L’esercizio del diritto di prelazione nelle forme previste dal comma 15 dell’art. 183, d.lgs. n. 50 del 2016 fa nascere in capo all’amministrazione aggiudicatrice il mero obbligo di aggiudicare la gara al promotore, senza dunque generare alcun subentro automatico in un diritto da disporre o già acquisito da un terzo.

Tar Emilia Romagna, Parma, sentenza 6 marzo 2019, n. 58, Presidente Conti, Estensore Lombardi

A margine

Il fatto

La società ricorrente chiede l’annullamento dell’aggiudicazione disposta in favore del raggruppamento controinteressato, dell’ “affidamento in concessione della progettazione costruzione e gestione mediante finanza di progetto di un tempio per la cremazione in adiacenza al cimitero”, intervenuta, ai sensi dell’art. 183, co. 15, d.lgs. n. 50/2016, a seguito dell’esercizio del diritto di prelazione da parte del medesimo promotore, lamentando:

– la violazione dell’art. 183, comma 15 cit., in quanto il promotore sarebbe incorso nella decadenza prevista dalla legge, non avendo notificato, entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di avvenuta aggiudicazione, la dichiarazione di prelazione alla ricorrente, nella sua qualità di originaria aggiudicataria, ma in posizione di soggezione rispetto al diritto potestativo del promotore;

– violazione del comma 15 cit., anche sotto il profilo del mancato pagamento, da parte del promotore che ha esercitato la promozione legale (ed entro il termine decadenziale di quindici giorni), dell’importo derivante dalle spese sostenute dall’originario aggiudicatario per la predisposizione dell’offerta.

Il comune e il prelazionario, costituiti in giudizio, affermano l’inammissibilità del ricorso, affermando la carenza di interesse all’annullamento, in virtù dell’assenza, al momento, di un provvedimento di aggiudicazione da annullare.

La sentenza

Il Tar ricorda che nel caso della prelazione prevista dall’art. 183, comma 15 del d.lgs. n. 50/2016, il procedimento nasce da una proposta di un operatore economico privato rivolta ad un’amministrazione aggiudicatrice e tesa alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità.

L’amministrazione aggiudicatrice, se ritiene di porre la proposta, con il relativo progetto di fattibilità, a base di un bando di gara, espleta la relativa procedura ad evidenza pubblica e aggiudica la concessione al soggetto classificatosi primo in graduatoria.

Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario, qualora dichiari di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario.

Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione, ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti di legge. Se invece il promotore esercita la prelazione, l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta, nei limiti di cui al comma 9 dell’art. 183.

Dalla ricostruzione del sistema vigente, emerge che il diritto di prelazione attribuito dal d.lgs. n. 50/2016 al promotore ha delle connotazioni decisamente peculiari rispetto agli altri casi di prelazione legale, connotazioni non compatibili automaticamente con la disciplina generale evincibile in materia.

Innanzitutto, si tratta di un diritto di prelazione che ha come oggetto una posizione di primato nell’ambito di una graduatoria pubblica di cui fanno previamente parte sia il prelazionario che il terzo, e non il subentro automatico in un diritto che il concedente ha intenzione di trasferire ad un terzo estraneo all’obbligo legale, o che addirittura, come nel caso della prelazione artistica, è già stato alienato.

In secondo luogo, l’istituto della denuntiatio è sostituito de plano dalla ordinaria comunicazione dell’aggiudicazione della gara e l’unica formalità prevista a carico del prelazionario è la dichiarazione, entro il termine di quindici giorni dalla suddetta comunicazione, di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario, mentre il pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese sostenute dal terzo per la predisposizione dell’offerta è previsto dalla legge come obbligazione da adempiere successivamente all’esercizio del diritto di prelazione, senza la previsione di alcun termine di decadenza.

Da queste semplici annotazioni, derivano due conseguenze logico-giuridiche.

Da un lato, l’esercizio del diritto di prelazione nelle forme previste dal comma 15 dell’art. 183, d.lgs. n. 50/2016 fa nascere in capo all’amministrazione aggiudicatrice il mero obbligo di aggiudicare la gara al promotore, senza dunque generare alcun subentro automatico in un diritto da disporre o già acquisito da un terzo; dall’altro, il previo espletamento di una gara pubblica (in cui il diritto di prelazione legale del promotore è stato ribadito dal bando) e la conclusione di tale gara con l’aggiudicazione provvisoria al terzo, in qualità di concorrente vincitore, esclude che la notificazione a costui del successivo esercizio del diritto di prelazione debba costituire un presupposto necessario per il perfezionamento di tale diritto.

In particolare, ostano ad una ricostruzione diversa del sistema due argomenti.

Infatti da un lato, l’art. 183, comma 15, d.lgs. n. 50/2016 non ha espressamente previsto la necessità della notificazione dell’esercizio del diritto di prelazione anche al terzo, come invece disposto dall’art. 61, d.lgs. n. 42 del 2004 in caso di prelazione artistica; dall’altro, nel caso di specie, l’esercizio del diritto di prelazione è inserito all’interno di una fase in cui la procedura ad evidenza pubblica non si è ancora conclusa e ha ad oggetto il mero subentro in un’aggiudicazione e non nel diritto all’esecuzione dei lavori.

Tale diritto nascerà soltanto a seguito del contratto stipulato tra affidatario ed amministrazione aggiudicatrice, e sempre che la stazione appaltante non ravvisi ragioni ostative e sopravvenute di interesse pubblico, ovvero l’illegalità della procedura espletata o il mancato rispetto, da parte del promotore, delle forme previste per l’esercizio del diritto di prelazione.

Il termine di decadenza è stato dunque previsto in diretto collegamento con il proseguimento della procedura ad evidenza pubblica e non con l’espropriazione, nei confronti del terzo, di un diritto già acquisito.

Nel caso in esame, la società ricorrente ritiene illegittimo il comportamento della stazione appaltante, per avere reso edotto l’aggiudicatario provvisorio dell’avvenuto esercizio del diritto di prelazione, senza previamente accertare l’intervenuta decadenza in cui sarebbe incorso il promotore.

Tuttavia, l’assenza, al momento dell’introduzione del giudizio, di un provvedimento di aggiudicazione al promotore prelazionario – provvedimento da ritenersi, secondo la ricostruzione operata, necessario e prodromico alla successiva stipula del contratto – rende carente di oggetto, e quindi di interesse attuale, la domanda di annullamento proposta dalla ricorrente.

Infatti è solo il successivo provvedimento di aggiudicazione della gara al promotore prelazionario che può recepire l’eventuale illegittimità o irritualità dell’intervenuto esercizio del diritto di prelazione.

Ad ogni modo, anche qualora si dovesse aderire alla tesi della ricorrente, secondo cui l’esercizio del diritto di prelazione implica un’aggiudicazione automatica della gara – senza dunque necessità di alcun provvedimento espresso – le considerazioni svolte in ordine al particolare diritto esercitato permettono di escludere che sia ravvisabile, allo stato, alcuna illegittimità nella condotta omissiva posta in essere dall’amministrazione.

Pertanto il Tar ritiene il ricorso inammissibile per carenza di interesse del ricorrente.


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