Gli enti locali devono rispettare, anche dopo le modifiche recate dalla L. 145/2018, i vincoli del pareggio di bilancio in termini di equilibrio finale, con la conseguenza che la permanenza della vigenza di tale regola dettata dalla L. 243/2012 (rinforzata) limita la possibilità di ricorrere alla contrazione di indebitamento per il finanziamento degli investimenti.

Corte dei conti, Sezioni riunite in sede di controllo,  deliberazione 17 dicembre 2019, n. 20/SSRRCO/QMIG/2019, Presidente  Buscema, Relatori Petrucci e Centrone

A margine

Così si sono espresse, recentemente, le Sezioni Riunite in Sede di controllo della Corte dei conti, con la pronuncia n° 20/SSRRCO/QMIG/2019, a seguito della rimessione operata dalla Sezione Regionale di Controllo del Trentino Alto Adige, che avevo posto all’attenzione del supremo consesso un’importante problematica interpretativa, legata al raccordo tra le due disposizioni citate.

Secondo la L. 145/2018, infatti, «gli enti … si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo. L’informazione di cui al periodo precedente è desunta, in ciascun anno, dal prospetto di verifica degli equilibri allegato al rendiconto della gestione».

L’ applicazione di tale disposizione, peraltro, è stata differita all’anno 2021 per le Regioni a Statuto ordinario (nonché subordinata nell’efficacia al raggiungimento di un’intesa in sede di Conferenza permanente), mentre trova applicazione immediata, già nell’esercizio in corso (2019), per le Regioni a Statuto speciale, per le Province autonome di Trento e Bolzano, le Città metropolitane, le Province e i Comuni.

La disciplina indicata ha dato seguito ai pronunciamenti della Corte Costituzionale (n° 247/2017 e n° 101/2018) che hanno considerato rilevante, ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, l’utilizzo del risultato di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa nel rispetto delle disposizioni previste dal D.Lgs. 118/2011, risolvendo così le criticità precedentemente sorte, soprattutto in relazione alla gestione degli investimenti.

Tuttavia, nell’ordinamento, permane la previsione di cui alla L. 243/2012, tra l’altro legge rinforzata per l’attuazione del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81 della Costituzione  e del Fiscal Compact (non esplicitamente abrogata dalla L. 145/2018 anche per il diverso quorum richiesto), secondo la quale «i bilanci delle regioni, dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, conseguono un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato ai sensi dell’articolo 10».

Proprio dai vincoli europei parte la recente pronuncia del supremo consesso, la quale evidenzia che, per raggiungere gli impegni assunti in sede europea, lo Stato deve garantire, annualmente, i bilanci degli enti compresi nel settore “pubblico”, previo consolidamento da effettuare secondo i criteri di stampo economico propri del SEC 2010, non presentino disavanzi eccessivi.

In tale quadro di riferimento, per dare attuazione al “Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria”, stipulato nel 2012, la legge costituzionale n. 1/2012, ha riscritto interamente l’art. 81 della Costituzione e, dopo aver affermato la clausola generale dell’equilibrio del bilancio dello Stato, ha previsto, al sesto comma, che «le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale».

La medesima legge costituzionale n° 1/2012, nel comma premesso all’art. 97 della Costituzione, ha prescritto che tutte le “pubbliche amministrazioni” (territoriali e non) devono assicurare “l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”, anche “in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea”, inciso che sottolinea come la prospettiva dell’equilibrio dei bilanci e della sostenibilità del debito abbia, anche, un ancoramento sovranazionale.

La L. 243/2012 si ispira alla medesima prospettiva, precisando che i documenti di programmazione finanziaria e di bilancio dello Stato devono stabilire, ogni anno, gli obiettivi del saldo del “conto consolidato”, articolato per “sottosettori” (fra i quali sono comprese le “amministrazioni locali”, aggregato proprio del SEC 2010, che comprende anche gli enti territoriali), in modo da assicurare, fra l’altro, il conseguimento del prescritto “obiettivo di medio termine”, da intendersi come il «valore del saldo strutturale individuato sulla base dei criteri stabiliti dall’ordinamento dell’Unione europea».

L’art. 9 di tale disposizione si pone in termini di attuazione della medesima disciplina, prevedendo che i bilanci degli enti territoriali si considerino in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, conseguano un saldo non negativo, in termini di competenza fra le sole “entrate e spese finali” (titoli 1, 2, 3, 4 e 5 degli schemi di bilancio del D.Lgs. 118/2011, per le “entrate finali”; titoli 1, 2 e 3, per le “spese finali”), e quindi non fra tutte le entrate e tutte le spese.

Siffatta normativa esclude, pertanto, la rilevanza, oltre che delle entrate e delle spese per servizi in conto terzi e partite di giro, di quelle da “accensione di prestiti” (titolo 6) e da “anticipazioni da istituto tesoriere” (titolo 7), nonché delle spese per “rimborso di prestiti” (titolo 4) e per “chiusura anticipazioni di tesoreria” (titolo 5), che, come detto, costituendo mere partite finanziarie, non rilevano ai fini del “conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche”.

In ragione della descritta strutturazione contabile, l’equilibrio richiesto dal ridetto art. 9 impatta pure sulle eventuali operazioni di contrazione di debito che i singoli enti territoriali intendano effettuare, dal momento che il ricorso a finanziamenti rientranti in tali tipologie (destinati al finanziamento degli investimenti) determina un peggioramento del saldo finanziario rilevante.

In tale contesto normativo, si inseriscono l’art. 1, commi 819 e seguenti, della L. 145/2018, dettati ai fini della tutela economica della Repubblica, per effetto dei quali, a decorrere dall’anno 2019, le regioni a statuto speciale, le province autonome di Trento e di Bolzano, le città metropolitane, le province e i comuni si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo, con un’informazione da desumersi dal prospetto di verifica degli equilibri.

La L. 145/2018 precisa, inoltre, tenendo conto dei principi di diritto affermati dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 247/2017 e n. 101/2018, che gli enti territoriali utilizzano il risultato di amministrazione ed il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa nel rispetto delle disposizioni previste dal D.Lgs. 118/2011.

Il complesso quadro normativo illustrato evidenzia come la disciplina dell’equilibrio finanziario complessivo degli enti territoriali (in ultimo disciplinato dalla L. 145/2018) non può essere sovrapposto con la normativa in tema di “pareggio di bilancio” (o “saldo di finanza pubblica”), funzionale all’osservanza degli obiettivi posti in sede europea, non potendo, peraltro, la stessa legge determinare il superamento delle prescrizioni dell’art. 9 della L. 243/2012, in virtù dei limiti posti al legislatore ordinario dall’art. 81, sesto comma, della Costituzione.

I risultati a cui giungono i due aggregati normativi presentano significative differenze, come emerge, per esempio, con riferimento alle spese per “rimborso di prestiti”, che, non costituendo “spese finali”, non rilevano ai fini del conseguimento del “pareggio” prescritto dalla L. 243/2012, mentre impattano sugli equilibri finanziari complessivi richiesti dal D.Lgs. 118/2011 e dal D.Lgs. 267/2000.

Parallelamente, le “accensioni di prestiti” rilevano ai fini dell’equilibrio finanziario complessivo del singolo ente territoriale ma non sono considerate per il conseguimento del “pareggio” richiesto dalla L. 243/2012 e costruito secondo i criteri propri del Sistema europeo dei conti.

In caso di ricorso a entrate da mutuo, pertanto, l’ente territoriale contraente deve comunque conseguire anche il “pareggio” richiesto dalla L. 243/2012, che, tuttavia, non considera le entrate da debito (mentre conteggia le spese di investimento da quest’ultimo coperte, imputate al medesimo o a successivi esercizi).

Di conseguenza, l’ente territoriale, al fine di conseguire anche il richiesto “pareggio”, deve dare “copertura” agli impegni di spesa finanziati dal debito con incrementi di “entrate finali” o riduzioni di “spese finali”, nell’esercizio in cui ha acceso il prestito o, eventualmente, anche nei successivi.

Rispetto al ricorso all’indebitamento rileva altresì l’art. 10 della L. 243/2012, il quale stabilisce che le operazioni di indebitamento (necessariamente finalizzate a investimenti, ex art. 119, sesto comma, Cost.), nonché quelle di investimento realizzate attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, devono essere effettuate sulla base di apposite intese, concluse in ambito regionale, che garantiscano, per l’anno di riferimento, il rispetto del saldo non negativo di competenza tra le entrate finali e le spese finali del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la regione medesima.

In assenza di intese regionali (ovvero di patti nazionali) che permettano all’ente che intende finanziare un investimento mediante il ricorso al debito di acquisire “spazi finanziari” da altri enti della medesima regione o dallo Stato, l’onere di conseguire il “pareggio” ricade interamente sul singolo ente territoriale (nonché su tutti gli altri enti territoriali della regione), restringendo conseguentemente la possibilità di contrarre mutui o altre forme di indebitamento.

Ecco perché la pronuncia conclude affermando la permanenza dell’obbligo, in capo agli enti territoriali, di rispettare il “pareggio di bilancio” sancito dall’art. 9 della L. 243/2012, anche quale presupposto per la legittima contrazione di indebitamento finalizzato a investimenti, da interpretare secondo i principi di diritto enucleati dalla Corte costituzionale, che hanno consentito l’integrale rilevanza di risultato di amministrazione applicato e fondo pluriennale vincolato.


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