In poche parole … “L’iscrizione nelle White List tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali è stata disposta”.
Se un’impresa è iscritta alla White List deve ritenersi che abbia positivamente superato il sistema organico dei controlli che deve esulare dal confinamento in uno specifico settore di attività, così rendendo irrilevante la sezione di iscrizione nella Lista, come positivizzato dall’art. 1, comma 52 bis della L. n. 190/2012.
Tar Lazio, Roma, Sezione Seconda Ter, sentenza 9 novembre 2020, n. 11587, Pres. Morabito, Est. Mariani
A margine
Un’impresa concorrente contesta l’aggiudicazione di una procedura aperta, in modalità telematica, per l’affidamento del servizio di raccolta differenziata, trasporto e conferimento di indumenti ed accessori di abbigliamento per la durata di 24 mesi, con lo scopo di subentrare nel relativo contratto.
Tra le doglianze proposte, la ricorrente afferma che l’’aggiudicataria sarebbe carente del requisito, richiesto dal disciplinare di gara, della iscrizione nella sezione seconda della cosiddetta White List di cui all’art. 1, comma 53, della Legge n. 190/2012, relativa alle attività di “Trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi”.
In particolare, l’aggiudicataria sarebbe iscritta (rectius, ha presentato domanda) alla White List nella sezione ottava (“Autotrasporto per conto di terzi”). Nonostante ciò, avrebbe dichiarato nel proprio DGUE di possedere un requisito (iscrizione nella sezione seconda della Lista, con indicazione del relativo numero di protocollo) che di fatto non possiede.
L’aggiudicazione sarebbe pertanto viziata anche ai sensi dell’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016, in relazione alla falsità delle dichiarazioni, nonché per difetto di istruttoria, posto che la carenza del requisito richiesto era agevolmente riscontrabile consultando il sito istituzionale della Prefettura di Roma.
La sentenza –Il Tar respinge il ricorso ricordando che, ai sensi dell’art. 1, comma 52, della L. n. 190/2012, le cosiddette White List, rientranti tra le misure volte alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione consistono in elenchi, istituiti presso ogni Prefettura, di fornitori e prestatori di servizi, non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa e operanti nei settori indicati dall’art. 1, comma 53, della stessa Legge n. 190/2012 (che corrispondono alle varie sezioni in cui sono suddivise le White List presso ogni Prefettura), che i diversi soggetti pubblici che stipulano, approvano o autorizzano contratti devono consultare per acquisire la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria.
Peraltro, ai sensi del successivo comma 52 bis, introdotto dall’art. 29, comma 1, D.L. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114 del 2014, l’iscrizione nella White List ha valenza liberatoria a prescindere dalla specifica sezione in cui l’impresa risulti iscritta (la norma ora citata prevede infatti che “L’iscrizione nell’elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta”).
A questo riguardo è stato infatti chiarito che le White List sono parte integrante del sistema normativo antimafia previsto dall’ordinamento, di cui pertanto l’interprete (innanzitutto la Prefettura, cui la domanda di iscrizione è rivolta) deve dare una lettura unica e organica, evitando di limitarsi ad un criterio formalisticamente letterale e di cd. stretta interpretazione, che renda incoerente o addirittura vanifichi il sistema dei controlli antimafia, alla luce di una complessiva ratio di sistema, così da rendere l’espressione normativa rispondente e armonica rispetto alla finalità perseguite da tutte le disposizioni antimafia (Consiglio di Stato n. 1182/2019 e n. 492/2018).
Ne consegue – a contrario – che se un’impresa è iscritta alla White List deve ritenersi che essa abbia positivamente superato il sistema organico dei controlli che, per quanto sopra descritto, ben può, e anzi deve, esulare dal confinamento in uno specifico settore di attività, così rendendo irrilevante la sezione di iscrizione nella Lista, come infatti ormai positivizzato dall’art. 1, comma 52 bis sopra riportato.
Il disciplinare di gara, in linea con la normativa vigente, non contiene alcun espresso riferimento ad una specifica sezione della White List, limitandosi ad indicare genericamente il riferimento alle “attività di trasporto dei rifiuti”, con dizione atecnica non coincidente con quella che contraddistingue la sezione seconda della Lista (relativa alle attività di “Trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi”).
Nel disciplinare si legge, infatti, che la busta amministrativa, a pena di esclusione, deve contenere il seguente documento: “Dichiarazione, conforme a quella contenuta nel facsimile allegato sub 1 al presente Disciplinare, attestante l’iscrizione nella White List, ossia dell’apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa istituito presso ogni Prefettura, o dell’avvenuta presentazione della relativa domanda di iscrizione, con riferimento alle (sole, si sottolinea) attività di trasporto dei rifiuti”.
D’altro canto, la dizione è in linea con l’oggetto del contratto di cui si discute, che non include lo smaltimento dei rifiuti tra le prestazioni richieste.
Inoltre, l’esame del “facsimile allegato” di domanda conferma senza dubbio alcuno che ai fini della partecipazione non era affatto richiesta l’iscrizione in una specifica sezione della Lista, essendo il solo fatto dell’iscrizione sufficiente ad integrare il requisito.
Ne consegue che l’aggiudicazione non può ritenersi viziata per violazione del Bando di gara e delle norme della Legge n. 190/2012, in quanto l’esame complessivo dei documenti di gara redatti dalla stessa stazione appaltante conduce ad escludere la necessità della iscrizione in una specifica sezione della White List.
Correttamente, dunque, la stazione appaltante ha ritenuto che la controinteressata possedesse i requisiti richiesti per la partecipazione alla procedura, perché risulta iscritta alla White List (rectius, all’epoca aveva presentato domanda) ed è autorizzata al trasporto rifiuti, anche per conto terzi, essendo iscritta all’Albo Gestori Ambientali nella categoria I che autorizza al trasporto di rifiuti, come infatti ha correttamente indicato nel DGUE nella parte relativa ai criteri di selezione.
Non si ravvisa neanche la denunciata violazione dell’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016, in relazione alla pretesa falsità della dichiarazione resa dall’aggiudicataria sul punto della indicazione della sezione della White List per la quale aveva presentato domanda, posto che una dichiarazione può – in ipotesi – ritenersi “falsa” ai sensi e per gli effetti della norma citata, ove sia consapevolmente rivolta a fornire una rappresentazione non veritiera (Consiglio di Stato n. 4504-2009 richiamato da n. 2976/2020).
Nella fattispecie non è affatto plausibile che l’aggiudicataria abbia intenzionalmente reso una dichiarazione non veritiera, posto che una simile valutazione deve essere necessariamente parametrata con il contenuto dell’obbligo dichiarativo sulla medesima incombente.
Simonetta Fabris