IN POCHE PAROLE…
Nessun divieto di incarico dei pensionati a Difensore civico regionale, e alla titolarità di altri uffici di garanzia
Corte dei conti, sezione di controllo per la Liguria, 20 dicembre 2022, deliberazione n. 60-2022-PAR, Pres. Polverino, Rel. Cosentino
Gli incarichi riferibili alle figure di garanzia non possono essere assimilati agli incarichi vietati dall’art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 ai soggetti in quiescenza (“ incarichi di studio e consulenza”, “incarichi dirigenziali o direttivi”, “cariche in organi di governo”), e, non essendo consentite interpretazioni estensive o analogiche della detta disposizione, non possono essere ricompresi nel divieto normativo ivi previsto.
A margine
Il caso – Il Presidente del Consiglio regionale della Liguria chiede alla Corte dei conti se il divieto previsto dall’art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, di attribuire incarichi retribuiti di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza ovvero di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni e degli enti e società da esse controllati, trovi o meno applicazione anche in relazione ai soggetti da nominare negli organi di garanzia previsti dalle leggi regionali, in particolare, al Difensore civico regionale, al Garante regionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, al Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e al Garante regionale per la tutela delle vittime di reato.
Il parere
Ad avviso della Corte si tratta di verificare se gli incarichi riferibili alle figure di garanzia elencate, astrattamente non ricompresi nel divieto normativo succitato in quanto non rientranti nell’elencazione tassativa della norma, comportino o meno lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati.
Soccorrono, sul punto, le norme regionali che disciplinano le figure di garanzia oggetto della richiesta di parere: per il Difensore civico regionale, la legge regionale 5 agosto 1986, n. 17, per il Garante regionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la legge regionale 24 maggio 2006, n. 12, per il Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, la legge regionale 1 giugno 2020, n. 10 e per il Garante regionale per la tutela delle vittime di reato, la legge regionale 1 giugno 2020 n. 11.
Dall’esame delle suddette norme regionali risulta che trattasi di figure assimilabili a quelle delle “Autorità indipendenti”, categoria volta a ricomprendere enti/organi pubblici caratterizzati da un elevato grado di autonomia (organizzatoria, finanziaria e contabile) e dalla mancanza di controlli e soggezione al potere direttivo del governo.
Detti soggetti sono, altresì, forniti di garanzie di autonomia nella nomina, nei requisiti soggettivi e nella durata delle cariche.
Trattasi, in via generale, di soggetti pubblici investiti di funzioni tutorie di interessi costituzionali in campi socialmente rilevanti che, per la loro posizione di equidistanza e neutralità rispetto agli interessi su cui la loro attività incide e per la competenza professionale richiesta per l’esercizio delle loro funzioni, sono sottratti, dal punto di vista ordinamentale e funzionale, al controllo e all’indirizzo del potere politico.
Tali caratteristiche non escludono che dette autorità, nel loro operato, siano competenti a svolgere anche funzioni prettamente amministrative; tuttavia, anche nell’esercizio di dette funzioni operano in posizione neutrale e terza rispetto agli interessi in gioco agendo secondo canoni di condotta diversi da quelli che caratterizzano, normalmente, l’agire amministrativo.
Al riguardo, la Corte costituzionale, nella sentenza 482/1995, ha chiarito che “le attribuzioni dell’Autorità non sostituiscono né surrogano alcuna competenza di amministrazione attiva di controllo; esse esprimono una funzione di garanzia, in ragione della quale è configurata l’indipendenza dell’organo”.
Per le motivazioni suesposte, la Corte conclude che gli incarichi riferibili alle figure di garanzia oggetto del quesito proposto, non possono essere assimilati agli incarichi vietati dalla norma citata (“ incarichi di studio e consulenza”, “incarichi dirigenziali o direttivi”, “cariche in organi di governo”), e, non essendo consentite interpretazioni estensive o analogiche della detta disposizione, non possono essere ricompresi nel divieto normativo ivi previsto.
La finalità del divieto – La norma, che nell’originaria formulazione aveva un fine anticorruttivo (poiché vietava il conferimento di incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza per lo svolgimento delle medesime attività poste in essere nel periodo precedente il pensionamento), con le modifiche successive assume la duplice ratio di favorire il ricambio generazionale e di contenere la spesa pubblica, come sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza_124_2017, che collega la norma “..al carattere limitato delle risorse pubbliche che giustifica la necessità di una predeterminazione complessiva- e modellata su un parametro prevedibile e certo- delle risorse che l’amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni”.
Sulla portata di tale disposizione normativa sono intervenute le circolari della Funzione Pubblica (circolare 6/2014 integrata dalla circolare 4/2015) che hanno sottolineato che “la disciplina in esame pone puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione ed è esclusa l’interpretazione estensiva o analogica (…). Gli incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati(…)”.
L’interpretazione restrittiva della disposizione normativa è anche dettata dall’esigenza di evitare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, che ammette limitazioni a carico dei soggetti in questione purché imposte in relazione ad un apprezzabile interesse pubblico (sentenze della Corte cost.le n. 566 del 1989 , n. 406 del 1995 e n. 33 del 2013).
Dalle pronunce delle Sezioni di controllo si evince, infine, l’ulteriore principio secondo cui, al fine di stabilire se un certo incarico ricada o meno nel divieto normativo di cui all’art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012, occorre prescindere dal nomen juris utilizzato e guardare alla concreta funzione assegnata al soggetto incaricato (tra le altre, Sez. reg.le di controllo per la Sardegna 139/2022/PAR).