Nulla impedisce al professionista, senza incorrere in alcuna violazione, neppure del Codice deontologico, di prestare la propria consulenza in modo del tutto eventuale nei due anni stabiliti, senza pretendere ed ottenere alcun corrispettivo in denaro.

Il professionista può infatti trarre vantaggi di natura diversa, in termini di arricchimento professionale legato alla partecipazione ad eventuali tavoli, allo studio di particolari problematiche ed altro, nonché la possibilità di far valere tutto ciò all’interno del proprio curriculum vitae.

Tar Lazio, Roma, sez. II, sentenza 30 settembre 2019 n. 11411 – Presidente Savo Amodio, Estensore Tricarico

A margine

Un avvocato impugna l’avviso di manifestazione di interesse pubblicato da un Ministero per la ricerca di professionalità altamente qualificate per svolgere consulenze a titolo gratuito su diversi temi, contestando il carattere gratuito degli incarichi.

In particolare il ricorrente afferma che la stipula di un contratto scritto, la durata prolungata e predeterminata, l’obbligo del preavviso di 30 giorni in caso di rescissione, e ancor di più “l’obbligo del consulente di concludere la propria attività su eventuali questioni in corso” prima dell’eventuale rescissione, sarebbero tutti elementi per affermare che trattasi consulenza da ricondurre al contratto d’opera intellettuale (ai sensi del d.lgs. 165/2001 e dell’art. 2229 cod. civ.) per cui si applicherebbero certamente l’art. 36 Cost. e la nuova disciplina dell’equo compenso che escludono in radice la possibilità di stipulare un contratto professionale a titolo gratuito tra professionista e Pubblica Amministrazione.

Ad avviso del ricorrente, anche considerando la fattispecie come appalto di servizi di cui al d. lgs. n. 50/2016, o comunque come contratto rientrante nella categoria dei “contratti esclusi” ai sensi degli artt. 17 e 4 del medesimo decreto, si sarebbe comunque dovuta applicare la disciplina dell’equo compenso, che ad oggi è estesa ad ogni rapporto tra professionisti e Pubblica Amministrazione.

In sostanza la previsione di un affidamento a titolo gratuito per tutti gli incarichi di consulenza sarebbe abnorme ed irragionevole e ricadrebbe nella categoria delle “clausole immediatamente escludenti”, da impugnare immediatamente con il bando di indizione della procedura selettiva, senza attendere l’atto di approvazione della graduatoria definitiva o l’aggiudicazione.

Viene ricordato inoltre che, con l’art. 13 bis della Legge forense (legge n. 247/2012), come introdotto dalla legge n. 205/2017, vengono presunti non equi (con presunzione che non ammette prova contraria) i compensi inferiori a quelli previsti dalle apposite tabelle ministeriali i quali sarebbero da considerare nulli, proprio in quanto non equi, senza possibilità di derogare a tale disciplina.

Un’offerta pari a zero sarebbe quindi in palese contrasto con tale principio.

La sentenza

Il Tar ricorda che, con il predetto avviso, diretto a giuristi del mondo accademico e/o forense, in possesso di esperienza di almeno 5 anni documentabile, anche a livello europeo o internazionale, negli ambiti tematici del diritto societario, bancario, pubblico dell’economia o dei mercati finanziari o dei principi contabili e bilanci societari, si chiede agli stessi una mera manifestazione di interesse a prestare, senza che sia prefissata la frequenza e l’entità dell’eventuale ‘prestazione’ nell’arco temporale di due anni, la propria consulenza nelle materie indicate “in vista anche dell’adozione e/o integrazione di normative primarie e secondarie ai fini, tra l’altro, dell’adeguamento dell’ordinamento interno alle direttive/regolamenti comunitari”.

Pertanto, la genericità non costituisce un vizio dell’avviso ma un elemento che lo caratterizza, in forza del quale anzi esso è assolutamente legittimo.

Infatti, all’esito della valutazione dei curricula inviati, non s’instaura alcun rapporto di lavoro né è prevista la fornitura di un servizio professionale.

Pertanto, proprio in ragione del carattere eventuale ed occasionale della consulenza, seppure nell’arco temporale ordinariamente di due anni, questa non può qualificarsi come contratto di lavoro autonomo, che, rispetto alle Pubbliche Amministrazioni, è ammissibile solo se si ravvisano tutti i presupposti indicati all’art. 7, commi 6 e 6 bis, del d.lgs n. 165/2001, di cui si lamenta la violazione.

Ciò si desume ulteriormente dalla previsione della possibilità, per il professionista, di porre comunque fine unilateralmente all’incarico in qualunque momento.

Non militano in senso contrario né il prescritto preavviso di 30 giorni per esercitare tale diritto né la previsione dell’obbligo, per il professionista, di concludere la propria attività su eventuali questioni in corso.

Infatti, il preavviso obbedisce alla mera esigenza organizzativa dell’Amministrazione di conoscere ex ante sull’apporto di quali professionalità, nell’esame di questioni rilevanti, può contare in un determinato periodo.

L’obbligo di concludere l’incarico è invece funzionale ad un’azione della Pubblica Amministrazione efficace, che persegue il buon andamento per cui un’interruzione potrebbe determinare perdite di tempo e degli apporti qualificati già conferiti dai professionisti che non intendano più portare avanti la consulenza.

Non si tratta neppure di servizio il cui affidamento è sottoposto alla disciplina del Codice dei Contratti pubblici considerata l’assenza della previsione di un numero ben definito di incarichi da conferire, dell’individuazione puntuale dell’oggetto e della consistenza di ciascun incarico, nonché di una selezione vera e propria, con una graduatoria finale.

Perciò è evidente che nessun obbligo di applicare le norme del d.lgs n. 50/2016 sussisteva in capo al Ministero.

Pertanto, il carattere gratuito della consulenza appare legittimo rilevando che, nel nostro ordinamento, non si rinviene alcun divieto in tal senso.

Peraltro, nemmeno la disciplina dell’equo compenso è ostativa dovendo questa essere intesa nel senso che, laddove il compenso in denaro sia stabilito, esso non possa che essere equo.

Nulla impedisce, infatti, al professionista, senza incorrere in alcuna violazione, neppure del Codice deontologico, di prestare la propria consulenza, in questo caso richiesta solo in modo del tutto eventuale nei due anni stabiliti, senza pretendere ed ottenere alcun corrispettivo in denaro.

Infatti, il professionista può in questo caso trarre vantaggi di natura diversa, in termini di arricchimento professionale legato alla partecipazione ad eventuali tavoli, allo studio di particolari problematiche ed altro, nonché quale possibilità di far valere tutto ciò all’interno del proprio curriculum vitae.

A riguardo, se è vero che viene richiesta una determinata esperienza documentabile negli ambiti di materia indicati nell’avviso, è altresì vero che non si tratta di un’esperienza che può essere vantata solo da professionisti che lavorano da lunghissimo periodo e che per ciò stesso potrebbero non ricevere stimoli e vantaggi in termini curriculari.

Il vaglio dei curricula garantisce al Ministero di scegliere solo quanti siano ritenuti in concreto in grado di fornire un apporto valido in ordine al livello qualitativo elevato della consulenza, ove acquisita.

Tuttavia potrebbe trattarsi di professionisti ancora giovani che, sebbene qualificati, trovino ancora molti stimoli professionali nell’attività descritta nell’avviso e ravvisino altresì nella stessa un’opportunità per arricchire il proprio curriculum.

D’altronde anche professionisti con un bagaglio professionale consistente potrebbero avere interesse, in quanto stimolante, a contribuire, con la propria professionalità, all’elaborazione di norme per l’adeguamento dell’ordinamento interno alle direttive/regolamenti comunitari.

Pertanto l’avviso impugnato è legittimo ed il ricorso è infondato e deve essere respinto.

di Simonetta Fabris

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Sul tema si vedano anche in questa rivista:

“Natura escludente dei titoli di studio richiesti per la partecipazione a gare pubbliche” nel quale il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 28 agosto 2019 n. 5924, ha stabilito che ove il bando per l’affidamento di incarichi a titolo gratuito richieda per la partecipazione ad una procedura evidenziale (concorso pubblico o procedura di gara), il possesso di un determinato titolo di studio o di uno ad esso equipollente, la determinazione dello stesso deve essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo, e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall’Amministrazione.

Sull’affidamento di appalti a titolo gratuito alla luce del Codice dei contratti” nel quale il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 3 ottobre 2017, n. 4614, ha stabilito che la logica concorrenziale che presidia, per la matrice eurounitaria, il Codice degli appalti pubblici, non esclude la possibilità di bandire una gara in cui l’utilità economica del potenziale contraente non è finanziaria ma insita nel ritorno di immagine derivante dall’esecuzione della prestazione contrattuale.


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