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1. Premessa. Come’è noto, specie nel corso dell’ultimo decennio, la disciplina degli incarichi di collaborazione è stata oggetto di numerosi interventi normativi che ne hanno a più riprese disegnato i contorni in merito ai presupposti di legittimità, ai limiti e vincoli di spesa, agli obblighi di pubblicazione e trasparenza e ai controlli.
La ponderosa e alluvionale stratificazione normativa si è sviluppata in modo disorganico e con taglio tipicamente settoriale, sicchè alcuni provvedimenti normativi hanno una visione squisitamente finanziaria; altri concernono la regolamentazione del pubblico impiego o aspetti di carattere generale.
Anche la terminologia utilizzata non appare univoca e omogenea, in quanto si riscontrano significative differenze semantiche e difetti di coordinamento tra disposizioni di carattere finanziario e norme di carattere ordinamentale.
Da ultimo, ma non certo per importanza, anche la legge di stabilità 2013 ha ristretto le maglie di questo istituto, introducendo nuovi limiti e vincoli (in questa stessa rubrica, “Con la legge di stabilità 2013 nuovi vincoli per le consulenze e le collaborazioni esterne”, di Giuseppe Panassidi.
E’ pure noto che la disciplina vincolistica degli incarichi di collaborazione esterna riguarda qualsiasi tipologia di contratto d’opera, occasionale o coordinata e continuativa, a prescindere, quindi, dalla prestazione dedotta in contratto e salvo i limiti espressamente previsti dalla legge.
Per questi motivi, una delle questione più dibattute resta la distinzione fra le predette tipologie negoziali, regolati dall’art. 7, commi 6 e 6 bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e il contratto di appalto disciplinato, invece, dal D.Lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici). Sul punto si segnala un recente parere della Corte dei Conti, sezione di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione 14 dicembre 2012, n. 489 (vedi in questa Rivista, alla rubrica “Cosa ne pensa la Corte dei conti” il breve commento “Incarico professionale esterno o appalto di servizi? I limiti alla discrezionalità dell’ente locale nella scelta”, di Riccardo Patumi).
2. Criteri distintivi – Nella giurisprudenza nazionale, sia della Corte dei Conti, sia del giudice amministrativo, la distinzione fra incarichi di collaborazione e appalti di servizi, ha fatto leva, per lungo tempo, sulla nozione codicistica dei due istituti.
In termini più esplicativi, il contratto d’opera professionale, disciplinato dagli artt. 2222 e seguenti del Codice Civile, è caratterizzato dalla assoluta prevalenza del lavoro intellettuale, senza vincolo di subordinazione, rispetto alla componente organizzativa in forma d’impresa di mezzi, capitale e gestione a proprio rischio, tipica del contratto d’appalto ex art. 1655 del Codice civile.
Nel contratto d’opera professionale mancherebbe il requisito dell’organizzazione del capitale, degli strumenti e del personale, con la conseguenza che ad esso non sarebbe applicabile il codice dei contratti.
Le collaborazioni costituirebbero, inoltre, un’obbligazione di mezzi, resa da un professionista, nell’ambito del quale rilevano la qualità e il lavoro personale, nonché l’assenza di un’organizzazione imprenditoriale di mezzi e di lavoro altrui subordinato.
In definitiva, per distinguere tra contratto d’opera, tipico delle collaborazioni esterne e appalto occorrerebbe guardare alle caratteristiche soggettive dell’interlocutore [i].
3. Il superamento della differenza civilistica tra contratto d’opera e appalto, in virtù della portata estensiva della nozione di appalto nella normativa comunitaria – Secondo diverso orientamento [ii], è stato efficacemente affermato che è necessario rivedere la tradizionale distinzione dell’ordinamento italiano tra prestazioni d’opera professionale e servizi, che non si rinviene in ambito comunitario.
La definizione di servizi pubblici a livello europeo è di carattere oggettivo, sicché essa non tiene conto della soggettività giuridica di chi li svolge, né della qualificazione dell’obbligazione come di mezzi o di risultato [iii].
Di conseguenza, le prestazioni di cui agli allegati IIA e IIB si configurano quali appalti di servizi, ivi comprese quelle tradizionalmente qualificate come prestazioni d’opera, come le prestazioni degli avvocati, espressamente citate al numero 21 dell’allegato IIB del codice dei contratti pubblici.
Si può pertanto sostenere che il tradizionale confine tra contratto d’opera intellettuale e contratto di appalto, riconducibile alla civilistica distinzione tra carattere intellettuale delle prestazioni, tipico del primo e natura imprenditoriale dell’esecutore, proprio del secondo, non regge a livello di legislazione comunitaria.
L’effetto di ciò è l’attrazione nell’alveo dell’istituto dell’appalto di servizi anche delle prestazioni d’opera professionale quando il contratto è concluso con liberi professionisti..
La nozione di impresa, per il diritto comunitario, è estremamente ampia e volutamente elastica: costituisce impresa ogni organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali, facente capo ad un soggetto giuridico autonomo e diretta in modo durevole e continuato a partecipare attivamente alla vita economica perseguendo uno scopo determinato, indipendentemente dalle modalità di suo finanziamento, dalle componenti organizzative e dagli elementi aziendali.
La dimensione dell’impresa è assolutamente irrilevante, così come la sua forma giuridica o il fatto che le sia o meno riconosciuta personalità giuridica o che sia di proprietà privata, pubblica o mista. Rientrano in questa nozione le aziende pubbliche, anche incaricate di un servizio pubblico, come le poste e gli enti territoriali, nella misura in cui essi svolgano un’attività economica a scopo di lucro. E’ quindi possibile che sia considerata impresa una persona fisica, sempre che assuma in proprio il rischio d’impresa e che partecipi con la sua attività economica ad almeno una delle fasi di produzione e distribuzione di beni e servizi offerti.
La Corte di Giustizia ha maturato una nozione funzionale di impresa, applicabile sia alle persone fisiche che giuridiche, per il solo fatto che svolgano una attività economica consistente nell’offerta di beni o di servizi in un determinato mercato.
In linea generale, un’attività presenta carattere economico quando può essere esercitata, almeno in via di principio, da un operatore privato a fini di lucro.
Pertanto, sono considerate imprese anche i professionisti intellettuali, gli artisti, gli sportivi, purché professionisti e le loro associazioni [iv].
4. Il caso specifico degli incarichi legali – In materia di incarichi legali è intervenuta la decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 11 maggio 2012, n. 2730 che si discosta sia dall’orientamento secondo cui i patrocini legali sarebbero da ricondurre agli incarichi di collaborazione ex art. 7, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001, sia dalla qualificazione degli stessi come appalti di servizi.
La sentenza, in particolare, si distingue in quanto abbraccia una nuovo criterio di natura “quantitativa” per individuare l’appalto di servizi. Il Consiglio di Stato opera una distinzione tra il singolo incarico di patrocinio, del quale esclude la natura di appalto, rispetto all’attività di assistenza e consulenza giuridica, caratterizzata dall’esistenza dei requisiti dell’appalto, quali una specifica organizzazione, la complessità dell’oggetto e la predeterminazione della durata.
Va evidenziato che la decisione in esame stravolge il precedente orientamento prevalente maturato soprattutto dalla magistratura contabile [v].
La sentenza n. 2730/2012 del Consiglio di Stato non brilla per coerenza e rigore, in quanto, da una parte non si fa carico di sciogliere la dicotomia appalto-incarico di collaborazione, nel senso che se la fattispecie del patrocinio legale non è riconducibile all’appalto deve giocoforza afferire all’ambito dei contratti di collaborazione, nel quale rientrano anche quelli di carattere occasionale.
Per altri versi, da una parte legittima l’affidamento diretto del singolo patrocinio, argomentando che la procedura selettiva sarebbe incompatibile con la struttura della fattispecie contrattuale, qualificata dall’aleatorietà del giudizio, dalla non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali delle prestazioni; dall’altra afferma che l’attività di selezione del difensore è soggetta ai principi di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione.
In ogni caso si ritiene preferibile aderire alla tesi secondo la quale per gli incarichi di patrocinio legale può trovare applicazione il cottimo fiduciario, disciplinato dall’art. 125 del D.Lgs. n. 163/2006 che consente, pervia apposita previsione regolamentare, l’affidamento diretto ove l’importo della prestazione sia inferiore ai 40.000 euro [vi].
Antonello Accadia*
* Segretario generale del Comune di Bassano del Grappa
i. Tra le tante, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 263.
ii. Corte dei Conti, sez. regionale di controllo per la Lombardia, parere n. 9/2008; Oliveti, Incarichi esterni di lavoro autonomo, Rimini, 2008, 139 ss.
iii. Cfr. l’art. 1, comma 2, lett. d) della direttiva CE 18/2004 e l’art. 3, numero 22 del D.Lgs. n. 163/2006; T.A.R. Veneto, sez. I, 26 marzo 2009, n. 881.
iv. Sentenza della Corte di giustizia Repubblica italiana/Commissione del 18 giugno 1998; Sentenze della Corte di giustizia Kleochner-WerkeAGHoeschAG del 13 luglio 1962 e HoefneredElser del 23 aprile 1991; Commissione/Italia del 16 giugno 1987; Sentenza SATFluggesellschaft del 19 gennaio 1994.
v. Cfr. Corte dei Conti, sez. autonomie, deliberazione n. 6, 14 marzo 2008; Corte dei Conti Veneto, deliberazione n. 35 19 giugno 2008; Corte dei Conti Lombardia, deliberazione n. 37 4 marzo 2008; contra Corte dei Conti Basilicata, parere n. 19 3 aprile 2009.
vi. A. Borella, Liberalizzazioni: come cambiano gli affidamenti della p.a. agli avvocati patrocinatori, in www.amministrativistiveneti.it.
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