IN POCHE PAROLE…

La mancata sottoscrizione del contratto entro il termine previsto dalla normativa di cui all’ art. 32, d.lgs. n. 50/2016 , non preclude la possibilità di stipularlo stante la natura meramente ordinatoria dello stesso, ovvero attribuisce all’affidatario il diritto di sciogliersi dal vincolo obbligatorio, oltre che il diritto al rimborso delle spese contrattuali.

Tar Lazio, sez. II bis, sentenza 2 maggio 2023, n. 7365, Pres. Morabito, Est. Gatto Costantino

Il danno conseguente alla mancata conclusione del procedimento comporta il risarcimento delle spese contrattuali sostenute e documentate e non anche in relazione alla voce di lucro cessante caratterizzata dalla mancata evasione degli ordinativi di terzi.

A margine

Il caso –  Un’impresa aggiudicataria di lavori di costruzione di impianti fotovoltaici presso delle scuole nell’anno 2012 chiede al Tar del Lazio il riconoscimento del danno derivante dall’inosservanza colposa del termine di conclusione del procedimento ex art 2, l 241/90 in relazione alla mancata sottoscrizione del contratto, nonostante i ripetuti solleciti al Comune.

L’impresa rappresenta di non aver potuto dare seguito ad alcune proposte commerciali, per non compromettere l’impegno assunto con l’Ente.

Tale danno ammonterebbe a:

-€ 2.510,24 come documentalmente provato dalle spese di procedura sostenute per il contratto di appalto mai sottoscritto con il Comune;

– il lucro cessante pari al 5% delle proposte contrattuali provenienti dal socio unico e, dunque, di € 24.587,55.

Il Comune precisa che la commessa non aveva ad oggetto la costruzione di un impianto fotovoltaico ma un “appalto integrato per la progettazione esecutiva e lavori di costruzione impianto multisplit, sistema di illuminazione ad alto rendimento, pannelli solari, pannelli led” in alcune scuole.

Come da determinazione prodotta in atti, non si faceva seguito alla stipula del contratto poiché la realizzazione degli impianti di cui trattasi veniva valutata eccessivamente onerosa ed antieconomica per l’ente; ciò in ossequio al principio di economicità, del buon andamento della P.A., della massima efficienza dell’azione amministrativa ed anche alla luce dell’art. 2 bis del disciplinare di gara (norme di salvaguardia), che riservava al committente la facoltà di interrompere o annullare, in autotutela, in qualsiasi momento, la procedura di gara.

Invoca il disposto di cui all’art. 32 c. 8, D.lgs 50/2016 per il quale nessun indennizzo sarebbe dovuto, essendo stata esercitata l’autotutela da parte dell’Ente dopo l’aggiudicazione e prima della stipula del contratto, secondo criteri e presupposti sui quali si sofferma e che troverebbero la conferma della giurisprudenza (che richiama).

La sentenza

Il Tar accoglie parzialmente il ricorso evidenziando che la fattispecie è regolata, ratione temporis, dall’art. 11, comma 9, del d.lgs. n. 163/2006, a norma del quale “Divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario. Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, ovvero il controllo di cui all’articolo 12, comma 3, non avviene nel termine ivi previsto, l’aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. All’aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate” (norma transitata nel codice di cui al D.lgs 50/2016 , art. 32, comma 2).

Secondo la giurisprudenza (cfr. T.A.R. , Roma , sez. II , 09/05/2022 , n. 5733), la mancata sottoscrizione del contratto entro il termine previsto dalla normativa di cui all’ art. 32, D.lgs 50/2016, non preclude la possibilità di stipularlo stante la natura meramente ordinatoria dello stesso, ma, al più, attribuisce all’affidatario il diritto potestativo di sciogliersi dal vincolo obbligatorio, da esercitarsi mediante la notificazione di un atto alla Stazione appaltante, oltre che il diritto al rimborso delle spese contrattuali (cfr. anche T.A.R. , Napoli , sez. I , 01/12/2021 , n. 7714; Consiglio di Stato , sez. III , 28/05/2015 , n. 2671), circostanza che dunque rende irrilevante la mancata adozione di un provvedimento formale di revoca o annullamento in autotutela dell’aggiudicazione (provvedimento che nel caso di specie non è intervenuto), posto che già la mancata stipula del contratto, in quanto tale, legittima la parte interessata (che si sia sciolta, come nel caso di specie, dal vincolo dell’aggiudicazione) a ripetere le somme sopportate per la partecipazione alla gara.

Il danno risarcibile – Non venendo tuttavia in rilievo, nella fattispecie, una domanda di risarcimento per responsabilità precontrattuale o per lesione dell’aspettativa (sulla quale la più recente giurisprudenza afferma la sussistenza della giurisdizione ordinaria, cfr. Cassazione civile , sez. un. , 18/01/2022 , n. 1391), ma un danno conseguente alla mancata conclusione del procedimento (di aggiudicazione con la stipula del contratto), il ricorso può trovare accoglimento limitatamente alle spese contrattuali sostenute e documentate (documentate e quantificate in € 2.510,24), non anche in relazione alla voce di lucro cessante caratterizzata dalla mancata evasione degli ordinativi di terzi.

Per questi ultimi osta al riconoscimento sia il disposto di legge che la mancata dimostrazione dell’incidenza delle risorse da tenere a disposizione dell’Amministrazione in vista dell’esecuzione dell’appalto, così che rimane priva di prova la necessaria consequenzialità tra ritardo del provvedimento e perdita delle occasioni di guadagno altrui.

 

 


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