I contratti degli enti pubblici e le loro modifiche devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta.
Tale forma assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria.
Corte di cassazione, sez. II civile, ordinanza 22 marzo 2019, n. 8244, Presidente San Giorgio, Relatore Fortunato
A margine
Il fatto – Una Corte distrettuale accoglie il ricorso di un Comune avverso un decreto ingiuntivo in favore dell’impresa gestore del servizio rifiuti per il pagamento di € 12.029,25 a titolo di saldo del corrispettivo per il servizio reso, escludendo che le parti avessero perfezionato per facta concludentia un accordo modificativo dell’originario contratto disciplinante la tariffa, che legittimasse l’impresa a pretendere il pagamento di un corrispettivo calcolato in base alla maggior tariffa di C 122/kg.
In particolare, la Corte evidenzia che, essendo il Comune obbligato a conferire i rifiuti presso i siti in gestione alla ricorrente e non potendo quest’ultima respingere i conferimenti, l’esecuzione del rapporto non poteva valere come accettazione tacita della tariffazione richiesta dall’impresa.
La ditta ricorre dunque in Cassazione affermando che l’originaria convenzione poteva essere modificata liberamente dalle parti anche riguardo alla tariffa applicabile e che il Comune, avendo continuato a conferire i rifiuti presso l’impianto, aveva accettato, mediante un comportamento concludente, la richiesta di maggiorazione del corrispettivo dell’impresa.
L’ordinanza – La Corte di Cassazione osserva che, anche a voler ritenere che le parti potessero liberamente stabilire la tariffa applicabile, era comunque necessaria l’osservanza della forma scritta ad substantiam.
Infatti i contratti degli enti pubblici devono infatti essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria (cfr. Cass. 27910/2018; Cass. 19410/2016; Cass. 17646/2002; Cass.13039/1999; Cass. 21477/2013; Cass. 1606/2007; Cass. 22537/2007).
Tale principio esclude la possibilità di ritenere ammissibile il perfezionamento dell’accordo sulla base di una manifestazione di volontà implicita o di comportamenti concludenti o meramente attuativi (cfr. Cass. 22994/2015; Cass., 12323/2005).
Peraltro, il requisito di forma scritta è richiesto non soltanto la conclusione del contratto, ma anche per le eventuali modificazioni successive, le quali devono rivestire, a pena di nullità, la medesima forma del contratto originario, non potendo essere introdotte in via di mero fatto mediante l’adozione di contenuti e pratiche difformi da quelle precedentemente convenute, ancorché protrattisi nel tempo e rispondenti ad un accordo tacitamente intervenuto tra le parti in epoca successiva o — comunque – mediante comportamenti concludenti, venendo altrimenti eluso il suddetto vincolo di forma (cfr. Cass. 8539/2011; Cass. 8621/2006; Cass. 5448/1999).
Non è inoltre invocabile nemmeno l’art. 17, del R.D. 2440/1923, poiché la norma non introduce alcuna deroga al requisito della forma scritta, ma si limita a consentire, a date condizioni, il perfezionamento dei contratti pubblici non mediante dichiarazioni formali contestuali, contenute in un documento unico, ma tramite lo scambio di corrispondenza a distanza, secondo gli usi commerciali (Cass. 6555/2014; Cass. 8000/2010; Cass. 7297/2009; Cass. 1752/2007), non essendo comunque sufficiente che dagli scritti risultino comportamenti attuativi di un accordo solo verbale (Cass. 5263/2015).
Del tutto irrilevante risulta poi che la delibera regionale di rinnovo dell’autorizzazione al conferimento dei rifiuti sul sito in esame, abbia aggravato i costi di gestione degli impianti, occorrendo che l’amministrazione, prendendo atto della nuova situazione, acconsentisse, nelle forme dovute, alla modifica della convenzione e ne valutasse, alla stregua dell’interesse pubblico, l’effettiva incidenza nell’economia del rapporto già in essere.
Il ricorso è dunque respinto.