IN POCHE PAROLE….

La controversia in materia di diniego parziale di autorizzazione al subappalto rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo


Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 10 gennaio 2022, n. 171 Pres. Franconiero, Est. Fasano


Nella fase privatistica di esecuzione dell’appalto, l’Amministrazione si pone con la controparte in una posizione di parità ‘tendenziale’, in quanto può sempre verificarsi l’ipotesi che l’intervento autorizzativo sia espressione di una valutazione operata al fine primario dell’interesse pubblici.

.Nel diniego di autorizzazione al subappalto, gli interessi di carattere generale, pur connessi alla corretta esecuzione del contratto, connotano il momento pubblicistico, il quale si rappresenta nella scelta del subappaltatore nei termini di verifica del rispetto dei criteri fissati dalla procedura di gara.

La controversia in materia di diniego parziale di autorizzazione al subappalto subappalto rientra, pertanto, nella giurisdizione del giudice amministrativo, considerato che l’autorizzazione al subappalto è un istituto preordinato anche al perseguimento di interessi pubblici.


A margine

Un’impresa chiede al Tar l’annullamento del diniego parziale al subappalto opposto dalla stazione appaltante in quanto il ribasso operato dal subappaltatore per la posa in opera è superiore al 20%, escludendo dall’autorizzazione una voce di prezzo, inerente alle opere d’arte fondazioni.

Il Tar declina la giurisdizione ritenendo che spetti al giudice ordinario in quanto il diniego parziale di autorizzazione al subappalto non è attinente alle procedure di affidamento di cui all’art. 133, comma 1, lett. e) c.p.a., trattandosi di modalità esecutiva della prestazione rimessa alla determinazione delle parti, situata su di un piano paritetico assimilabile a quello dell’appaltante privato ai sensi dell’art. 1656 c.c. Pertanto, non assumeva rilevanza nessun potere discrezionale o comunque pubblicistico, con la conseguenza che il relativo contenzioso era di spettanza dell’autorità giudiziaria ordinaria.

Pertanto l’impresa si appella al Consiglio di Stato.

La sentenza

Il Consiglio di Stato ritiene il ricorso fondato ricordando che secondo il pacifico orientamento delle SS.UU. della Corte di Cassazione, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo ogni controversia relativa all’impugnazione dell’aggiudicazione della gara e degli atti del relativo procedimento antecedenti alla stipula del contratto di appalto, mentre, nella giurisdizione del giudice ordinario, i giudizi relativi alla successiva ‘fase contrattuale’, concernente l’esecuzione del rapporto (ex multis Cass. 21/5/2019 n. 13660).

Se la stipula del contratto segna il punto di ‘confine’ ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, vi sono fattispecie connotate da peculiarità tali da costituire delle deroghe a tale principio, in cui il criterio di riparto della giurisdizione si fonda sulla situazione giuridica fatta valere. Ogni volta che l’agire della stazione appaltante attiene ad un segmento procedimentale pubblicistico, ed è collegata all’esercizio di un potere da parte dell’Amministrazione, sussisterà la giurisdizione del giudice amministrativo. Tale discrimen è determinante, tenuto conto che la valutazione dell’interesse pubblico esclude ogni rapporto paritetico, anche se sussiste un vincolo contrattuale tra le parti. Ne consegue che, nella fase privatistica, l’Amministrazione si pone con la controparte in una posizione di parità che si può definire ‘tendenziale’, in quanto può sempre verificarsi l’ipotesi che l’intervento autorizzativo sia espressione di una valutazione operata al fine primario dell’interesse pubblico.

Nella specie, l’amministrazione ha espresso un diniego parziale di autorizzazione al subappalto sul rilievo di elementi preesistenti e riconducibili alla procedura di gara, esercitando di fatto un potere pubblicistico, contrapposto ad un interesse legittimo del privato, in quanto espressamente riferito ai criteri fissati dalla ‘lex specialis’ (Cons. Stato, 19/2/2014, n. 769). Alla posizione di supremazia espressa dall’amministrazione con il predetto diniego ha fatto riscontro la soggezione della società appaltata, alla quale è riconosciuto l’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi spettanti alla prima, sicchè la controversia relativa al legittimo esercizio di tale potere rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (Corte di Cassazione SS.UU. n. 23468 del 18/11/2016).

Non induce in contrario il fatto che, nella specie, sia intervenuta la stipula del contratto e che si trovi nella fase della esecuzione del rapporto, in quanto l’utilizzo di strumenti privatistici è, infatti, incompatibile solo in linea generale con il ‘perseguimento del pubblico interesse’, come sancito dall’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, a proposito degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo (in questo senso: Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204). Inoltre, in ogni fattispecie di utilizzo di istituti propri del diritto civile prevale presso la giurisprudenza secondo cui la pubblica amministrazione mantiene le prerogative di autorità pubblica: tanto nella fase prodromica alla conclusione dei contratti (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 3 giugno 2010, n. 11, con riguardo alla costituzione o partecipazione in società), quanto nel corso del rapporto con il privato una volta stipulato il contratto (Cons. Stato, Ad.plen. 20 giugno 2014, n. 14).

Pertanto, deve ritenersi che nel diniego di autorizzazione al subappalto, gli interessi di carattere generale, pur connessi alla corretta esecuzione del contratto, connotano il momento pubblicistico, il quale si rappresenta nella scelta del subappaltatore nei termini di verifica del rispetto dei criteri fissati dalla procedura di gara. Ed invero, non può essere condiviso l’avviso del giudice di primo grado che considera detta autorizzazione una species di quella prevista dall’art. 1656 c.c. in materia di appalti privati, riconducendola esclusivamente ad espressione di autonomia negoziale. Mentre la ratio della previsione di cui al citato art. 1656 c.c. si collega alla natura fiduciaria del contratto d’appalto, di tal che il committente è chiamato a valutare unicamente (e liberamente) la compatibilità del subappalto con il proprio interesse a veder realizzata l’opera appaltata a regola d’arte, l’autorizzazione al subappalto è un istituto preordinato anche al perseguimento di interessi pubblici ulteriori (Cons. Stato, n. 1713/2010). Peraltro, la non riconducibilità dei prescritti poteri a quelli propri di un rapporto paritetico non si traduce in una diminuzione di tutela della società appaltata, essendovi, al contrario, un rafforzamento della sua posizione secondo lo statuto tipico del procedimento amministrativo, in primis per la necessità che l’attività autorizzativa al subappalto sia esercitata in coerenza con il pubblico interesse sotteso al contratto di appalto. Di ciò si conferma nel caso si specie.

Sulla base di tali considerazioni è affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, con conseguente rinvio al primo giudice.


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