In un precedente intervento pubblicato in questa rubrica, ci eravamo permessi di sottolineare l’opportunità di un chiarimento circa l’applicabilità o meno al settore dei lavori pubblici delle disposizioni recate dal D.Lgs. n. 192/2012 in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Non certo per nostro merito, ma per le analoghe sollecitazioni provenienti da molteplici associazioni di categoria (prima tra tutte l’ANCE), i Ministeri dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e dei trasporti hanno emanato il 23/01/2013 un’apposita circolare fornendo alcuni importanti chiarimenti.

In primo luogo, viene chiarito che la disciplina considerata, attuativa della direttiva comunitaria 2011/7/UE, si applica a tutti i settori produttivi, ivi compreso, quindi, quello dei lavori pubblici, dovendosi fare rientrare questi ultimi nell’accezione generale di “prestazioni di servizi”, stante oltretutto l’esplicito riferimento ad essi contenuto nel preambolo della citata direttiva.

Parimenti, il riferimento alla “pubblica amministrazione”, contenuto tanto nella normativa europea quanto in quella nazionale attuativa, va inteso in senso lato, ricomprendendovi qualsiasi “amministrazione aggiudicatrice” ai sensi del codice degli appalti (di cui al D.Lgs. n. 163/2006).

Ne consegue che la nuova disciplina dei ritardati pagamenti si applica (anche) ai contratti pubblici di lavori stipulati a decorrere dal 1 gennaio 2013.

Dopo questa necessaria (ed opportuna) premessa, la circolare ministeriale chiarisce come vadano interpretate, alla luce della disciplina introdotta con il D.Lgs. n. 192/2012, le norme in materia di termini di pagamento e di interessi moratori contenute nel D.Lgs. n. 163/2006 e nel relativo regolamento attuativo (ex d.P.R. n. 207/2010).

Specificamente, per i termini di pagamento, occorre fare riferimento a due diverse fattispecie.

La prima riguarda le rate di acconto, per le quali, ai sensi dell’art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 207/2010, il responsabile del procedimento, entro 45 gg. dalla maturazione di ciascuno stato di avanzamento lavori, deve emettere il certificato di pagamento con cui è liquidato il credito, da corrispondere all’esecutore dei lavori entro i successivi 30 gg. A questo proposito si rende necessario distinguere i due termini contemplati: quello relativo all’emissione del certificato di pagamento e quello, successivo, per l’effettuazione del pagamento. Per quest’ultimo non si pongono particolari problemi, in quanto il termine di 30 gg. fissato dal regolamento risulta già coerente con quello di pari durata recato dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002, come novellato ad opera del D.Lgs. n. 192/2012. Diverso è il caso del termine, di 45 gg., previsto dal regolamento per l’emissione del certificato di pagamento; infatti, l’art. 4, comma 6, del vigente D.Lgs. n. 231/2002 fissa in 30 gg. il termine per la verifica preordinata al pagamento. Ne consegue che il suddetto termine va inteso ridotto a 30 gg., a meno di una differente esplicita previsione nella documentazione di gara e nel conseguente contratto, nel cui ambito, comunque, non potrà essere previsto un termine superiore a 45 gg., in considerazione di quanto disposto dall’art. 11, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2002, secondo cui sono fatte “salve le vigenti disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più favorevole per il creditore”.

La seconda fattispecie riguarda le rate di saldo, per le quali, ai sensi dell’art. 141 del D.Lgs. n. 163/2006 e dell’art. 143, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010, previa verifica della conformità della prestazione complessiva, attraverso il certificato di collaudo provvisorio (da emettere entro 6 mesi, elevabili fino ad un anno) o il certificato di regolare esecuzione (da emettere entro 3 mesi), il pagamento è effettuato entro 90 gg., dietro presentazione di garanzia fideiussoria. Anche in questo caso giova distinguere i termini relativi, rispettivamente, alle verifiche di conformità ed al pagamento. Per quanto attiene alle verifiche di conformità, i termini di 6/12 mesi per l’emissione del certificato di collaudo e di 3 mesi per l’emissione di quello di regolare esecuzione vengono ritenuti compatibili con l’art. 4, comma 6, del D.Lgs. n. 231/2002, purché espressamente previsti nella documentazione di gara e concordati dalle parti. Avendo invece riguardo al termine di pagamento di 90 gg. dal collaudo, previsto dal codice e dal relativo regolamento, lo stesso risulta incoerente con quello ordinario di 30 gg., disposto dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002, il quale consente, al più, previa espressa pattuizione tra le parti, un termine elevato a 60 gg. nei casi richiesti dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. È pertanto a tali più stringenti termini che occorre ora fare riferimento.

Passando agli interessi moratori, la circolare chiarisce altresì che le disposizioni introdotte con il D.Lgs. n. 192/2012 prevalgono su quelle recate dall’art. 144, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 207/2010, relative ai ritardi di pagamento degli acconti e del saldo. I relativi interessi vanno quindi quantificati ad un tasso pari a quello fissato dalla BCE per le operazioni di rifinanziamento (attualmente pari allo 0,75% annuo) maggiorato dell’8% (per un saggio complessivo dell’8,75% annuo).

Nondimeno, per i ritardi relativi all’emissione del certificato di pagamento, ossia per i ritardi riferiti alle verifiche della prestazione, continua a trovare applicazione la norma contenuta nell’art. 133, comma 1, del codice e nell’art. 144, comma 1, del regolamento, la quale prevede che, per 60 gg., si applichino gli interessi legali (attualmente pari al 2,5% annuo, ai sensi del D.M. 12/12/2011) e, per l’eventuale ulteriore ritardo, si applichino gli interessi fissati con apposito decreto (attualmente pari al 5,27% annuo, ai sensi del D.M. 28/08/2012). Infatti, la disciplina in materia di ritardati pagamenti, di cui al novellato D.Lgs. n. 231/2002, non prevede alcuna specifica conseguenza in caso di mancato rispetto del termine di verifica della prestazione.

In ogni caso, stante la conformità delle discipline considerate in proposito, i suddetti interessi decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine non rispettato, senza che sia necessaria la costituzione in mora.

Come anticipato, i chiarimenti contenuti nella circolare interministeriale risultano particolarmente importanti, in quanto concorrono a fugare i dubbi interpretativi ed applicativi che erano sorti in materia e che rischiavano di alimentare un clima di incertezza nel rapporto tra stazioni appaltanti e imprese impegnate nello strategico settore dei lavori pubblici.

(F.F. – M.R.)


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