Nel caso in cui la dichiarazione di assenza di condanne penali sia resa sulla scorta di modelli predisposti dalla stazione appaltante, ed il concorrente incorre in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del modello, non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione resa.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 4 febbraio 2014, n. 507 – Pres. Cacace, Est. Puliatti
Il caso
Una società partecipa ad una gara per la gestione dei servizi alberghieri ed accessori da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Intervenuta l’aggiudicazione la stazione appaltante richiedeva alla società stessa dei chiarimenti in ordine ad alcune condanne, non dichiarate in fase di gara, riportate dal legale rappresentante/procuratore e dal direttore tecnico.
La società aggiudicataria obiettava che le condanne non dichiarate non erano ostative alla partecipazione e che inoltre la lex specialis non prevedesse alcun obbligo specifico di fornire l’elencazione di tutte le sentenze di condanna riportate, se ininfluenti.
La stazione appaltante, nonostante gli intervenuti chiarimenti, provvedeva a revocare l’aggiudicazione definitiva, all’escussione della cauzione ed alla conseguente aggiudicazione alla seconda graduata.
Avverso il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione la società estromessa promuoveva ricorso avanti al TAR deducendo vari profili di illegittimità.
Con sentenza i giudici di primo grado rigettavano il ricorso promosso confermando la piena legittimità del provvedimento impugnato.
La decisione
Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in rassegna, si sofferma in merito sulla scusabilità dell’errore riconducibile alle formulazioni degli atti di gara che potrebbero indurre dei dubbi interpretativi.
Nel caso specifico l’aggiudicataria veniva esclusa in quanto in sede di verifica dei requisiti non aveva dichiarato alcune condanne riportate dal legale rappresentante e dal direttore tecnico.
Rilevano i giudici di Palazzo Spada che da un punto di vista generale in merito alla problematica sottesa con l’atto di appello ci sono due orientamenti giurisprudenziali che hanno un approccio diverso alla problematica.
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la mancata dichiarazione dei requisiti di partecipazione, (ossia dell’assenza di condanne penali) sarebbe in grado di determinare ex se l’esclusione dalla gara in quanto l’omessa dichiarazione delle sentenze di condanna comporterebbe sempre la non veridicità della dichiarazione a prescindere dalla verifica in concreto della sussistenza dei requisiti necessari (impostazione formalistica).
A tale impostazione si contrappone un altro orientamento giurisprudenziale che attribuisce rilievo centrale al dettato della lex specialis, distinguendo i casi in cui essa richiede di dichiarare tutte le condanne riportate da quelli in cui è genericamente prevista una dichiarazione relativa all’assenza di causa impeditive. Precisa il Consiglio di Stato che in quest’ultimo caso la pretesa incompletezza della dichiarazione non potrebbe comportare l’esclusione ope legis dalla gara, laddove all’omissione non corrisponda la sostanziale carenza del requisito (impostazione sostanzialistica).
Ritiene il Consiglio di Stato che, in un’ottica di massimo favor partecipationis, implicante la svalutazione dei vizi formali, debba essere privilegiata la seconda soluzione.
Nel caso in esame, osserva il Consiglio di Stato, la modulistica predisposta dalla stazione appaltante, prevedeva una prima casella in cui venivano previste l’ipotesi di dichiarazioni negative del concorrente e precisamente: “che nei propri confronti non è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato (…) che incidono sulla moralità professionale etc.”, nonché una seconda casella che prevedeva l’ipotesi di dichiarazione positiva delle condanne riportate, con la specificazione che tutte dovevano essere riportate, comprese quelle per le quali si abbia beneficiato della non menzione.
Precisano i giudici di Palazzo Spada che la formulazione della prima dichiarazione (negativa) in cui si faceva riferimento ai “reati gravi” … che incidono sulla moralità professionale” era fuorviante, nel senso di ingenerare la convinzione che anche la dichiarazione positiva dovesse essere resa solo con riferimento ad alcune condanne, quale appunto riguardanti reati “gravi” in grado di influire sulla valutazione della “moralità professionale”.
Conseguentemente secondo il Consiglio di Stato le dichiarazioni rese da parte appellante non possono considerarsi false, ma semmai incomplete, perché erroneamente interpretata la clausola del modello di dichiarazione.
Alla luce delle considerazioni di cui sopra il Consiglio di Stato, premettendo che la verifica dell’incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell’impresa sulla moralità professionale della stessa, attiene all’esercizio del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione e deve essere valutata mediante la disamina, in concreto, delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura, nonché delle concrete modalità di commissione del reato, rileva, tuttavia, che nel caso in cui la dichiarazione sia resa sulla scorta di modelli predisposti dalla stazione appaltante, ed il concorrente incorre in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del modello, non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione resa.
Conclusioni
Con la pronuncia in rassegna si osserva, dunque, che il rigore formalistico cede in presenza di una scusabilità dell’errore riconducibile a formulazioni degli atti di gara che possono indurre dubbi interpretativi, tanto più alla luce della vigenza della regola della tassatività delle cause di esclusione, di cui all’art. 46, comma 1 bis, Codice dei contratti pubblici la quale s’ispira ad un criterio sostanzialistico, riaffermando, in tal modo, il favor partecipationis.
Katia Maretto