IN POCHE PAROLE…
E’ legittimo prevedere nella lex specialis la possibilità di non aggiudicare la gara in presenza di offerte non convenoenti.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 17 febbraio 2021, n. 1455, Pres. Lipari, Est. Tulumello
La stazione appaltante può legittimamente applicare la clausola di non aggiudicare l’appalto prevista dal bando di gara se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto.
La conduzione di una indagine di mercato che dimostra la non convenienza economica dell’offerta selezionata costituisce presupposto ragionevole per decidere di non aggiudicare la gara, qualora tale clausola sia espressamente prevista nel bando.
A margine
Una impresa ricorre al Tar contro la decisione della stazione appaltante di non aggiudicare alla stessa, un lotto di una gara per la fornitura triennale di antisettici e disinfettanti presso varie ASL ritenendo la sua offerta non conveniente sotto il profilo economico.
In primo grado, il Tar Puglia, con sentenza n. 1129/2020, dichiara inammissibile il ricorso. Pertanto l’impresa si appella al Consiglio di Stato lamentando una insufficiente motivazione della decisione di non procedere ad aggiudicazione della gara.
La sentenza – Il Consiglio di Stato esamina il ricorso ritenendolo infondato.
In particolare, il collegio ricorda che la stazione appaltante, attraverso un’indagine di mercato, ha rilevato che il prezzo con cui si sarebbe aggiudicata la gara la ricorrente era superiore alle migliori quotazioni rivenienti da aggiudicazioni effettuate in ambito nazionale; richieste le giustificazioni all’offerente, e ritenute le stesse tali da non giustificare il sovrapprezzo, ha quindi fatto applicazione dell’apposita clausola di salvaguardia inserita nella legge di gara.
L’appellante invoca l’art. 97 del d.lgs. 50/2016, che è però parametro inconferente, perché relativo alla valutazione di anomalia dell’offerta. Per le stesse ragioni non è pertinente il richiamo alla giurisprudenza in materia di valutazione della congruità o dell’anomalia dell’offerta.
Peraltro, fermo restando che una simile valutazione è sindacabile in giudizio solo in relazione a macroscopici profili di illogicità od irragionevolezza manifesta (non sussistenti nel caso di specie), ciò che caratterizza la vicenda in giudizio è che non si controverte intorno ad un giudizio di anomalia, ma dell’applicazione della clausola di salvaguardia, a sua volta consentita dall’art. 95, comma 12, del d.lgs. 50/2016 (“Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito”).
In presenza di tale clausola, il potere di non aggiudicare la gara è dunque subordinato unicamente alla valutazione di non convenienza economica che, nel caso di specie, deriva da una adeguata ricognizione, esplicitata da idonea motivazione.
Infatti, l’unica offerta valida delle sette presentate è risultata di importo superiore a quello rilevato mediante attività di benchmarking dei prezzi di beni e servizi in ambito sanitario; l’appellante ha giustificato tale circostanza limitandosi a rilevare che tale prezzo sarebbe risultato in linea con quello praticato ad altra ASL (ma a seguito di affidamento diretto e non già di una gara).
La stazione appaltante non ha accolto tale giustificazione tanto più in relazione alla gara “aggregata” in esame, rivolta alla fornitura verso più ASL, che avrebbe dovuto al contrario consentire l’acquisizione a condizioni di mercato migliori e non peggiori rispetto a quelle medie.
Pertanto, la plausibilità e ragionevolezza della decisione del seggio di gara, in presenza dei richiamati presupposti fattuali e giuridici, esclude che essa sia affetta da vizi, ed altresì che sia stato leso un affidamento qualificato dell’appellante, dal momento che proprio la legge della gara, mediante la citata clausola di salvaguardia, escludeva che si potesse radicare un simile affidamento fino all’aggiudicazione definitiva, e comunque fino all’esercizio del potere di valutazione della convenienza economica dell’offerta.
Con riferimento alla pretesa violazione degli artt. 3 e 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, in relazione all’esercizio del potere di revoca degli atti di gara ed alla sua motivazione, il collegio evidenzia infine che, nel caso di specie, la stazione appaltante ha esercitato il potere di autotutela ancor prima di procedere all’aggiudicazione, in conseguenza della nuova valutazione dell’interesse pubblico indotta dalle ragioni richiamate e che costituiscono la motivazione del provvedimento di revoca.
Tali ragioni integrano pienamente il paradigma normativo indicato dall’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, dal momento che l’amministrazione ha riscontrato la possibilità di un risparmio di spesa dalla non aggiudicazione dell’offerta.
Il Consiglio di Stato rigetta quindi il ricorso.
di Simonetta Fabris