IN POCHE PAROLE…
E’ legittima la scelta del bando di gara di premiare i concorrenti che abbiano investito su misure atte a scongiurare discriminazioni fondate su ragioni di genere
Tar Lazio, Roma, sez. II, sentenza 8 marzo 2023, n. 3873, Pres. Spagnoletti, Est. Arata
La scelta del bando di gara di premiare i concorrenti che abbiano investito su misure atte a scongiurare discriminazioni fondate su ragioni di genere è senz’altro legittima e esente da censure.
Tale scelta non vale solo per le gare relative a contratti pubblici finanziati da fondi UE quali il PNRR e PNC, ma anche anche per altre procedure, essendo la parità di genere uno principi oggetto di tutela indicati dall’art. 95, co. 13, del d.lgs. n. 50/2016 con riferimento a tutte le gare, a prescindere dalla fonte finanziamento.
A margine
Il caso – Un’ impresa concorrente impugna l’aggiudicazione di una procedura aperta, suddivisa in 4 Lotti, per l’affidamento di servizi di Vigilanza Armata unitamente al disciplinare di gara nella parte in cui prevede, tra i criteri di valutazione tecnica, un punteggio premiale legato ad aspetti inerenti la “parità di genere” affermando che tali criteri non dovrebbero trovare applicazione nel caso in esame, trattandosi di gara non finanziata con fondi europei.
In particolare la richiesta del bando di gara di percentuali di donne in ruoli apicali e l’assenza di verbali di discriminazione di genere sarebbero illegittimi, poiché la facoltà di inserire requisiti di tal genere all’interno di bandi volti all’affidamento di contratti pubblici è stata introdotta – per la prima volta – con l’art. 47, comma 4 (“Pari opportunità e inclusione lavorativa nei contratti pubblici, nel PNRR e nel PNC”) del d.l. n. 77/2021 (c.d. “Decreto Semplificazioni Bis”, convertito con modificazioni in legge 29 luglio 2021, n. 108) solo in relazione a gare relative a contratti pubblici PNRR e PNC.
La sentenza
Il Tar respinge il ricorso ritenendo l’assunto della ricorrente infondato.
Invero, ai sensi dell’art. 30 comma 1 del d.lgs. n. 50/2016 il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali. Inoltre, è lo stesso articolo 95, comma 6 lettera a) del Codice dei Contratti ad aver previsto che, fra i criteri di valutazione di un’offerta, possa rientrare “la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali”.
Nel caso in esame, la scelta compiuta in sede di redazione del bando di gara di premiare i concorrenti che abbiano investito sulle misure atte a scongiurare discriminazioni fondate su ragioni di genere è quindi senz’altro legittima ed esente da censure.
Se, come ricordato dalla stessa ricorrente, nel caso di procedure di selezione atte all’attribuzione di fondi europei è lo stesso ordinamento comunitario a prevedere tali meccanismi premiali, è pur vero che l’ordinamento interno ha di recente investito in equivalenti strumenti di tutela.
In questo senso, deve essere menzionata la previsione di cui all’art. 34 del d.l. n. 36 del 30 aprile 2022, convertito con modificazioni dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, che ha modificato gli articoli 93 e 95 del d.lgs. n. 50/2016, estendendo detta tutela anche alle gare diverse da quelle finanziate con risorse PNRR o PNC ex art. 47 del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108.
Alla luce della richiamata disciplina il bando di gara impugnato è legittimo.
L’art. 95, co. 13, del d.lgs. n. 50/2016 prevede attualmente che: “Compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al maggiore rating di legalità e di impresa, alla valutazione dell’impatto generato di cui all’articolo 1, comma 382, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, anche qualora l’offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit, nonché per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione alle procedure di affidamento. Indicano altresì il maggiore punteggio relativo all’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero, e l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”.