Il recente confronto tra le Sezioni Riunite in sede Giurisdizionale (sentenza n° 16/2019/EL) e le Sezioni Riunite in sede di Controllo (deliberazione n° 11/SSRRCO/QMIG/19) sul tema, certamente “caldo”, del controllo pubblico di una società partecipata pone l’esigenza di un intervento normativo destinato a rendere certo e definitivamente chiaro il perimetro di applicazione delle diverse disposizioni rilevanti.

In effetti il TUSP assume come elemento discretivo il concetto di “controllo pubblico”, che ha determinato le note difficoltà interpretative (anche per effetto del richiamo all’art. 2359 del codice civile) in ordine alla configurazione delle diverse società ed alla conseguente applicazione delle molteplici disposizioni (e restrizioni) che sono previste laddove siffatto controllo sussista.

Tale scelta si presta ad una lettura maggiormente sostanziale, per effetto della quale al raggiungimento (anche in modo frazionato) del 51% delle partecipazioni pubbliche “scatta” il controllo pubblico, con i correlati vincoli ed obblighi normativamente previsti.

Congiuntamente, nondimeno, tale scelta si presta ad una lettura più aderente alle interpretazioni dell’art. 2359 del codice civile elaborate dal diritto commerciale, in forza delle quali la logica sottesa a tale disposizione valorizza il rapporto (cd. “solitario”) tra un ente e la società e non tra più enti ed una determinata società, nella prospettiva di garantire un unico rapporto di controllo, laddove non operi il controllo congiunto.

L’approccio più sostanziale sembra superare alcune contraddizioni in cui si potrebbe cadere e che non appaiono condivisibili accogliendo la soluzione più legata alla previsione di cui all’art. 2359 del codice civile.

Una società in cui un (solo) ente ha il 51% sarebbe, infatti, soggetta alle disposizioni anticorruzione, ai vincoli sugli organi amministrativi e di controllo, agli obblighi in ordine agli obiettivi relativi ai costi di funzionamento, mentre una società in cui più enti raggiungono la stessa percentuale in modo frazionato sarebbe completamente esclusa da tali limitazioni ed obblighi, con un esito che desta indubbiamente perplessità in considerazione dell’apporto (comunque) della componente pubblica.

Per chiarire definitivamente il quadro di riferimento sarebbe utile un intervento normativo, destinato (probabilmente) a valorizzare la distinzione tra “società pubblica” e “società a controllo pubblico”, a seconda che la soglia del controllo sia conseguita in modo frazionato ovvero singolarmente da un ente.

Naturalmente, nell’ipotesi di “società pubblica” dovrebbero valere tutte le limitazioni, tutti gli obblighi e tutti i vincoli concernenti, attualmente, le società che sono state definite in controllo pubblica, sulla base del testo vigente del D.Lgs. 175/2016.

Tale evoluzione normativa consentirebbe anche si risolvere le problematiche (operative) correlate all’attuazione pratica di alcuni obblighi, ad esempio legati alla definizione degli obiettivi annuali e pluriennali riguardanti le spese di funzionamento.

L’art. 19 del Testo Unico, infatti, assegna tale compito alle  amministrazioni pubbliche socie che, tuttavia, dovrebbero adeguatamente coordinarsi, allo scopo di evitare la possibile individuazione di una molteplicità di obiettivi tra loro incompatibili e difficilmente conseguibili da parte della società.

 


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