La proroga tecnica del contratto dovuta non a oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della gara, ma a un’indizione tardiva soggettivamente addebitabile all’amministrazione, è illegittima se le condizioni economiche del contratto originario sono mutate sensibilmente in danno all’appaltatore.

Il significativo vantaggio economico conseguito dalla stazione appaltante in seguito alla proroga appare sintomatico dell’illegittimità dell’uso dell’istituto di cui all’art. 106, comma 11, Codice dei contratti.

Consiglio di Stato, Roma, sez. V, sentenza 29 maggio 2019, n. 3588 – Presidente Severini, Estensore Quadri

A margine

L’impresa titolare della convenzione per la fornitura di energia elettrica a favore di diversi enti con sede in una Provincia autonoma, alla scadenza del contratto, impugna l’atto di proroga per ulteriori 6 mesi della convenzione stessa disposto dal soggetto aggregatore provinciale a fronte:

“la durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante”.

  • della previsione del capitolato che prevede che:

“ai fini della conclusione della procedura per l’individuazione di un nuovo Contraente, tale durata potrà essere prorogata per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura medesima, come disposto dall’art. 106, comma 11 del Codice dei contratti“.

In particolare l’impresa, che si rifiuta di continuare il servizio alle stesse condizioni originarie, lamenta l’antieconomicità della proroga considerando il notevole aumento dei prezzi dell’energia rispetto al momento della stipulazione della convenzione per cui la stessa aveva offerto dei prezzi molto inferiori e che, ora, si ritroverebbe a dover riapplicare derivandone un importante pregiudizio economico.

Il Tar Trento, con sentenza n. 282/2018, respinge il ricorso. Pertanto la ditta si appella al Consiglio di Stato affermando che la Provincia autonoma, nel ritardare l’indizione della gara per il nuovo affidamento, avrebbe fatto una valutazione di mera convenienza economica, ricorrendo alla proroga tecnica contro i principi e le norme europee e nazionali in materia richiamate più volte dal Consiglio di Stato e dalla Corte di giustizia UE.

La sentenza

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso non condividendo la sentenza di primo grado laddove nega che il ritardo nell’espletamento della gara per l’individuazione del nuovo fornitore sia addebitabile alla stazione appaltante, tempestivamente attivatasi per la sua indizione, e che avrebbe dovuto fronteggiare una situazione di mercato oggettivamente complessa.

Dalla documentazione in atti non risultano, infatti, ragioni oggettive, prevalenti sulla volontà dell’amministrazione, giustificanti la mancata tempestiva indizione della gara ad evitare la proroga; al contrario, il ritardo appare dipeso dai dubbi della Provincia autonoma sul metodo da utilizzare per definire il prezzo da porre a base della gara da indire e sulla durata del nuovo contratto. Tali ritardi hanno fatto sì che la gara fosse indetta solo il 23 agosto 2018 e che il bando fosse pubblicato solo il 29 agosto successivo, rendendo così necessaria la proroga.

Inoltre, la situazione di mercato relativa al prezzo dell’energia elettrica, che era significativamente cresciuto rispetto all’anno precedente, non era tale da giustificare tanto ritardo nell’indizione della gara, con l’effetto di posticiparla rispetto alla decisione di prorogare la convenzione con la ditta appellante.

Pertanto la propoga disposta dalla Provincia autonoma nonostante il rifiuto dell’impresa, risulta illegittimità, in quanto dovuta non a oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della gara, ma a un’indizione tardiva che appare in realtà soggettivamente addebitabile all’amministrazione.

Il significativo vantaggio economico conseguito dalla stazione appaltante in seguito alla proroga appare poi sintomatico dell’illegittimità dell’uso dell’istituto di cui all’art. 106, comma 11, Codice dei contratti.

La legge, infatti, lo riserva a circostanze del tutto eccezionali («La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente»), la cui ratio è solo quella di assicurare la continuità delle forniture pubbliche nelle more della gara. Il che ne evidenzia il carattere derogatorio e di stretta interpretazione, dunque di applicazione consentita solo se ricorrano le condizioni di legge. Ma così non era nel caso in esame.

“La cd. “proroga tecnica” – istituto volto ad assicurare che, nelle more dello svolgimento di una gara per il nuovo affidamento di un servizio, l’erogazione dello stesso non subisca soluzioni di continuità – rappresenta un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali (Cons. Stato, sez. III, 3 aprile 2017, n. 1521 e sez. V, 17 gennaio 2018, n. 274).

di Simonetta Fabris


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