In caso di deliberazioni di riconoscimento di debiti fuori bilancio, adottate  da un organo incompetente, per di più, in assenza dei presupposti normativi, rispondono per danno erariale il sindaco che ha proposto il provvedimento e gli assessori che hanno partecipato alle sedute; il segretario comunale che non ha impedito la violazione della legalità formale; il responsabile del servizio competente per il parere favorevole di regolarità tecnica.

Non assume responsabilità il funzionario responsabile del servizio finanziario, in quanto il parere di regolarità contabile, completato dall’attestazione finanziaria, copre solo la legittimità della spesa in senso stretto del termine.

In mancanza del contratto scritto nessuna valida obbligazione sorge in capo all’amministrazione e, pertanto, sussiste la responsabilità amministrativo-contabile per coloro che con la loro condotta hanno causato un indubbio danno erariale consistente nell’erogazione di corrispettivi non dovuti in quanto conseguenti a obbligazioni nulle.

Corte di conti, Sezione giurisdizionale per la Regione della Calabria, sentenza n. 185/2019 , Pres R.Loreto, Rel. S. Vaccarino

A margine

Il caso –  La questione affrontata nella sentenza in rassegna riguarda un’ipotesi di danno erariale derivante dal riconoscimento ex post da parte della Giunta comunale di debiti a titolo di corrispettivi per lo svolgimento di lavori saltuari e occasionali svolti da  cittadini in violazione delle disposizioni del testo unico degli enti locali sugli impegni di spesa e in carenza dei presupposti per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio, nonché in mancanza di contratto scritto.

Convenuti in giudizio dal Procuratore regionale per danno erariale sono: il sindaco e gli assessori presenti all’adozione delle deliberazioni della Giunta di riconoscimento di debiti fuori bilancio; il segretario comunale in quanto garante della responsabilità; il responsabile del servizio interessato e il responsabile finanziario per avere espresso pareri favorevoli, rispettivamente, di regolarità tecnica e di regolarità contabile.

La contestazione del Procuratore, in particolare, riguarda l’adozione di diverse delibere in consapevole violazione (ossia con colpa grave) delle disposizioni sull’assunzione degli impegni di spesa (art. 191 TUEL) e sul riconoscimento dei debiti fuori bilancio (art. 194 D.Lgs. n. 267 del 2000 (TUEL) , e dei principi sulle assunzioni delle prestazioni lavorative  (art. 36  D.Lgs. n. 165/2001 e art. 92 TUEL, relativi all’utilizzo delle forme di lavoro flessibile).

La sentenza – La magistratura contabile condanna per danno erariale il sindaco, gli assessori, il segretario comunale e il responsabile del servizio, mentre “assolve” il responsabile del servizio finanziario.

Per giungere a tale decisione, il Collegio, dopo avere ricordato il procedimento per l’assunzione degli impegni di spesa nell’ordinamento locale e il regime dell’istituto del riconoscimento dei cd. “debiti fuori bilancio”, esamina ruolo e responsabilità dei soggetti coinvolti, a diverso titolo, nella condotta antigiuridica addebitata.

Nello specifico, la Corte sostiene che, dall’esame delle delibere della Giunta di riconoscimento dei debiti ex post, non risulta che i provvedimenti siano stati preceduti dalla necessaria delibera a contrarre con il relativo impegno di spesa sul relativo capitolo di bilancio con l’attestazione di copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio economico finanziario. E che nella fattispecie non ricorre la deroga per i lavori di somma urgenza, in quanto i convenuti non hanno fornito la prova delle ragioni di urgenza o di eccezionalità e imprevedibilità dell’evento che avrebbero potuto giustificare la condotta. Ne consegue che l’Amministrazione in una tale situazione avrebbe dovuto fare ricorso all’istituto del riconoscimento del debito fuori bilancio di cui all’art. 194 del TUEL, la cui competenza, però, viene ascritta al consiglio comunale e non alla giunta.

Gli impegni di spesa – Per ciò che riguarda l’addebito della violazione delle regole sugli impegni di spesa, il Collegio ricorda che il TUEL prescrive, in modo tassativo, salvo deroga per i lavori pubblici di somma urgenza, che gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria rilasciata dal responsabile del servizio finanziario. E prevede che, in mancanza del rispetto di tale procedura, il rapporto obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e il soggetto amministratore o funzionario o dipendente dell’ente che ha consentito la prestazione (art. 191, co 4, TUEL).

I debiti fuori bilancio – In mancanza del rispetto delle regole giuscontabili sull’assunzione degli impegni di spesa, l’Amministrazione avrebbe dovuto applicare il regime dell’istituto dei debiti fuori bilancio. e, quindi, “portare il debito tempestivamente all’esame Consiglio dell’ente per l’adozione dei necessari provvedimenti” (Corte conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione 23 ottobre 2018, N. 21/SEZAUT/2018/QMIG).

Come è noto, il testo unico degli enti locali prevede una disciplina molto rigorosa per l’emersione dei debiti non previsti in bilancio, oggetto negli anni di diversi chiarimenti ministeriali e di orientamenti della Corte dei conti e della stessa Cassazione.

E’ pure noto che i debiti fuori bilancio sono obbligazioni verso terzi per il pagamento di somme di denaro assunti in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa degli enti locali (artt. 193 e 194 del (TUEL e circolare del Ministero dell’Interno F.L. n. 21/1993 )

Il loro inserimento nell’ambito della contabilità dell’ente locale presuppone, prima, la valutazione della loro riconoscibilità (art. 194, co 1) e, poi, il reperimento delle necessarie coperture nell’anno o nei due successivi (art. 193, co 3, e 194 co 2 e co 3). Tali decisioni sono costitutive dell’obbligazione in capo all’Ente (ex multis, Cass. Civ, Sez. II, n. 15050/2018)

L’organo competente in questa materia è, in via esclusiva, il consiglio dell’ente, che deve provvedervi, in particolare, con la periodicità stabilita dal locale regolamento di contabilità e almeno una volta l’anno entro il 31 luglio in occasione della verifica degli equilibri di bilancio e dello stato di attuazione dei programmi.

Giova ricordare anche che per la copertura di tali debiti, l’organo consiliare può provvedere con le possibili economie di spesa e con tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione, e, in subordine, con i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e con altre entrate in c/capitale con riferimento a squilibri di parte capitale”. E per i debiti riferiti a spese di investimento, anche mediante ricorso al mercato finanziario.

Per la tempistica del pagamento dei debiti fuori bilancio l’ente può  preventivamente concludere un accordo con i creditori su un piano di rateizzazione della durata massima di tre anni.

Per l’imputazione al bilancio delle spese derivanti da debiti fuori bilancio, la Sezione delle Autonomie con la richiamata deliberazione n. 21/2018, ha enunciato i seguenti principi di diritto:

“1. Gli impegni di spesa per il pagamento dei debiti fuori bilancio riconosciuti e già scaduti devono essere imputati all’esercizio nel quale viene deliberato il riconoscimento. Per esigenze di sostenibilità finanziaria, con l’accordo dei creditori interessati, è possibile rateizzare il pagamento dei debiti riconosciuti in tre anni finanziari compreso quello in corso, ai sensi dell’art. 194, comma 2, del TUEL, a condizione che le relative coperture, richieste dall’art. 193, comma 3, siano puntualmente individuate nella delibera di riconoscimento, con conseguente iscrizione, in ciascuna annualità del bilancio, della relativa quota di competenza secondo gli accordi del piano di rateizzazione convenuto con i creditori.

2. Nel caso in cui manchi un accordo con i creditori sulla dilazione di pagamento, la spesa dovrà essere impegnata ed imputata tutta nell’esercizio finanziario in cui il debito scaduto è stato riconosciuto, con l’adozione delle conseguenti misure di ripiano.”

I soggetti responsabili – Accertata la violazione delle regole sull’assunzione degli impegni di spesa e anche della disciplina dell’istituto dei “debiti fuori bilancio”, la Corte afferma la responsabilità per danno erariale dei seguenti soggetti reputando la loro condotta giuridica imputabile a titolo di colpa grave.

 La Corte riconosce, innanzitutto, la responsabilità del sindaco e degli assessori. Gli amministratori, infatti, pur in carenza di istruttoria, hanno provveduto al riconoscimento di debiti con deliberazione di un organo incompetente (Giunta), e soprattutto in assenza dei presupposti normativi per l’applicabilità dell’art. 191, 3 comma, e/o per il riconoscimento di cui all’art. 194 del TUEL. Inoltre, non hanno fornito la prova dell’eccezionalità e imprevedibilità dei lavori e della loro utilità per il Comune.

Il Collegio ritiene sussistere anche la responsabilità del segretario comunale per non avere impedito la violazione della legalità formale nell’esercizio della sua funzione di garante delle legittimità e correttezza dell’azione amministrativa. Per la magistratura contabile della Calabria l’avvenuta soppressione del parere di legittimità non esime il funzionario dal dovere di svolgere l’indefettibile funzione di garante della legalità e di correttezza amministrativa dell’azione dell’ente locale, di assistenza e di collaborazione giuridica ed amministrativa poste a presidio della correttezza delle procedure di spesa degli enti locali (C. conti, Sez. giur. Toscana, sentenza n. 217/2012).

La sentenza in rassegna fin qui non contiene elementi di novità meritevoli di particolare rilievo, ma ribadisce regole consolidate in tema di responsabilità amministrativa e di soggetti cui è imputabile. La parte decisamente innovativa del pronunciamento annotato riguarda, invece, la responsabilità del funzionario apicale del servizio competente e del responsabile del servizio finanziario con il rilascio dei pareri di competenza, tutta basata sulla differenza fra parere di regolarità tecnica e parere di regolarità contabile.

Per il Collegio, infatti, il parere di regolarità tecnica ha un contenuto molto ampio ed investe non solo gli aspetti attinenti alla materia specifica trattata dal competente servizio, ma anche la regolarità delle procedure relative alla fase dell’impegno contabile e della spesa, la fase contrattuale e di assegnazione dei lavori e la fase di verifica della loro regolare esecuzione. Al contrario, anche con riferimento a quanto affermato in ordine alle funzioni e responsabilità del segretario comunale, il parere di regolarità contabile, completato dall’attestazione finanziaria, ha un contenuto limitato alla legittimità della spesa in senso stretto.

Più in dettaglio, il Collegio spiega che la riforma del 2012 del sistema dei controlli interni negli enti locali (art. 147 e 147 bis TUEL), ha inteso differenziare il contenuto del “controllo di regolarità amministrativa e contabile” (di competenza del responsabile del servizio o della funzione), che si esprime attraverso il parere di regolarità tecnica e riguarda la “regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa”, dal “controllo contabile” che, esprimendosi attraverso il parere di regolarità contabile (di competenza del responsabile di ragioneria), ha riguardo all’aspetto meramente contabile e finanziario del provvedimento, attraverso, anche, l’apposizione del visto attestante la copertura finanziaria riguarda esclusivamente la corretta imputazione al capitolo del bilancio dell’ente, la regolare copertura finanziaria e il rispetto degli equilibri di bilancio, esulando dai compiti del responsabile del servizio di ragioneria ogni valutazione sulla legittimità dell’atto deliberativo.

Riassumendo, per la Corte il contenuto del parere di regolarità contabile ha una portata limitata all’aspetto meramente contabile e finanziario e non si estende ad altre valutazioni di legittimità e correttezza che sono, invece, di competenza del responsabile del servizio con il parere di regolarità tecnica e del segretario comunale garante della legittimità dell’azione amministrativa e dell’agere degli organi dell’ente.

In altri termini, il segretario comunale, da un lato, e il responsabile del servizio competente, dall’altro, assumono la responsabilità della correttezza e regolarità di tutto il procedimento, mentre il responsabile della ragioneria solo quella relativa alla corretta imputazione della spesa nel bilancio e al mantenimento dei relativi equilibri.

Questa tesi contrasta, però, con alcuni pronunciamenti della stessa magistratura contabile, che distinguano fra attestazione e parere o visto di regolarità contabile, assegnandoli un contenuto molto più ampio di quello delineato nella sentenza in rassegna. Secondo tali orientamenti, infatti, mentre l’attestazione coincide sostanzialmente con il controllo finanziario, in cui il responsabile deve verificare la copertura finanziaria, confrontando l’impegno di spesa con lo stanziamento contenuto nello specifico capitolo o intervento del bilancio di previsione, la corretta imputazione dell’impegno rispetto all’oggetto del capitolo di spesa e la mancanza di variazioni di bilancio non autorizzate, oltre la scontata competenza dell’organo che ha emesso il provvedimento; il parere o visto di regolarità contabile si configura come un vero e proprio controllo di legittimità della spesa rispetto alla legge e alle altre fonti normative. E individuano la fonte di questa distinzione nell’art. 20 del R.D.1214/1934 applicabile all’attività di controllo della Corte dei conti, (secondo cui “La Corte vigila perché le spese non superino le somme stanziate nel bilancio e queste si applichino alle spese prescritte, perché non si faccia trasporto di somme non consentite per legge, e perché la liquidazione e il pagamento delle spese siano conformi alle leggi e ai regolamenti”), ma che si configura   come riferimento fondamentale per i concetti di regolarità finanziaria e contabile, tale che, per la sua generalità, è estensibile a qualsiasi organo pubblico che svolga tali funzioni (Corte dei conti Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, sentenza n. 1058/2011; in senso conforme, Corte conti sez. Puglia 207/2006 – Corte conti sez. Toscana 114/2010).

Il contratto scritto – Su questo aspetto, il Collegio ribadisce, innanzitutto, un principio, risalente addirittura alla legge di contabilità di Stato del 1923 (art. 17 RD 2440) e che dovrebbe non sfuggire alla prassi amministrativa: i contratti degli enti pubblici devono essere stipulati in forma scritta, anche se sono ammissibili forme più semplificate di stipulazione (scrittura privata; obbligazione stesa ai piedi del capitolato; atto separato sottoscritto; lettera commerciale)

Il principio della necessità della forma scritta del contratto per l’assunzione delle obbligazioni da parte delle pubbliche amministrazioni è stato più volte ribadito dall’orientamento unanime della Corte di Cassazione.

Secondo la Suprema Corte, in particolare, l’onere della forma scritta, imposto ad substantiam per i contratti degli enti pubblici, impedisce non solo di ritenerne provata la stipulazione, in assenza dell’atto dotato del predetto requisito, ma anche di attribuire alla produzione delle fatture l’efficacia di comportamento processuale implicitamente ammissivo del diritto sorto dal contratto (C. Cassazione, sez. I civile, 13-10-2016 n. 20690). Non solo. Gli obblighi delle pubbliche amministrazioni non possono desumersi dai singoli atti, ma devono manifestarsi con le regole dettate in tema di forma degli atti negoziali degli enti pubblici (C. Cassazione, sez. I civile, ordinanza 20 – 11- 2018, n. 29988). E, ancora, tale forma assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria (C. Cassazione, II civile, ordinanza 22 -03- 2019, n. 8244)

Negli stessi termini concludono le sentenze degli Ermellini richiamate nella sentenza in rassegna (Cass, sez. I civile, sent. n. 5263/2015; n. 7297/2009; sez. III civile, ord. n. 16307/2018), secondo cui la forma scritta rappresenta uno strumento indefettibile di garanzia del regolare svolgimento dell’attività negoziale della pubblica amministrazione., nell’interesse sia del cittadino sia della stessa amministrazione e, conseguentemente, in assenza della forma scritta il contratto è nullo

Il Collegio aggiunge poi che a nulla rileva a tal fine il valore del contratto. Il superamento o meno della “soglia UE” negli appalti dei servizi (art 29 del D.Lgs. n. 163/2006 applicabile ratione temporis; oggi art. 36 del D.Lgs. n. 50/2016) implica esclusivamente un maggiore o minore rigore nella scelta del contraente, ma non ha alcuna incidenza in ordine alla necessaria forma scritta dei contratti (si veda, per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture l’art. 32, co. 14,  D.Lgs. 50/2016).


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