La possibilità di conferire un incarico dirigenziale con un contratto di diritto privato, contemplata dall’art. 110 d.lgs n. 267/2000, costituisce un’eccezione rispetto al modello preferenziale del contratto di diritto pubblico.
In caso di conferimento di un incarico dirigenziale ai sensi dell’art. 110 co. 3 l’Amministrazione è obbligata ad allineare il trattamento economico riconosciuto all’incaricato alle retribuzioni previste dalla contrattazione collettiva per il personale degli enti locali, ferma restando la possibilità di riconoscere una specifica indennità ad personam in presenza delle condizioni contemplate dalla norma.
E’ illegittima e fonte di danno erariale l’erogazione, a favore del dirigente assunto con contratto di diritto privato ai sensi dell’art. 110 d.lgs. n. 267/2000, del rimborso delle spese di viaggio per il raggiungimento della sede di servizio
Corte dei conti, Sez. giur. Friuli V.G., sentenza 16 dicembre 2013, n. 1. Pres. Simeon, Est. Di Lecce. Friuli 1-2013
Commento – La Sezione friulana nella pronuncia in rassegna ha affrontato il caso di un’ipotesi di danno erariale correlato all’eccessivo quantum riconosciuto a titolo retributivo dalla Giunta di una Comunità Montana ad un dirigente incaricato ex art. 110 co.3 d.lgs n. 267/200 per l’espletamento delle funzioni di Direttore generale e Segretario della Comunità stessa.
Occupandosi della vicenda i giudici contabili, dopo aver evidenziato che la possibilità di conferire un incarico dirigenziale con un contratto di diritto privato, ai sensi del citato art. 110, costituisce un’eccezione rispetto al modello preferenziale del contratto di diritto pubblico, essendo richiesta l’assunzione di una deliberazione motivata a giustificazione dell’opzione privatistica, hanno statuito che l’Amministrazione nell’ipotesi in cui intenda ricorrere a tale tipologia di contratto ha il dovere di fissare il trattamento economico da corrispondere all’incaricato in linea con le retribuzioni previste dalla contrattazione collettiva per il personale dipendente assunto a seguito di concorso. Secondo il collegio dunque l’Amministrazione conferente non può fissare una base retributiva superiore a quella stabilita dai C.C.N.L. e dai contratti decentrati, posto che il comma 3 del menzionato art. 110 fissa l’ineludibile principio dell’ “equivalenza” del trattamento economico dei dirigenti assunti con incarichi a contratto a quello previsto per i dirigenti assunti a seguito di rituale procedura concorsuale, il che esclude quindi che la Giunta di un ente locale possa agire senza vincoli nella determinazione del compenso delle prestazioni dirigenziali. I giudici contabili contestualmente peraltro hanno precisato che la specificità della posizione dirigenziale in questione avrebbe potuto giustificare, ai sensi dell’ art. 110, co. 3, D.Lgs. n. 267/2000, la corresponsione di un’indennità aggiuntiva atta a compensare le più impegnative funzioni e le maggiori responsabilità proprie della figura del Direttore generale con funzioni di Segretario nonché la specifica professionalità richiesta per l’espletamento di tale incarico, indennità che peraltro la Giunta non aveva ritenuto di conferire.
In ragione della suddetta circostanza la Sezione friulana ha ritenuto di poter valutare, ai fini della determinazione dell’esatto danno risarcibile, il valore delle utilità comunque acquisite dall’ente e dalla comunità amministrata in ragione delle complesse funzioni svolte dal nominato dirigente.
Secondo il ragionamento sviluppato dal giudice contabile, dunque, l’ente locale ha la possibilità di riconoscere al dirigente a contratto, oltre al trattamento retributivo base, un’indennità ad personam in presenza delle condizioni legittimanti previste dalla legge (specificità delle qualifiche professionali e culturali, correlazione al bilancio dell’ente, esclusione per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari), ma giammai può stabilire un trattamento economico fondamentale superiore a quello ammesso dalla contrattazione collettiva.
La Sezione ha inoltre ritenuto fonte di danno erariale l’erogazione, a favore del dirigente a contratto, del rimborso delle spese di viaggio per il raggiungimento della sede di servizio, prevista dalle clausole negoziali del contratto stipulato dalla Comunità Montana con il predetto dirigente. La Sezione ha osservato che l’antigiuridicità della fattispecie e l’ingiustizia del danno per la Comunità Montana discendono dalla considerazione che nel contratto collettivo di riferimento – fonte che ai sensi del richiamato art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000, dettava il parametro di riferimento per la definizione, in termini di “equivalenza”, della parte retributiva del contratto di diritto privato avente ad oggetto il conferimento dell’incarico dirigenziale – non v’era alcuna previsione che potesse legittimare il rimborso delle spese di viaggio sostenute per il raggiungimento della sede di servizio.
I giudici contabili nella fattispecie hanno ritenuto che dei danni derivanti dall’eccessività della retribuzione corrisposta al dirigente e dall’indebito rimborso spese dovesse risponderne in via principale proprio il dirigente incaricato, stimando che costui fosse stato il sostanziale regista dell’operazione dannosa, avendo egli serbato un comportamento illecito doloso sin dall’avvio delle trattative volte a definire il quantum della propria retribuzione con prosecuzione della condotta contra legem in fase di attuazione del contratto, avendo il medesimo (nonostante il ruolo di Segretario – Direttore Generale) persistito nel suo atteggiamento volto a omettere ogni informazione ai componenti della Giunta circa i parametri normativi dettati dall’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 in materia di determinazione del contenuto economico degli incarichi a contratto e circa l’illegittimità delle previsioni economiche contenute nel contratto autorizzato con deliberazione della Giunta della Comunità montana.
Ad avviso del collegio il dirigente era consapevole dei vizi di legittimità della delibera di Giunta e della conseguente dannosità dei pagamenti effettuati in attuazione della suddetta decisione in ragione dell’ampia e comprovata professionalità maturata in materia di diritto degli enti locali e della conoscenza approfondita dei meccanismi di determinazione della retribuzione dimostrata già in occasione della copertura di precedenti incarichi (Direttore generale – segretario presso altra Comunità montana).
Il dirigente incaricato a contratto è quindi stato condannato a risarcire in via principale i danni arrecati all’amministrazione in ragione della condotta dolosa fonte di indebito arricchimento, mentre i componenti della Giunta che autorizzarono la stipula del contratto in questione, unitamente al dirigente dell’ Area Tecnica che svolse –in via del tutto episodica- il ruolo di segretario della Giunta, sono stati condannati in via sussidiaria ciascuno al risarcimento di una quota del danno complessivo.
Adriano Gribaudo*
* magistrato della Corte dei conti