IN POCHE PAROLE….

L’appaltatore non ha diritto all’incremento dell’anticipazione del prezzo  contrattuale nella misura del 30% .

Tar Lombardia, Milano, sez. I, sentenza 27 aprile 2021, n. 1052, Pres. Giordano, Est. Gatti


L’anticipazione del prezzo di cui all’art. 207 del DL 34/2020 non configura un diritto dell’appaltatore ma una facoltà esercitabile dalla stazione appaltante 

L’impresa non può sciogliere la propria offerta sull’assunto di una eccessiva onerosità sopravvenuta a fronte dell’emergenza sanitaria senza provare i fatti che allega e dai quali pretende far derivare conseguenze giuridiche a suo favore.

E’ legittima la revoca dell’aggiudicazione a seguito del rifiuto dell’operatore economico alla stipulazione del contratto, motivata con il mancato accoglimento della richiesta dell’operatore economico di incremento al 30% dell’anticipazione contrattuale e al riconoscimento dei maggiori costi dovuti all’emergenza sanitaria in mancanza di dati obiettivi.


A margine

Un’impresa aggiudicataria di una gara di lavori per la realizzazione di una scuola subordina la propria diponibilità a stipulare il contratto a talune modifiche rese necessarie da sopravvenienze normative legate all’emergenza sanitaria, richiedendo di innalzare la percentuale dell’anticipazione dal 20 al 30% come previsto dall’art. 207 del D.L. n. 34/2020, convertito con modifiche dalla L. n. 77/2020, nonché il riconoscimento di ulteriori costi della sicurezza previsti dall’art. 8, c. 4, lett b), del D.L. n. 76/2020.

In assenza di riscontro, l’impresa comunica di non voler stipulare il contratto e lo scioglimento dal vincolo dell’offerta, ai sensi dell’art. 31 c. 8 D.lgs. 50/2016, a fronte dell’emergenza sanitaria che ha reso le condizioni economiche della propria offerta non più remunerative ma anzi eccessivamente onerose.

Il Comune provvede pertanto a revocare l’aggiudicazione, incamerare la cauzione provvisoria e a segnalare il fatto all’ANAC mentre l’impresa ricorre al Tar ritenendo che il Comune avrebbe dovute accogliere le proprie richieste di modifica del contratto.

La sentenza

Il Collegio è chiamato a valutare se la ricorrente avesse o meno titolo ad ottenere la modifica del contratto, in conseguenza della normativa emergenziale entrata in vigore successivamente all’aggiudicazione, ed in sostanza, la sussistenza dei presupposti del provvedimento di revoca sanzionatoria, adottato in conseguenza del suo rifiuto alla stipula del contratto.

Sotto un primo profilo, l’istante invoca il contenuto dell’art. 8, c. 4 lett. b), L. 11.9.2020 n. 120, di conversione del D.L. n. 76/2020, secondo cui, vanno riconosciuti i maggiori costi derivanti dall’adeguamento e dall’integrazione del piano di sicurezza e coordinamento, in attuazione delle misure di contenimento.

Sotto altro aspetto, la ricorrente richiama l’art. 207 del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazione nella L. n. 77/2020, invocando la corresponsione dell’importo dell’anticipazione del prezzo al 30%, già previsto dall’art. 35 c. 18 del Codice dei Contratti al 20%.

Da ultimo, l’istante invoca l’art. 91 del D.L. 17.3.2020 n. 18, che all’art. 3 del D.L. 23.2.2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla L. n. 13/2020, ha inserito il comma 6-bis, secondo cui “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Osserva il Collegio che il comma 4 dell’art. 8 cit. subordina il riconoscimento die maggiori costi ivi indicati, “ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore” del D.L. n. 76/2020, e cioè, al 16.7.2020, non essendo quindi applicabile alla fattispecie per cui è causa.

Quanto all’incremento dell’anticipazione del prezzo da corrispondere all’appaltatore, di cui all’art. 207 cit., lo stesso non configura un suo diritto, quanto invece, una facoltà esercitabile dalla stazione appaltante (“può essere incrementato”), “nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione”.

La ricorrente non ha peraltro documentato, e neppure affermato, che la mancata tempestiva disponibilità delle maggiori somme che, a suo dire, le avrebbero dovuto essere riconosciute dalla stazione appaltante, pari ad un incremento del 10% dell’anticipazione del prezzo, sia stata determinante, al fine di rendere antieconomica la stipulazione del contratto.

Da ultimo, neppure con riferimento a quanto previsto nel comma 6-bis della L. n. 13/2020, la ricorrente ha offerto alcun dato obiettivo da cui desumere, in conseguenza dell’emergenza sanitaria, un peggioramento della propria condizione patrimoniale, tale da precluderle l’esecuzione del contratto, limitandosi invece, del tutto genericamente, a richiamare lo stato di emergenza sanitario, ciò che tuttavia contravviene il principio secondo cui ciascuna delle parti ha l’onere di provare i fatti che allega e dai quali pretende far derivare conseguenze giuridiche a suo favore, e pertanto, l’eccessiva onerosità sopravvenuta che ha alterato il rapporto di proporzionalità tra le reciproche prestazioni.

Pertanto il ricorso è respinto avendo la stazione appaltante correttamente ritenuto ingiustificato il rifiuto della ricorrente a stipulare il contratto nonché revocato l’aggiudicazione e adottato gli atti consequenziali.

di Simonetta Fabris


Stampa articolo