IN POCHE PAROLE…
L’atto che stabilisce l’adeguamento del canone da riconoscere all’impresa appaltatrice deve essere sempre motivato indicando espressamente le ragioni di fatto ovvero di diritto alla base della ridefinizione dell’importo.
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 3 gennaio 2023, n. 96, Pres. Gambato Spisani, Est. Saltelli
In mancanza della fissazione, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5, del D.Lgs. 163/2006, dei “costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali” da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici con la collaborazione dell’ISTAT, la revisione va operata applicando l’indice FOI.
A margine
Il caso – In esito al contraddittorio con l’impresa titolare di un contratto di appalto pluriennale ad oggetto servizi di spazzamento, raccolta e trasporto di rifiuti urbani ed assimilati, il Comune appaltante riconosce un adeguamento del canone annuo ben al di sotto della richiesta dell’impresa appaltatrice.
In particolare, ai fini della rideterminazione del canone, il Comune dapprima ricorre ad un esperto contabile il quale applica l’art. 115 D.Lgs. 163/2006 attenendosi all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui in mancanza della fissazione, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5, del D.Lgs. 163/2006, dei “costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali” da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici con la collaborazione dell’ISTAT, opera la revisione del canone applicando il cd. indice FOI, ovvero l’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati
Con apposita delibera di Giunta, il Comune rivede tuttavia in ribasso, rispetto alla relazione dell’esperto, l’adeguamento finale del prezzo da riconoscere alla controparte.
In seguito alla sentenza del Tar Latina n. 548/2015 che conferma l’operato del Comune, l’impresa si appella dunque al Consiglio di Stato deducendo la falsa applicazione dell’art. 115 D.Lgs. 163/2006 (che riproduce l’ art. 6 della l. 24 dicembre 1993 n. 537, così come modificato dall’art. 44 della l. 23 dicembre 1994 n.724) e sostenendo che il meccanismo di calcolo previsto dalla norma non si sarebbe dovuto applicare, valendo invece quello, a sé più favorevole, previsto dal capitolato; aggiunge poi che il conteggio da lei predisposto, ben più alto, farebbe corretta applicazione dell’indice FOI suddetto.
Infine, con il secondo motivo deduce difetto di motivazione della delibera di Giunta la quale non spiegherebbe in alcun modo come dal maggior importo determinato dall’esperto si sia passati a riconoscere la minore somma di cui si è detto.
La sentenza
Il Consiglio di Stato accoglie l’appello ritenendo comunque il primo motivo di appello, che contesta l’a<zpplicazione alla fattispecie dell’indice FOI, infondato.
Sul punto precisa che, come ritenuto da costante giurisprudenza (C.d.S. sez. V 20 novembre 2015 n. 5291 e 16 giugno 2003 n. 3373) in mancanza della fissazione, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5, del D.Lgs. 163/2006, dei “costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali” da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici con la collaborazione dell’ISTAT, la revisione va operata applicando l’indice FOI.
Tale previsione costituisce una clausola imposta, che va inserita di diritto nel contratto, anche in sostituzione di clausole difformi volute dalle parti, come quelle del richiamato capitolato di appalto.
È invece fondato il secondo motivo, nel senso che, fermo il risultato al quale si perviene in astratto applicando il solo indice FOI, dalla delibera di Giunta che ha rideterminato il prezzo indicato dall’esperto contabile, non è dato capire in base a quali ragioni di fatto ovvero di diritto il Comune abbia ritenuto di riconoscere un importo minore.
Di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, è annullata la delibera di Giunta che ha liquidato il presunto importo dell’importo di revisione.
L’annullamento non riguarda invece altri atti quali la relazione dell’esperto contabile, che costituisce all’evidenza atto endoprocedimentale, privo come tale di autonoma attitudine lesiva, e risulta impugnati solo per scrupolo di difesa. Nel riesaminare l’affare, quindi, l’amministrazione dovrà applicare alla fattispecie l’indice FOI, dando però esatto conto del calcolo con il quale giunge all’importo finale da corrispondere e delle ragioni per le quali ha ritenuto di procedere in quel senso.
La normativa applicabile – L’art. 115 del D.Lgs. 163/2006, che riproduce nella sua formulazione il previgente art. 6 della l. 24 dicembre 1993 n. 537, così come modificato dall’art. 44 della l. 23 dicembre 1994 n.724 prevedeva che “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”.
A sua volta la norma richiamata dell’art. 7 prevedeva che l’Osservatorio dei contratti pubblici, con la collaborazione dell’ISTAT, dovesse fornire i dati in questione, pubblicando i “costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali”.