Il bando di gara che applica la norma nazionale sul limite della quota subappaltabile di cui all’art. 105 del Codice dei contratti pubblici, risulta contrastante con la vigente direttiva in materia di appalti pubblici così come interpretata dalla Corte di Giustizia ed è pertanto illegittimo e va annullato.
Tar Toscana, Firenze, sez. I, sentenza 11 giugno 2020, n. 706, Presidente Atzeni, Estensore Gisondi
A margine
Nell’ambito di una gara per l’affidamento di alcuni lavori ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016, una impresa concorrente dichiara di voler subappaltare le lavorazioni comprese categoria scorporabile OG10 nel limite massimo del 30% dell’importo contrattuale.
La stazione appaltante, muovendo dalla premessa che la categoria OG 10, essendo necessariamente scorporabile dovrebbe essere subappaltata per l’intero importo previsto (non potendo l’offerente eseguirla in proprio per la sola parte per la quale è in possesso della relativa qualifica), ritiene che tale dichiarazione non esprima in modo inequivoco la volontà di ricorrere al subappalto integrale delle lavorazioni inerenti la predetta categoria, e, quindi, esclude la concorrente la quale si rivolge al Tar.
In particolare, l’impresa impugna il bando di gara nella parte in cui, recependo la prescrizione contenuta nell’art. 105 del codice dei contratti pubblici, prevede un limite massimo all’importo subappaltabile
La sentenza
Il giudice accoglie il ricorso precisando, preliminarmente, che la clausola che ha limitato l’importo subappaltabile ha leso la ricorrente imponendole di delimitare la volontà di ricorrere al subappalto anche con riferimento (fra le altre) alla categoria OG10, facendola in tal modo incorrere nella contestata esclusione.
Non vi è dubbio, infatti, che se l’impresa non avesse dovuto recepire il limite del 30% dell’importo contrattuale nella sua dichiarazione relativa alle categorie e lavorazioni da subappaltare sarebbe venuta meno anche ogni restrizione concernente la predetta categoria.
In proposito si ricorda che la Corte di Giustizia UE, con sentenza C-63/18 del 26 settembre 2019, ha affermato che la direttiva 2014/24 dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui all’art. 105 del codice dei contratti pubblici, che limita in modo rigido ed indiscriminato al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.
A nulla rileva il fatto che la predetta pronuncia sia stata pubblicata dopo la pubblicazione del bando, posto che la stessa rende inapplicabile la normativa nazionale dichiarata in contrasto con quella comunitaria anche nei giudizi in corso non potendo il giudice nazionale assumere decisioni non conformi al diritto UE.
Pertanto, il bando di gara in esame, nella parte in cui ha fatto applicazione di una norma nazionale contrastante con la vigente direttiva in materia di appalti pubblici così come interpretata dalla Corte di Giustizia, è illegittimo e va annullato.
L’effetto del predetto annullamento, peraltro, travolge l’intera procedura atteso che la eliminazione del limite all’importo subappaltabile incide sulle regole concorrenziali per l’accesso alla commessa e richiede quindi la apertura di un nuovo confronto pubblico e trasparente sulla base di regole conformi alla disciplina comunitaria.
di Simonetta Fabris