Nell’ambito del nuovo sistema contabile armonizzato presenta indubbiamente una certa rilevanza ma anche una certa complessità la gestione della “cassa”, destinata ad integrare il tradizionale riferimento alla gestione di competenza ed a garantire ulteriori controlli da parte dell’istituto tesoriere.
Dall’entrata in vigore del nuovo ordinamento contabile, quindi, gli enti hanno dovuto confrontarsi con l’esigenza di “gestire” anche tale dimensione, con l’operatività che ne consegue anche in termini di variazioni di bilancio e di vincoli ai pagamenti.
In tale quadro di riferimento assumono certamente importanza i chiarimenti recentemente intervenuti da parte della Commissione ARCONET, afferenti due criticità che possono concretamente verificarsi nell’ambito della gestione contabile quotidiana degli enti locali.
Da una parte, è stata esaminata la fattispecie nella quale l’ente presenta un bilancio approvato o una variazione di bilancio in cui una o più voci di bilancio evidenziano uno stanziamento di cassa superiore alla somma dei residui e dello stanziamento di competenza (fattispecie che può verificarsi sia dal lato “entrata”, sia dal lato “spesa”).
E’ evidente che sono situazioni non molto “logiche” (a parte alcune fattispecie puntuali, come il maggiore incasso di somme a residuo) nelle quali si appalesa una sostanziale incoerenza tra diverse grandezze che, per quanto non identiche, sono tra di loro in qualche modo correlate.
In tali ipotesi, nondimeno, secondo la Commissione il tesoriere/cassiere non è tenuto ad effettuare “verifiche di congruenza rispetto agli stanziamenti di bilancio”, comprese le articolazioni relative al fondo pluriennale vincolato e alle spese già impegnate, approvati dal Consiglio.
Con la conseguenza, del tutto naturale, che il tesoriere non può non acquisire il bilancio di previsione e le relative variazioni anche se presentano “incongruenze”, ma deve rifiutare gli ordinativi di pagamento riferiti agli stanziamenti che presentano “incongruenze” quali, ad esempio, stanziamenti di cassa superiori alla somma della competenza e residui.
In altri termini, quindi, l’istituto tesoriere non deve procedere ad una generale verifica della coerenza tra gli stanziamenti di cassa, gli stanziamenti di competenza e l’ammontare dei residui, dovendosi invece limitare ad operare tale verifica in relazione agli ordinativi di pagamento ricevuti.
Dall’altra parte, invece, la Commissione ARCONET ha affrontato una questione specifica legata al rapporto tra la gestione di cassa (con i relativi stanziamenti) e l’attività di riaccertamento ordinario dei residui che, mediante la fase di reimputazione, implica lo “spostamento” degli accertamenti e degli impegni non esigibili.
In particolare, ci si chiedeva se tale reimputazione (con il trasferimento della posta, ad esempio, dal 2016 al 2017 come esercizio di imputazione) comportasse l’esigenza di operare una rideterminazione anche degli stanziamenti di cassa dell’esercizio precedente (2016 nell’ipotesi).
Con riferimento a tale casistica, secondo la riposta fornita, è stato evidenziato che le variazioni degli stanziamenti di cassa dell’esercizio precedente, comprese quelle dirette ad evitare che gli stanziamenti definitivi di cassa siano superiori alla sommatoria degli stanziamenti di competenza e dei residui, non rientrano nella definizione di variazioni “necessarie alla reimputazione delle entrate e delle spese riaccertate”.
Giustamente e opportunamente, infine, l’indicazione sottolinea però l’importanza di verificare e riscontrare puntualmente la coerenza degli stanziamenti di cassa dell’esercizio successivo che, a seguito della reimputazione degli impegni, potrebbero non essere adeguati e quindi non consentire il pagamento delle obbligazioni esigibili dell’ente. Ciò, con l’obiettivo di assicurare che sussista la necessaria correlazione tra i diversi aspetti contabili in gioco che, per quanto eterogenei, non possono non presentare un’indispensabile coerenza sistematica.