IN POCHE PAROLE….

L’identità funzionale dell’oggetto della procedura di gara consente alla Stazione appaltante di frazionare per macroaree geografiche limitando gli importi a base d’asta a fini proconcorrenziali.


Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 12 ottobre 2021, n. 6837, Pres. Frattini, Est. Tulumello


Il fatto che la disciplina degli appalti pubblici sia ispirata al valore della tutela della concorrenza non comporta una restrizione sul piano della qualità delle prestazioni che può richiedere l’amministrazione.

A margine

La ditta terza classificata di una procedura suddivisa in 7 lotti per l’affidamento di servizi integrati per la gestione ed assistenza tecnica di apparecchiature biomediche per 5 anni con opzione di rinnovo per 2 anni contesta davanti al Tar la suddivisione della gara in sette macro-lotti senza la previsione del vincolo di aggiudicazione.

In particolare contesta l’inclusione di più Aziende sanitarie nel medesimo lotto osservando che gli esiti dell’aggiudicazione avrebbero determinato una “situazione di monopolio” (o di quasi-monopolio).

Il Tar Veneto, con sentenza n. 00424/2021 rigetta il ricorso osservando che “non risulta comprovata un’effettiva incidenza lesiva dell’assetto organizzativo compendiato nel bando di gara nella sfera giuridica della ricorrente, ancorchè non sia stato previsto il vincolo di aggiudicazione. In particolare, non sono state allegate, né comprovate condizioni tali da far ritenere integrate, per effetto delle modalità di confezionamento della gara in sette lotti, le condizioni di mercato sostanzialmente chiuso a danno di imprese diverse dalle aggiudicatarie (….) escludendo profili di irragionevolezza nella mancata previsione del “vincolo di aggiudicazione”, che costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, dal cui mancato esercizio non può automaticamente desumersi la violazione delle norme sulla concorrenza”.

Pertanto l’impresa si appella al Consiglio di Stato.

La sentenza – Il collegio premette che la suddivisione in lotti di cui all’art. 51, d.lgs n. 50 del 2016 è prevista a tutela delle piccole e medie imprese e del principio della libera concorrenza.

L’appalto in questione prevede la fornitura di un oggetto necessariamente unitario, motivo per cui la suddivisone in lotti in termini geografici non appare difforme rispetto al precetto normativo. Inoltre, la previsione di vincoli di partecipazione o di aggiudicazione rientra tra le facoltà dell’amministrazione e non si risolve in un obbligo, come anche indicato nella Direttiva 2014/24/UE.

Si rileva quindi che la scelta della Stazione appaltante è frutto di un bilanciamento tra tutela della concorrenza da una parte, ed esigenze tecnico-economiche dall’altra, afferenti l’interesse pubblico alla prestazione di cui è attributaria l’amministrazione, per cui la suddivisione in lotti geografici su base d’asta non risulta irragionevole o illegittima e, sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie.

Nella giurisprudenza della Sezione si è più volte affermato che la mancata previsione del vincolo di aggiudicazione non comporta ex se illegittimità della procedura. In particolare, la sentenza n. 3683 del 2020 ha chiarito che “non è l’assenza di tale vincolo, la cui previsione è meramente discrezionale (art. 51, comma 3, del d.lgs n. 50 del 2016), a determinare in sé la violazione della concorrenza, bensì la strutturazione della gara in modo tale che la sua apparente suddivisione in lotti, per le caratteristiche stesse di questi o in base al complesso delle previsioni della lex specialis, favorisca in modo indebito taluno dei concorrenti e gli consenta di acquisire l’esclusiva nell’aggiudicazione dei lotti”.

Il problema si sposta dunque sulla logicità e ragionevolezza della suddivisione in lotti che, come chiarito, nel caso di specie è risultata conforme ad un plausibile bilanciamento fra le esigenze di tutela della concorrenza e quelle correlate alla organizzazione sul territorio della prestazione oggetto dell’appalto”.

Nella specie la Sezione ha escluso la illogicità del frazionamento per essere state accorpate in alcuni lotti più Aziende Sanitarie, qualora tale accorpamento sia comunque conforme al criterio territoriale di cui sopra non risultando, e non avendolo peraltro neppure dedotto l’appellante, che gli accorpamenti in questione siano stati individuati e definiti in deroga al ridetto criterio.

L’accorpamento nel medesimo lotto di Aziende non ricadenti in ambiti territoriali eterogenei confermerebbe semmai la ragionevolezza del criterio e la sua effettiva funzionalizzazione agli interessi collettivi portati dalla stazione appaltante.

In proposito si evidenzia che è proprio il diritto comunitario ad insegnare che il fatto che la disciplina degli appalti pubblici sia ispirata al valore della tutela della concorrenza non vuol dire che ciò comporti una restrizione sul piano della qualità delle prestazioni che può richiedere l’amministrazione (secondo un parametro di proporzionalità), specie a fronte di un servizio pubblico così delicato. A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego).

Tale principio, positivizzato con riferimento alla disciplina dei requisiti, rileva evidentemente – per identità di ratio – anche quale criterio che orienta il margine di discrezionalità di cui dispone la stazione appaltante (con il limite della logicità e della ragionevolezza) nell’individuazione dei lotti, a tutela delle esigenze dell’amministrazione rilevanti sul piano dell’organizzazione del servizio.


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