La disciplina normativa relativa al conferimento degli incarichi di consulenza è contenuta, in via generale, nell’art. 7, commi 6 e ss., del D. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, le cui disposizioni costituiscono
principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost.
Ai fini della legittimità e non dannosità di un atto di conferimento di incarico di consulenza sono necessari i seguenti requisiti:
– finalizzazione alla risoluzione di problematiche che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale in servizio;
– esclusione dello svolgimento di attività continuativa;
– compenso proporzionale all’attività svolta e non liquidato in maniera forfettaria;
– adeguata motivazione delle ragioni alla base dell’incarico;
– scelta del destinatario a seguito di procedura comparativa.
In assenza anche di uno solo dei citati requisiti l’incarico conferito risulta essere illecito e fonte di danno erariale.
Corte dei conti, Sez. giur. Valle d’Aosta, sentenza 28.1.2013, n. 2. Pres. Bussetti, Est. Olessina
La sezione regionale della Corte dei Conti della Valle d’Aosta, con la pronuncia in oggetto, si è occupata della questione del conferimento degli incarichi di consulenza a soggetti esterni all’amministrazione pubblica, affrontando il caso di un consulente incaricato della gestione dello “Sportello per l’internazionalizzazione” attivato dalla Regione con l’esplicito compito di fornire assistenza alle imprese in materia di commercio internazionale ed espletare attività connesse ai rapporti internazionali a supporto delle imprese valdostane.
Il collegio dopo aver rammentato che la disciplina normativa relativa al conferimento degli incarichi di consulenza è contenuta, in via generale, nell’art. 7, commi 6 e ss., del D. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, le cui disposizioni costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost. (art. 1, comma 3, del D.lgs. n. 165/2001), ha puntualizzato le condizioni necessarie, secondo la consolidata giurisprudenza, ai fini della legittimità e non dannosità del conferimento di un incarico di consulenza da parte di una P.A.
In particolare i giudici contabili hanno statuito che:
– l’incarico al consulente esterno deve essere finalizzato alla risoluzione di problematiche che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze, specificamente individuate al momento del conferimento dell’incarico, del quale debbono costituire l’oggetto, e, coerentemente, l’incarico di consulenza non deve implicare svolgimento di attività continuativa, bensì deve presentare le caratteristiche della specificità e della temporaneità;
– l’incarico non deve rappresentare uno strumento per ampliare fìttiziamente compiti istituzionali e ruoli organici dell’Amministrazione conferente, posto che ciò comporterebbe una violazione dell’art. 97 Cost. (imparzialità, buon andamento, principio dell’accesso concorsuale nella P.A.);
– il compenso connesso all’incarico deve essere proporzionale all’attività svolta e non liquidato in maniera forfettaria;
– la delibera di conferimento deve essere adeguatamente motivata;
– l’incarico non deve essere generico od indeterminato;
– i criteri di conferimento non debbono essere generici;
-la scelta del destinatario dell’incarico deve avvenire a seguito di procedura comparativa.
Secondo il collegio giudicante in particolare la semplice mancanza anche di uno solo dei sopraelencati presupposti rende l’affidamento illecito e dannoso, in quanto il pagamento del corrispettivo non corrisponde ad alcuna apprezzabile utilità per l’Amministrazione conferente.
Nella fattispecie esaminata la Sezione ha ritenuto gli incarichi oggetto di scrutinio illeciti e dannosi in ragione della sistematica reiterazione nel tempo, dello svolgimento di un’attività generica che non richiedeva la risoluzione di specifiche problematiche, implicanti una particolare competenza tecnica e che quindi avrebbe potuto essere svolta da un funzionario regionale; nella sostanza secondo i giudici contabili non si trattava di un’attività di consulenza, bensì dello svolgimento di compiti amministrativi istituzionalmente riconducibili all’Amministrazione Regionale.
Nella suddetta pronuncia quindi il Collegio ha di fatto confermato una regola aurea ma troppo spesso violata, ovvero che la pubblica amministrazione nell’esercizio delle proprie competenze deve prioritariamente avvalersi delle proprie strutture e del personale dipendente e che solo in via eccezionale, in presenza di particolari presupposti, può affidare incarichi di consulenza a soggetti esterni, con provata capacità professionale e specifica conoscenza tecnica.
La Sezione, infine, ha ritenuto che, sebbene in giudizio fossero stati convenuti solo i due dirigenti che avevano predisposto la proposta di conferimento dell’incarico, fornito i pareri favorevoli e stipulato effettivamente i contratti con il consulente, dovesse ritenersi sussistente una corresponsabilità, incidente sul quantum del danno addebitabile ai dirigenti, dei componenti della Giunta che assunsero le delibere di autorizzazione al conferimento dell’incarico al consulente esterno, atteso che la Giunta, in qualità di organo di vertice dell’Amministrazione regionale, non poteva trascurare di porsi il problema dell’individuazione dei corretti strumenti (legislativi o amministrativi) da utilizzare per il conseguimento dei fini che si proponeva di raggiungere.
Conseguentemente i due dirigenti convenuti in giudizio, tanto in ragione della suddetta corresponsabilità degli assessori quanto di un contestuale esercizio del potere riduttivo, sono stati condannati dalla Sezione al pagamento del 50% del danno contestato dalla Procura Regionale.
A cura di Adriano Gribaudo, magistrato della Corte dei conti