La presenza, all’interno dell’organigramma dell’ente, di istruttori direttivi appartenenti alla categoria “D”, impedisce, a norma degli artt. da 8 a 11 del CCNL Regioni e Autonomie locali del 31.3.1999, l’assegnazione della responsabilità di posizione organizzativa al personale di categoria “C”.
Corte dei conti, sez. prima giurisdizionale centrale d’appello, sentenza 17 febbraio 2020 n. 33, Presidente Chiappiniello, Relatore Torri
A margine
In esito al giudizio di primo grado, la Corte dei conti assolve il Sindaco, il segretario comunale e il dipendente interessato in relazione ad un’ipotesi di danno erariale sollevato dalla Procura a fronte dell’attribuzione, allo stesso dipendente, di un incarico di responsabile di settore con posizione organizzativa, seppur inquadrato in categoria C e malgrado la presenza, all’interno dell’ente, di personale di categoria D, con riconoscimento della relativa indennità.
In particolare, la Corte non individua nelle condotte dei convenuti un atteggiamento di grave disinteresse nell’espletamento delle funzioni, di negligenza massima, di deviazione dal modello di condotta connesso ai propri compiti ritenendo che il presupposto normativo indicato nel provvedimento di nomina (l’articolo 109 comma 2 del TUEL) non consentirebbe di qualificarlo palesemente arbitrario e illegittimo, anche perché gli orientamenti dell’ARAN richiamati dal Requirente non possono avere una qualificazione nomofilattica e gli eventuali pareri a carattere generale riconducibili alle amministrazioni centrali dello Stato e dagli enti regionali non hanno valore cogente.
Inoltre, la Corte condivide la prospettazione secondo cui, per le restrizioni normative del tempo sulle nuove assunzioni, non vi sarebbe stata verosimilmente alcuna possibilità di coprire con pubblico concorso le posizioni organizzative conferibili a categoria D; non sarebbe inoltre contestato che gli altri dipendenti di categoria D (capo ufficio tecnico comunale e capo dei vigili) non disponessero di professionalità utilizzabili per dirigere il settore in esame, anche per situazioni contingenti (responsabile del settore tecnico assente dal servizio per aspettativa; responsabile del settore polizia municipale assente per malattia).
Pertanto la procura ricorre in appello.
La sentenza
Il collegio di secondo grado ribalta la sentenza considerando che in presenza, all’interno dell’ente, di istruttori direttivi (ex funzionari) appartenenti alla categoria “D”, la responsabilità di posizione organizzativa non poteva essere assegnata a personale di categoria “C”.
Al riguardo, si richiamano gli artt. 8, comma 2, e 11 comma 3, del CCNL per il personale del comparto regioni e autonomie locali del 31.3.1999. Assestamento normativo confermato dall’art. 8, comma 2, del CCNL del 2001, successivo all’art. 109, comma 2, del TUEL che viene infatti ivi richiamato, ed ancora ulteriormente ribadito all’art. 4, primo comma, del regolamento dell’area delle posizioni organizzative del comune.
Appare evidente che il decreto di nomina è stato adottato in esito ad una condotta gravemente colposa, ascrivibile alle diverse posizioni amministrative degli appellati, in presenza di un divieto esplicitamente rinvenibile da plurime, diacroniche ed univoche fonti normative, rese cogenti ed attuali dalla semplice presenza all’interno dell’ente di personale appartenente alla categoria “D”; circostanza che rende ultronee e comunque irrilevanti le deduzioni postume degli appellati su presunte indisponibilità a ricoprire la funzione da parte del personale di cat. D dell’ente o su un presunto stato di necessità, non previsti dalla specifica normativa, che stabilisce invece precisi parametri per l’assegnazione delle posizioni di lavoro, altrimenti privi di significato giuridico.
Pertanto, dalla nomina in parola, è conseguito per l’ente un danno da impiego non funzionale ed efficiente delle pubbliche risorse; danno concreto ed attuale quale mancato risultato atteso dall’azione dei pubblici poteri, sempre rinvenibile in attività amministrative svolte in totale assenza dei requisiti di professionalità inderogabilmente richiesti dalla normativa di settore; circostanza che elide, sotto il profilo logico-giuridico, ogni ipotetico vantaggio per l’amministrazione dall’attività svolta, il cui accertato contenuto contra jus implica sempre, per predeterminazione normativa, un concreto disvalore, mai un’utilità ancorché indiretta e parziale.
Quanto alla concreta misura nell’attribuzione delle responsabilità, il Collegio ritiene coerente la quantificazione della procura nella misura complessiva di € 36.206,62 corrispondenti all’indennità organizzativa e per retribuzione di posizione erogati:
- per la quota del 40%, a carico del sindaco per aver con proprio decreto – con colpa grave – e nell’espletamento dei compiti istituzionali previsti dall’art. 50 TUEL, illecitamente attribuito le funzioni di responsabile del settore interessato, in totale contrasto con la normativa di settore;
- per la quota del 35%, a carico del segretario comunale che, in violazione dell’art. 97 TUEL, ha – con colpa grave – omesso di segnalare al sindaco l’illegittimità del provvedimento di conferimento dell’incarico, contravvenendo ai doveri di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa verso gli organi dell’ente sulla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti;
- per la quota del 25%, al dipendente incaricato il quale- con colpa grave – ha indebitamente partecipato alla redazione del provvedimento illegittimo di cui era beneficiario, contribuendo causalmente al danno nei confronti dell’ente locale.
di Simonetta Fabris