Il bando di gara per l’affidamento di una concessione mista, il cui oggetto principale è costituito dalla gestione del servizio, deve prevedere, in relazione a ciascuna prestazione dedotta nel contratto, i requisiti di qualificazione prescritti dal Codice, imponendo al concorrente di dimostrarne il possesso già in fase di gara.

L’attuale sistema normativo non riconosce al concessionario, qualificato solo per la gestione del servizio, la possibilità di appaltare a terzi i servizi tecnici e le lavorazioni che costituiscono oggetto dell’affidamento.

ANAC, delibera n. 1053 del 13 novembre 2019

A margine

Il fatto

Con un’istanza di parere di precontenzioso all’ANAC ex art. 211, comma 1, del d.lgs. 50/2016 nell’ambito di una procedura aperta per l’affidamento in concessione di lavori di riqualificazione energetica, relativi servizi tecnici e per la gestione del servizio di piscina comunale per la durata di 20 anni, un concorrente contesta l’aggiudicazione per avere l’aggiudicataria dichiarato di appaltare interamente a terzi le attività di progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, nonché tutte le lavorazioni da eseguire, in palese violazione e contrasto con quanto previsto dagli artt. 31, comma 8, e 105 del d.lgs. 50/2016.

Il comune appaltante, nell’aderire all’istanza di precontenzioso, evidenzia che:

  • l’istituto dell’appalto a terzi è previsto dagli artt. 1, comma 2, lett. c) e d) e dall’art. 164, comma 5 del d.lgs. 50/2016 e che, l’art. 95, comma 3, del D.P.R. 207/2010, attualmente vigente, riconosce al concessionario la possibilità di non eseguire in proprio i lavori (di conseguenza, provvedendo alla loro realizzazione con l’affidamento a terzi), essendo invece imprescindibile per lo stesso il possesso dei requisiti legati alla gestione del servizio dato in concessione e la sua esecuzione in prima persona;
  • la previsione dell’appalto a terzi è giustificata dall’art. 146 del d.lgs. 163/2006, rubricato “Obblighi e facoltà del concessionario in relazione all’affidamento a terzi di una parte dei lavori” che prevedeva la facoltà per la stazione appaltante di imporre al concessionario di lavori pubblici di affidare a terzi, appalti corrispondenti ad una percentuale non inferiore al 30% del valore globale dei lavori oggetto della concessione, ovvero di invitare i candidati a dichiarare nelle loro offerte la percentuale del valore globale dei lavori oggetto della concessione, che intendevano appaltare a terzi; secondo l’Amministrazione, l’attuale Codice, all’art. 1, comma 2, lett. d), estenderebbe la possibilità dell’appalto a terzi anche alle concessioni di servizi, eliminando il limite minimo del 30% del valore globale della concessione.

Il parere

L’ANAC evidenzia che il disciplinare di gara ha previsto:

  • tre categorie di lavorazioni (OS 28, OS22 e OS30) e le relative quote subappaltabili, nel rispetto dell’art. 105, comma 5, del d.lgs. 50/2016;
  • i requisiti di idoneità professionale, economico-finanziario e tecnico organizzativo necessari per l’espletamento dei servizi tecnici, vietandone il subappalto in coerenza con l’art. 31, comma 8, del D.Lgs. 50/2016;
  • ha infine richiesto specifici requisiti per l’espletamento del servizio di gestione della piscina comunale;
  • la possibilità per il concorrente in possesso dei soli requisiti necessari per la gestione del servizio, la di dichiarare, in sede di offerta, la volontà di affidare in toto a terzi le attività di progettazione ed esecuzione dei lavori e che l’aggiudicatario ha effettivamente scelto tale modalità di qualificazione.

L’Autorità ricorda quindi la normativa di riferimento.

L’art. 3, comma 1, lett. uu, del D.lgs. 50/2016 definisce la concessione di lavori come il “contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano l’esecuzione di lavori ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire le opere oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione delle opere” e che la successiva lett. vv definisce la concessione di servizi quale il “contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi”.

L’art. 169 del d.lgs. 50/2016, in tema di concessioni miste, che prevede che “Le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l’oggetto principale del contratto” e l’art. 28 del Codice che onera l’operatore economico concorrente ad una procedura per l’affidamento di un contratto misto, al possesso dei requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal Codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi o forniture prevista nel contratto.

L’art. 164, comma 2, del d.lgs. 50/2016, secondo cui, alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, anche le disposizioni contenute nella parte I e II del Codice relative ai principi generali, alle modalità di affidamento, alle informazioni da inserire nei bandi di concessioni, agli avvisi di aggiudicazione delle concessioni, alla disponibilità elettronica dei documenti di gara, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai motivi di esclusione, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione, alla comunicazione ai candidati e agli offerenti, alla stipula del contratto, alle modalità di esecuzione.

L’art. 172 del d.lgs. 50/2016 che stabilisce che “Le stazioni appaltanti verificano le condizioni di partecipazione relative alle capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati o degli offerenti, sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova. Le condizioni di partecipazione sono correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione e dell’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva”.

L’art. 1, comma 2, del d.lgs. 50/2016 che prevede l’applicazione delle disposizioni del Codice per l’aggiudicazione dei contratti di “d) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice”.

Nel caso in esame si tratta di una gara volta all’affidamento di una concessione mista di servizi e lavori, compreso lo svolgimento di servizi tecnici, e l’oggetto principale del contratto appare costituito dal servizio di gestione della piscina comunale in ragione sia dell’esiguo importo dei lavori rispetto al valore stimato della concessione, sia della natura stessa dei lavori che, seppur necessari al funzionamento della struttura, rappresentano una componente secondaria.

Pertanto, ad avviso dell’ANAC, la qualificazione della concessione in oggetto quale concessione di servizi non consente di invocare l’art. 95 del D.P.R. 207/2010 ed in particolare il suo terzo comma che riconosce al concessionario di lavori pubblici, in possesso dei requisiti per la gestione del servizio, la possibilità di non eseguire in proprio i lavori; anche la Giurisprudenza, in una vicenda analoga al caso di specie, ha avuto modo di affermare che “L’espressamente esclusa configurabilità della concessione di che trattasi come “concessione di lavori” – trattandosi, come si è visto, di “concessione di servizi”, rispetto alla quale l’esecuzione di lavori assume carattere di accessorietà – consente di confutare la fondatezza della pur suggestiva ricostruzione normativa a fondamento della pretesa dalla parte ricorrente fatta valere in giudizio. Infatti il quadro normativo evocato a conforto della prospettazione di parte, per cui non sarebbe pretendibile, in capo al concessionario non esecutore dei lavori, il possesso della qualificazione SOA, trova esclusivo ambito espansivo nelle concessioni di lavori pubblici: non omogeneamente potendo argomentarsi quanto – come, appunto, nella sottoposta vicenda – la concessione sia relativa a servizi pubblici, rispetto ai quali la componente “lavori” riveli (come espressamente indicato in lex specialis) rilievo accessorio. Ed allora, appieno rileva la legittimità del bando, laddove consente – con ciò dimostrandosi appieno confutata la pretesa attitudine immediatamente preclusiva alla partecipazione…– la partecipazione ai soggetti in possesso di qualificazione SOA per la categoria OG 10, classifica III: salvo, ovviamente integrare tale requisito mediante ricorso all’avvalimento…” (T.A.R. Brescia, sez. I, 7 settembre 2018, n. 852).

La stessa Amministrazione, peraltro, nel fissare i requisiti di qualificazione relativi alla gestione dell’impianto sportivo, ha espressamente richiamato l’art. 83, comma 1, lett. c) del Codice – richiedendo l’espletamento nell’ultimo triennio (2016/2018) di servizi di gestione analoghi a quelli oggetto della concessione per un importo non inferiore ad euro 400.000,00 svolti in favore di Enti pubblici e/o privati – anziché prevedere i più stringenti requisiti di cui all’art. 95 del D.P.R. 207/2010, con ciò confermando l’inapplicabilità della disposizione alla procedura in oggetto; per le medesime ragioni, appare inconferente il richiamo agli art. 164, commi 4 e 5, e all’art. 1, comma 2, let. c) del Codice atteso che anche tali disposizioni si riferiscono ai concessionari di lavori pubblici.

Ciò posto, nel testo dell’attuale Codice dei Contratti non si rinviene alcuna disposizione – fatto salvo l’art. 177 – che consenta al concessionario di servizi di appaltare a terzi le lavorazioni e i servizi tecnici previsti negli atti di gara; né tale possibilità sembra evincersi dalla lettura dell’art. 1, comma 2, lett. d) del Codice atteso che intanto detta disposizione non cita espressamente l’istituto dell’appalto a terzi e, in ogni caso, appare riferirsi ai lavori che si rendono necessari durante l’esecuzione della concessione ma non anche a quelli direttamente oggetto della concessione medesima, già individuati dall’amministrazione.

In aggiunta, il recepimento della direttiva 2014/23/UE e la restituzione al mercato di quote di lavori, servizi e forniture per lungo tempo affidate in concessione senza l’uso di procedure ad evidenza pubblica ha fatto venire meno le esigenze di interesse pubblico sottese all’istituto dell’appalto a terzi; invero, come chiaramente espresso dal Consiglio di Stato nel parere n. 1582/2018 sulle Linee guida ANAC recanti “Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’art. 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea”, la ratio sottesa all’art. 146 del d.lgs. 163/2006 che, come visto, prevedeva la possibilità per il concessionario di lavori di appaltare a terzi parte delle lavorazioni affidate, era quella di evitare che nel settore delle concessioni si creasse “una sorta di monopolio della domanda in grado di alterare la concorrenza e di aumentare i costi per la gestione della concessione stessa, traslandoli poi sugli utenti e contribuenti, atteso il necessario rispetto del principio del mantenimento dell’equilibrio economico finanziario”, rischio effettivamente riscontrabile nei casi in cui il concessionario sia stato selezionato senza una procedura di evidenza pubblica – come nelle fattispecie di cui all’art. 177 del Codice ma non quando, come nel caso di specie, la concessione sia ab origine affidata mediante gara.

Pertanto, in virtù di quanto sancito dall’art. 28 del d.lgs. 50/2016 e del richiamo operato dall’art. 164 alle parti I e II del Codice, l’ANAC ritiene che:

  • il bando di gara per l’affidamento di una concessione mista, il cui oggetto principale è costituito dalla gestione del servizio, deve prevedere, in relazione a ciascuna prestazione dedotta nel contratto, i requisiti di qualificazione prescritti dal Codice, imponendo all’operatore economico concorrente di dimostrarne il possesso già in fase di gara;
  • l’attuale sistema normativo non riconosce al concessionario, qualificato solo per la gestione del servizio, la possibilità di appaltare a terzi i servizi tecnici e le lavorazioni che costituiscono oggetto dell’affidamento;
  • la clausola del bando di gara che riconosce al concessionario, in possesso dei requisiti di qualificazione necessari allo svolgimento del servizio, la possibilità di appaltare interamente a terzi i servizi tecnici e le lavorazioni previste negli atti di gara, non è conforme alla normativa di settore.

di Simonetta Fabris


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