiché, come vedremo, sono finalisticamente diverse le due tipologie di controllo finanziario e contabile, esercitate rispettivamente dal responsabile del servizio finanziario e di ragioneria. Ovviamente nulla vieta, come nella maggior parte dei casi, che tali funzioni siano riunite in una unica figura, ma questo non smentisce la relativa diversità delle due funzioni, delle corrispondenti posizioni organizzative e delle conseguenti responsabilità  amministrativo-contabili ed organizzative.
Difatti, ciò è stato percepito e confermato dalla giurisprudenza amministrativa e contabile sin dalla emanazione della legge 142/1990: “ il parere di cui all’art. 53 della legge 142/1990 richiesto al responsabile di ragioneria è atto sostanzialmente diverso dall’“attestazione” che il medesimo o altro funzionario è chiamato a rilasciare, ed invero mentre il primo consiste in una valutazione in ordine alla regolarità contabile della deliberazione sottoposta ad esame, la seconda si concreta in una verificazione più specifica, concernente la copertura finanziaria del relativo impegno” TAR PA sez. II 231/1994.
Tali pareri svolgono una funzione consultiva di controllo sebbene non vincolante per gli organi rappresentativi: “ i pareri ex art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142 (oggi, art. 49 t.u.e.l.) resi dal responsabile del servizio, dal responsabile del settore ragioneria e dal segretario comunale sui progetti di deliberazioni spettanti ai corpi rappresentativi del comune, non pongono alcun limite alla potestà deliberante di questi ultimi – i quali ben possono liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni una volta resi detti pareri – perché, diversamente argomentando, si finirebbe con l’attribuire agli organi consultivi l’effettivo potere d’amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica di determinazioni altrui. Essi, pertanto, sono unicamente preordinati all’individuazione sul piano formale, dei funzionari che li formulano, della responsabilità eventualmente in solido con i componenti degli organi politici in via amministrativa e contabile.” TAR NA sez.III 7878/2007.

In relazione alla ritenuta differenza tra parere di regolarità contabile, previsto per le deliberazioni degli organi rappresentativi, in quanto atti collegiali, e visto di regolarità contabile, come nel caso che ci occupa, sulle determinazioni dei responsabili dei servizi e degli altri soggetti abilitati, in quanto atti monocratici, può certamente affermarsi che essa è solamente apparente e relativa ad una visione formalistica, non rispondente alla realtà giuridica sostanziale, come confermato dalla giurisprudenza costituzionale, in cui si è affermato che lessicalmente il termine deliberazione “sin dall’antichità” può riferirsi indifferentemente sia ad atti collegiali che monocratici, visto che spesso il legislatore stesso riferisce tale definizione in termini indifferenziati agli uni o agli altri; si veda Corte costituzionale 38 e 39 /1979, e confermato anche dalla giurisprudenza amministrativa Cons. di Stato sez. IV 1129/1977 e 701/1978, Cons. di Stato sez.V 8400/2009: “la parola “deliberazione”, designa, da sempre, le risoluzioni adottate sia da organi collegiali sia da organi monocratici, nell’intento di rendere pubblici tutti gli atti degli enti locali di esercizio del potere deliberativo, indipendentemente dalla natura collegiale o meno dell’organo emanante”.
Il visto di regolarità contabile congiunto all’attestazione di copertura finanziaria è requisito di esecutività dell’atto amministrativo, ossia della sua efficacia giuridica; ciò significa che in sua assenza, anche in presenza della sola attestazione di copertura finanziaria, l’atto non è esecutivo e conseguentemente è nullo o inefficace.
Deve a questo punto chiarirsi cosa si intenda per controllo contabile e finanziario.

L’art. 184, comma 4, del TUEL sopra citato, il quale nella fase di controllo da parte dell’ufficio economico finanziario delle determinazioni di impegno e liquidazione di spesa, prevede che esso effettui i controlli ed i riscontri amministrativi e contabili secondo i principi della contabilità pubblica, recentemente introdotti con l’armonizzazione dei sistemi contabili, ma non solo.
Infatti, non si può non considerare la norma che stabilisce un importante principio fondamentale in materia, individuando e distinguendo il controllo finanziario relativo all’attestazione della copertura finanziaria, da quello contabile, è l’art. 20 del R.D.1214/1934 TU Corte dei conti, ove si prevede: “La Corte vigila perché le spese non superino le somme stanziate nel bilancio e queste si applichino alle spese prescritte, perché non si faccia trasporto di somme non consentite per legge, e perché la liquidazione e il pagamento delle spese siano conformi alle leggi e ai regolamenti”. Tale norma che si applica all’attività di controllo della Corte dei conti e definisce il concetto di contabilità pubblica, per la sua ampia definizione, si configura come riferimento fondamentale per i concetti di regolarità finanziaria e contabile, tale che, per la sua generalità è estensibile a qualsiasi organo pubblico che svolga tali funzioni; dunque per regolarità contabile deve intendersi legittimità della spesa, ossia conformità di essa alle leggi ed ai regolamenti.
In conclusione sul punto, la verifica ai fini dell’attestazione del responsabile del servizio finanziario coincide sostanzialmente con la prima parte dell’art. 20 cit., riferita al controllo finanziario, in cui egli deve verificare la copertura finanziaria, confrontando l’impegno di spesa con lo stanziamento contenuto nello specifico capitolo o intervento del bilancio di previsione; la corretta imputazione dell’impegno rispetto all’oggetto del capitolo di spesa; che non si siano fatte variazioni di bilancio non autorizzate,oltre la scontata competenza dell’organo che ha emesso il provvedimento, la quale attiene piuttosto alla legittimità dell’atto amministrativo che all’aspetto finanziario. Diversa funzione conseguentemente, ha il parere o visto di regolarità contabile riferito alla seconda parte dell’art. 20, che si configura come un vero e proprio controllo di legittimità della spesa rispetto alla legge e alle altre fonti normative,quindi trattasi di due funzioni ben distinte.

Ruggero Tieghi


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