IN POCHE PAROLE….
Gli indizi del frazionamento artificioso di un appalto: mancanza di programmazione, artificioso frazionamento temporale dell’appalto, importo che lambisce la soglia di rilevanza comunitaria
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 27 luglio 2021, n. 5561, Pres. Franconiero, Est. Fantini
Un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione della procedura aperta, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino.
La carenza di programmazione degli acquisiti di beni e servizi nei casi in cui è obbligatoria ai sensi del codice dei contratti pubblici incide sulla frammentazione degli affidamenti, specie se non sono enunciate le ragioni che giustificano l’acquisto di beni e servizi non compresi nell’elenco biennale.
L’artificioso frazionamento di un appalto, in mancanza dell’indicazione delle “ragioni oggettive nella deliberazione a contrarre”, può essere dimostrata in via indiziaria.
A margine
Il gestore uscente di un servizio di vigilanza presso alcuni uffici giudiziari ricorre contro la determinazione a contrarre con la quale una Procura avvia una procedura negoziata mediante richiesta di offerta su MEPA per l’affidamento del medesimo servizio per venti mesi, con valore stimato dell’appalto pari ad euro 738.528,00 e dunque al di sotto della soglia dei servizi di cui all’allegato IX del d.lgs. n. 50 del 2016, pari ad euro 750.000,00.
L’impresa afferma che l’amministrazione avrebbe dovuto procedere con procedura aperta, anziché con la negoziata contestando l’immotivata predeterminazione della durata del servizio di vigilanza a venti mesi, laddove solamente dieci giorni in più avrebbero comportato il superamento delle soglie, con conseguente esclusione del principio di rotazione, oltre che il difetto di un’adeguata programmazione biennale.
In primo grado, il Tar Toscana, con sentenza n. 1495 del 2020, respinge il ricorso, nella considerazione che «l’appalto di servizi di vigilanza […] è stato unitariamente considerato dalla Procura quanto al suo oggetto, mentre, quanto a durata temporale, essa è addirittura superiore a quella del servizio in corso, stabilita in 12 mesi, prorogabili per un massimo di 6 mesi», inferendone dunque come «la stazione appaltante abbia ritenuto, nell’esercizio della propria insindacabile discrezionalità, il periodo mediamente annuale di durata del servizio, quello meglio rispondente alle proprie esigenze»; in tale contesto la sentenza ha ritenuto inammissibili i residui motivi dedotti per carenza di interesse, in ragione del fatto che, in applicazione del principio di rotazione di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 2 del d.l. n. 76 del 2020, alla ricorrente era preclusa la partecipazione alla gara.
Pertanto l’impresa si appella al Consiglio di Stato.
La sentenza
Il Collegio accoglie l’appello condividendo il motivo di ricorso in ordine all’assenza della programmazione biennale ai fini degli acquisti di beni e servizi (ex art. 21 del d.lgs. n. 50 del 2016) tanto più rilevante in ragione dell’interrelazione tra assenza di programmazione e frazionamento della durata dell’appalto.
Seppur non sussiste giurisprudenza consolidata sull’efficacia della programmazione degli acquisiti e dunque sulle conseguenze dell’assenza della medesima è però indubbio che l’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 ne enuclea una portata obbligatoria, con un’evidente finalità di pianificazione e di trasparenza.
Anche a postularne un’efficacia di mera programmazione, di strumento di pianificazione della spesa, con carattere cogente nei soli confronti dell’amministrazione (in termini Cons. Stato, IV, 18 febbraio 2016, n. 651), non può negarsi l’incidenza della stessa sotto il profilo dell’impiego razionale delle risorse, e dunque, per coerenza, ammettersi che la carenza di programmazione possa riflettersi sulla frammentazione degli affidamenti. Almeno in questi termini il motivo appare dunque fondato, come pure in ragione della mancata indicazione delle ragioni che consentivano (a termini dell’art. 7 del d.m. n. 14 del 2018) di effettuare servizi e forniture non inserite nell’elenco.
Maggiore pregnanza assume il sub-motivo con cui si deduce l’artificioso frazionamento temporale dell’appalto, con durata di soli venti mesi, onde rimanere al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria (per soli 11.000 euro), in violazione di quanto prescritto dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, mentre sarebbero bastati dieci giorni in più per superare la predetta soglia; peraltro appare incoerente una siffatta durata con la programmazione biennale, in quanto non è consentito che nello stesso ambito programmatorio possano coesistere due o più procedure per lo stesso servizio, ma “spezzettate”. Per l’appellante, se il bisogno è biennale, la durata del contratto deve essere almeno biennale; in ogni caso, ai sensi dell’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, il frazionamento deve essere correlato a “ragioni oggettive”, che non sono invece esternate nella deliberazione a contrarre.
Si rammenta che l’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che «un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino». Nella fattispecie controversa la determinazione a contrarre non contiene alcuna esternazione delle ragioni idonee a giustificare il frazionamento dell’appalto su base temporale, limitandosi a rappresentare la necessità del rispetto del principio di rotazione e di garantire la continuità del servizio.
In assenza di motivazione sulle ragioni del frazionamento, l’artificiosità della frantumazione dell’appalto può essere dimostrata in via indiziaria.
A tale dimostrazione concorre la prefissazione della durata del contratto a venti mesi, implicante il raggiungimento di un importo che “lambisce” la soglia comunitaria, non coerente con la programmazione biennale, e soprattutto con l’affermazione che «i servizi di vigilanza degli Uffici giudiziari sono necessari ed irrinunciabili in quanto funzionali al mantenimento di adeguati livelli di sicurezza pubblica ed all’ordinato svolgimento delle attività giudiziarie», sì da risultare illogica una durata limitata nel tempo, se non con lo scopo di non superare la soglia comunitaria, che appare dunque l’obiettivo, non dichiarato apertis verbis, ma evidentemente strumentale, che domina la determinazione gravata.
di Simonetta Fabris