Assenteismo. Danno patrimoniale per mancata prestazione lavorativa e danno all’immagine
in applicazione dell’art. 69 del D.Lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, di attuazione della legge 4 marzo 2009 n. 15. Autonomia rispetto alla fattispecie generale di danno all’immagine di cui all’art. 17, comma 30-ter, D.L. 1.7.2009, n. 78.
Corte dei conti, Sezione giur. Abruzzo, sentenza 11 dicembre 2012 n. 414, Pres. Colella, Rel. Tomassini.
Commento- Il dipendente che attesta falsamente la propria presenza in servizio mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente è obbligato a risarcire all’Amministrazione, oltre alle somme indebitamente percepite quale corrispettivo della mancata prestazione lavorativa (danno patrimoniale), anche il danno all’immagine subito dall’Amministrazione.
Al riguardo, il comma 2, dell’art. 55 quinques del del D.Lgs. 30.3.2001, n. 165, introdotto dall’art. 69 del D.Lgs. 27.10.2009, n. 150 in attuazione della L. 4.3.2009, n. 15 (art. 7, comma 2, lettera e), in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (c.d. Legge Brunetta), ha inserito uno specifico obbligo risarcitorio per i dipendenti assenteisti; tale obbligo (che sotto il profilo del danno patrimoniale – restituzione dei compensi indebitamente ricevuti a titolo di retribuzione – poteva già dirsi insito nel sistema della responsabilità amministrativa), consente ora di recuperare anche il danno non patrimoniale, qual è quello all’immagine in maniera autonoma e indipendente dall’esistenza di un procedimento penale e, addirittura, di un reato accertato con sentenza definitiva. Si rammenta, difatti, che a seguito dell’introduzione dell’art. 17, comma 30 ter, del D.L. 1.7.2009, n. 78 (c.d. Lodo Bernardo), convertito nella L. 3.8.2009, n. 102 (nel testo risultante dalla successiva modifica operata dall’art. 1 del D.L. 3 agosto 2009, n. 103, convertito nella L. 3 ottobre 2009, n. 141), le procure della Corte dei conti possono agire per il risarcimento del danno all’immagine subito da persone giuridiche pubbliche per opera di amministratori o dipendenti pubblici, solo a seguito di sentenza penale definitiva di condanna sugli stessi fatti, e limitatamente ai «delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale», ovverosia limitatamente ai c.d. reati propri, i quali presuppongono negli autori la qualifica soggettiva di pubblici ufficiali.
Ad avviso del Collegio abruzzese la distinzione tra le due fattispecie di danno all’immagine è netta poiché esse riguardano “campi ben diversi. Il c.d. Lodo Bernardo, infatti, intende subordinare la perseguibilità di alcuni tipi di reati, cioè quelli contro la Pubblica amministrazione previsti dalla legge n. 97 del 2001 alla conclusione del processo penale, con ciò reintroducendo la pregiudiziale penale per evitare il possibile conflitto di giudicati. Nella legge Brunetta, invece, si prescinde totalmente dall’esistenza di un procedimento penale e, addirittura, da quella di un reato, poiché l’intento del legislatore è quello di implementare la produttività dei pubblici dipendenti contrastando i fenomeni di assenteismo indipendentemente dalla loro sussumibilità in una norma incriminatrice. Da ciò consegue l’autonoma risarcibilità a titolo patrimoniale e morale delle condotte assenteistiche le quali, comunque, costituendo eventualmente delitti di truffa e falso sfuggirebbero all’applicazione dell’art. 17 comma 30 ter della richiamata normativa. Quindi, ritiene il Collegio che l’art. 55 quinquies della legge n. 150 del 2009 costituisca norma diversa sia per ambito di applicazione che per finalità di quella del lodo Bernardo …”.
La sentenza è importante perché – affermando l’autonomia tra le due azioni risarcitorie quanto a presupposti, finalità e modus operandi – consente alle procure contabili di agire per il risarcimento del danno all’immagine non solo in presenza di condotte (assenteistiche) che ai fini penali non rientrerebbero tra i delitti contro la P.A. (in quanto integrerebbero al più i reati di truffa e/o di falso); ma anche a prescindere dal previo accertamento, con sentenza definitiva (c.d. pregiudizialità penale), di uno dei delitti sopra indicati come richiede in via generale dal 2009 il citato art. 17, comma 30 ter.
Si rammenta che il danno all’immagine consiste nella lesione alla credibilità esterna dell’Amministrazione medesima e nella perdita di fiducia, da parte dei consociati, nella corretta e trasparente gestione della cosa pubblica, poiché l’articolo 97 della Costituzione prescrive al legislatore di introdurre nell’ordinamento un modello di pubblica amministrazione il cui buon andamento e imparzialità si concretizzano nell’azione ispirata costantemente al rispetto dei principi generali di legalità, efficacia, efficienza, economicità.
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A cura di Marcello Iacubino*
* Magistrato della Corte dei conti
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