IN POCHE PAROLE …
Il discrimine tra concessione e appalto dipende dalla presenza o meno del rischio di impresa e/o gestionale, cioè del rischio economico connesso alla gestione del servizio.
A margine
Il caso – Una Cooperativa Sociale impugna l’esclusione dalla procedura di affidamento, in concessione, del servizio di ristorazione scolastica, disposta per l’omissione del Piano Economico Finanziario richiesto dal disciplinare di gara.
Proprio il disciplinare prevedeva, infatti, che, la busta dell’offerta economica dovesse comprendere anche un Piano Economico Finanziario dimostrativo della copertura dei costi di gestione, dei ricavi previsti, degli incassi ipotizzati e degli oneri per gli interventi di manutenzione.
La Cooperativa deduce, in particolare:
- l’impossibilità di allegare il Piano nel portale di e-procurament del Comune, consentendo lo stesso il caricamento di un solo file, senza prevedere uno spazio fisico dedicato;
- la violazione dell’art. 83, co. 9, d.lgs. n. 50/2016, considerato che, per via di una presunta disfunzione del predetto portale, la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto consentire alla ricorrente di produrre il Piano ad integrazione dell’offerta economica;
- l’eccesso di potere per illogicità, in quanto il Piano non poteva essere unito in un unico documento con l’offerta economica, ma doveva essere un documento autonomo e separato, oggetto di redazione, asseverazione e sottoscrizione digitale ad opera di un tecnico specializzato;
- l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, per avere la stazione appaltante erroneamente qualificato il servizio biennale di ristorazione scolastica come “concessione”, anziché come appalto di servizi, considerato che:
a) non vi sarebbe alcun rischio economico, perché i locali e le attrezzature per la ristorazione appartenevano al Comune, e lo stesso Comune avrebbe pagato anche un prezzo base per ogni pasto somministrato (pari all’importo a base di gara), lasciando all’aggiudicatario la sola delega alla riscossione della differenza di prezzo, il cui omesso pagamento avrebbe peraltro determinato l’interruzione della somministrazione dei pasti;
b) non sarebbe stato necessario presentare alcun Piano Economico Finanziario, potendo lo stesso essere sostituito dalla verifica di congruità dell’offerta economica ai sensi dell’art. 95, co. 10, del d.lgs. n. 50/2016; - che l’art. 168 del previgente Codice prevedeva, per le concessioni, una durata minima di 5 anni.
La sentenza
Il Tar dà ragione alla ricorrente su un solo ma determinante punto: l’erronea qualificazione del servizio di ristorazione scolastica come “concessione”, anziché come appalto di servizi, privo di rischio economico.
Dopo aver precisato che l’art. 168 del d.lgs. n. 50/2016, non prevedeva una durata minima di 5 anni, per le concessioni, ma ne lasciava la determinazione al bando di gara, il giudice sottolinea quanto segue:
1) il discrimine tra concessione e appalto dipende dal trasferimento (o meno) al gestore del rischio legato allo svolgimento del servizio e/o alla mancata copertura integrale dei costi di gestione (cfr. Sentenze CGUE causa n. 274/2009 del 15.10.2009, causa n. 196/2008, del 10.9.2009;art. 5, lett. b, Direttiva n. 23 del 26.2.2014, e art. 3, lett. vv e zz, del d.lgs. n. 50/2016);
2) l’art. 3, lett. zz), del superato d.lgs. n. 50/2016 definisce “rischio operativo” quello “legato alla gestione sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico”, specificando che non deve essere “garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti”, e che “la parte del rischio trasferita all’operatore deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita non sia puramente nominale o trascurabile”;
3) le circostanze evidenziate nel capitolato di gara (che il Comune non si sarebbe assunto alcun impegno in ordine all’effettivo numero di pasti; che la ditta affidataria avrebbe dovuto rinunciare a qualsiasi richiesta di compenso/indennizzo; che sarebbe rimasto a carico del concessionario ogni onere inerente la riscossione delle quote degli utenti, senza potere rivalersi sul concedente per quanto non riscosso; ecc) non integrano il predetto “rischio operativo”, perché non comportano una reale esposizione alle fluttuazioni della domanda e/o dell’offerta del servizio di ristorazione scolastica;
4) per quanto precede, la prescrizione della lex specialis di allegare un Piano Economico Finanziario, volto a consentire all’Amministrazione di verificare la sostenibilità e/o la congruità economica dell’offerta economica, si traduce in una richiesta illegittima di giustificazione dei costi, ovvero in una clausola “nulla”, posto l’art. 83, co. 8, ultimo periodo, statuiva la nullità delle prescrizioni a pena di esclusione, “ulteriori” rispetto a quelle previste dal Codice e dalle altre vigenti disposizioni di legge (sul punto Cfr. Tar Basilicata, Sent. n. 193/2018);
5) la circostanza che la ricorrente non ha formalmente impugnato il paragrafo del disciplinare di gara, nella parte in cui prevede l’obbligo, a pena di esclusione, di allegare all’offerta economica il Piano Economico Finanziario, non risulta ostativa all’accoglimento del ricorso, tenuto conto che il Giudice amministrativo può dichiarare la nullità ex art. 83, co. 8, ultimo periodo, di una singola clausola della lex specialis, se i provvedimenti successivi, adottati dall’Amministrazione (come il provvedimento di esclusione dalla gara o il provvedimento di aggiudicazione), sono stati impugnati nei termini previsti, anche per far valere l’illegittimità derivante dall’applicazione della clausola nulla (cfr., Ad. Plen. CdS, Sent. Sentenza n. 22/2020).
In conclusione, una volta dichiarata la nullità parziale del disciplinare di gara, il ricorso viene accolto con annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara della Cooperativa ricorrente e dell’aggiudicazione del servizio disposta a favore di altro operatore.
Stefania Fabris, posizione organizzativa ente locale