In occasione dell’Assemblea nazionale dell’ANCI, svoltasi a Vicenza lo scorso mese di ottobre, i responsabili dei servizi finanziari e di ragioneria hanno presentato un documento in cui espongono, in nove punti, critiche alla riforma contabile degli enti locali e formulano suggerimenti di particolare interesse.
Un vero e proprio manifesto con il quale i responsabili dei servizi finanziari e di ragioneria evidenziano gli aspetti di complessità dei documenti di programmazione e di bilancio e l’eccessiva onerosità degli adempimenti. Gli enti in maggiore difficoltà sono, com’è ovvio, i comuni di minore dimensione, a causa del pluriennale blocco delle assunzioni e di regole di turn over penalizzanti. Senza contare che in questi enti, il “ragioniere” è chiamato spesso a svolgere una molteplicità di ulteriori funzioni (tributi, personale, provveditorato, ecc.). Questa obiezione è difficile da sostenere, tenuto conto dell’obbligo di associazionismo che grava sui piccoli comuni finora disatteso.
Le osservazioni più condivisibili riguardano la contabilità economico-patrimoniale, che così come regolata comporta oneri molto gravosi di scarsa utilità, e il bilancio consolidato, adempimento aggiuntivo di scarso rilievo pratico spesso affidato, nei piccoli enti, a professionisti esterni con inutile aggravio di costi per le casse comunali.
Su un punto, però, sarebbe utile riflettere. I responsabili dei servizi finanziari propongono di esentare da alcuni obblighi (bilancio consolidato; contabilità economico – patrimoniale) gli enti di minore dimensione demografica (5mila abitanti). Forse sarebbe più utile che le esenzioni fossero pensate in relazione a parametri diversi da quello demografico, quali, ad esempio, entità degli stanziamenti di bilancio, servizi gestiti, numero e rilevanza delle partecipazioni, programma di opere pubbliche, ecc. Non sempre ad enti di piccola dimensione demografica corrisponde una situazione finanziaria, patrimoniale e organizzativa altrettanto elementare.