Il procedimento di liquidazione di una partecipazione societaria non strettamente necessaria alle finalità istituzionali di un ente pubblico ai sensi dell’art. 1, commi 27 e seguenti, della legge n. 244/2007, e s.m.i., è regolato anche dall’articolo 2437 quater del codice civile, oggi espressamente richiamato dall’articolo 24, comma 5, del TUSPP
Corte dei conti, sezione controllo per la Lombardia, deliberazione n. 79 del 6 marzo 2018 – Presidente Rosa, relatore Degni
Il caso
Un sindaco domanda alla Corte dei conti se il procedimento previsto dall’art. 2437-quater del codice civile, richiamato dall’art. 24, co. 5, del decreto legislativo 175 del 2016 e s.m.i., sia applicabile o meno alla procedura di liquidazione della quota dei soci pubblici cessati da una società ai sensi dell’art. 1, co. 569, della legge n. 147 del 2013.
Anni addietro il comune aveva disposto la dismissione di una partecipazione giudicata non strettamente necessaria per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali in ottemperanza al disposto di cui all’art. 3, commi da 27 a 29 della legge n. 244 del 2007, disposizione, questa, oggi transitata nell’art. 4, co. 1, del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Questa norma prevedeva che, entro il 31 dicembre 2010, le amministrazioni dovevano cedere a terzi, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le società e le partecipazioni vietate. La scadenza veniva in seguito prorogata al 31 dicembre 2014 dall‘art. 1, co. 569, della legge n. 147 del 2013, che precisava altresì che:
– decorso inutilmente il termine, la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica “cessava ad ogni effetto”;
– entro i dodici mesi successivi alla cessazione, la società doveva liquidare in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, del codice civile.
L’art. 1, co. 569, della L. n. 147/2013 è stato successivamente integrato dall’art. 7, co. 8-bis, del decreto legge n. 78/2015, di un nuovo co. 569-bis, che ha fornito un’interpretazione autentica, in merito alla cessazione della partecipazione societaria non alienata entro il 31 dicembre 2014 disponendo, in particolare, che la competenza relativa all’approvazione del provvedimento di cessazione della partecipazione societaria appartiene, in ogni caso, all’assemblea dei soci e che qualunque delibera degli organi amministrativi e di controllo interni alle società che si ponga in contrasto con le determinazioni assunte e contenute nel piano operativo di razionalizzazione è nulla ed inefficace.
Il parere
Per rispondere al quesito, la sezione indaga sulla procedura liquidatoria applicabile in base alla normativa vigente ritenendo cruciale chiarire se l’art. 1, co. 569, della L. n. 147/2013 introduca una forma di liquidazione peculiare e distinta rispetto a quella indicata nell’art. 2437-quater cc oggi richiamato dal d.lgs. n. 175/2016 e s.m.i.
Da un lato, infatti, la legge n. 147/2013 prevede che la società liquida in denaro il valore della quota del socio cessato entro i dodici mesi successivi alla cessazione tenendo conto solo dei criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, del codice civile (1); dall’altro, l’articolo 2437 quater del cc, dispone che:
– gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute;
– l’offerta di opzione è depositata presso il registro delle imprese entro quindici giorni dalla determinazione definitiva del valore di liquidazione e per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a trenta giorni dal deposito dell’offerta (coloro che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di prelazione nell’acquisto delle azioni che siano rimaste non optate);
– qualora i soci non acquistino in tutto o in parte le azioni del recedente, gli amministratori possono collocarle presso terzi. Solo in caso di mancato collocamento entro centottanta giorni dalla comunicazione del recesso, le azioni del recedente sono rimborsate mediante acquisto da parte della società utilizzando riserve disponibili (in assenza deve essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società).
Per la ricostruzione di un profilo sistematico, la sezione analizza il nuovo articolo 24, co. 5, del TUSPP, osservando che il legislatore non utilizza più la locuzione atecnica “cessa ad ogni effetto” che aveva dato luogo a molte incertezze, considerato che la partecipazione rappresenta una posizione contrattuale nella società comportante un insieme di posizioni giuridiche soggettive in capo al soggetto titolare.
Su questa locuzione si erano infatti pronunciate sia la giurisprudenza amministrativa, secondo cui il dettato normativo si sarebbe potuto interpretare come una sorta di ipotesi eccezionale di cessazione ope legis della qualità di socio (così CdS, Sez. V, 7 luglio 2015, n. 3344, e Tar Liguria, sez. II 4 aprile 2016, sentenze 333 e 334) che quella contabile, a parere della quale si sarebbe trattato di un recesso extra ordinem e sui generis (Cfr. Corte dei conti, sezione per il Friuli Venezia Giulia, n.158 del 2015).
Fatte queste premesse, la sezione lombarda sottolinea come, dalle precedenti interpretazioni emergesse comunque la sussistenza della partecipazione fino a liquidazione avvenuta.
La Corte osserva quindi che le modalità della liquidazione, anche nel regime precedente il testo unico, non escludevano affatto l’applicazione dell’articolo 2437 quater cc, che si configurava, allora come ora, come il normale procedimento.
Questa soluzione appare convincente poiché concilia gli interessi specifici dell’ente pubblico con quelli generali sulla disciplina del recesso; e risulta anche costuzionalmente orientata, nell’ottica di evitare lesioni del principio di uguaglianza, libera iniziativa economica e tutela del risparmio. Trova poi conferma nello nuovo TU laddove si dispone che la partecipazione non alienata “è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2437 ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all’articolo 2437 quater del codice civile”.
Ribadito quindi il superamento della locuzione “cessazione a tutti gli effetti”, la sezione conferma che la partecipazione (dismessa) deve restare qualificata come tale in bilancio potendo essere trasformata in un credito solo in seguito all’effettiva liquidazione.
In sostanza, proprio l’applicazione della modalità di liquidazione prevista dal 2437-quater cc indica che il mutamento di regime si ha solo con il trasferimento e l’annullamento delle partecipazioni (fino al caso estremo della liquidazione della società, che determina il mantenimento della partecipazione fino al completamento del processo di liquidazione).
L’unica deroga che il TUPSS mantiene rispetto alla procedura di recesso disposta dal codice civile attiene i casi di cui al sesto e al settimo comma dell’articolo 2437-quater ovvero ai casi in cui, in assenza di utili e riserve disponibili, non sarebbe consentita la riduzione del capitale sociale per evitare lo scioglimento e al caso di estinzione della partecipazione in una società unipersonale, in cui si dispone ex-lege la “liquidazione” della società.
In conclusione, la cessione della partecipazione non “strettamente necessaria” trascende il rapporto tra ente pubblico socio e società partecipata e si configura come un potere-dovere della pubblica amministrazione.
In caso di mancato collocamento presso altri soci o terzi, ai sensi dell’articolo 2347-quater, co. 4, del codice civile, le azioni del recedente vanno rimborsate mediante acquisto da parte della società utilizzando riserve disponibili anche in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 2357.
La partecipazione va quindi liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, co. 2: il relativo valore deve essere stabilito in conformità a un’attenta ponderazione della consistenza patrimoniale della società, delle sue prospettive reddituali e del valore di mercato, da intendersi con riferimento al patrimonio sociale della società e non limitato alla specifica quota (Sezione Marche, numero 25/2014/PAR del 16 aprile 2014).
Stefania Fabris
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(1) Secondo l’art. 2437-ter cc: a) il socio ha diritto alla liquidazione delle azioni per le quali esercita il recesso; b) il valore delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni; c) i soci hanno diritto di conoscere la determinazione del valore nei quindici giorni precedenti alla data fissata per l’assemblea; d) in caso di contestazione, da proporre contestualmente alla dichiarazione di recesso, il valore di liquidazione è determinato, entro novanta giorni dall’esercizio del diritto di recesso, tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente.